Vendita con certificazione di conformità alle norme di sicurezza di una pressetta a mano – “bilanciere”: infortunio di un lavoratore.
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO
Data Udienza: 29/10/2015
Fatto
1. F.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in epigrafe, della Corte d’appello di Trento che, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Rovereto il 12.12.2013, in ordine al delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche, ha concesso i doppi benefici.
1.1. In breve il fatto onde meglio illustrare i motivi del ricorso.
L’imputato è stato rinviato a giudizio, in quanto, consigliere e socio titolare della Ditta “F. s.r.l.” , per colpa, consistita, per imprudenza, negligenza, imperizia ed in violazione dell’art. 6, comma 2, Dlgs n. 626/1994, nell’ aver venduto alla S.p.A “D. ITALIA “, certificandone la conformità alle norme di sicurezza, la pressetta a mano – “bilanciere”- F. S.r.l., n. di serie 001, montata su di un supporto metallico munito di ruote piroettanti che non ne garantivano in maniera sostanziale le caratteristiche di stabilità, cosicché, a seguito dello sbilanciamento provocato dal fatto che le ruote piroettanti si erano girate e bloccate a contatto con una giunzione del tunnel passacavi, cadeva sull’arto sinistro del dipendente della “D. Italia”, P.G., che la stava trasportando, in collaborazione con un collega, cagionandogli lesioni personali gravi (“frattura pluriframmentaria distale di tibia e malleolo peronale della gamba sinistra con ferita cutanea”), dalle quali derivava una malattia nel corpo o comunque una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 400 giorni.
Secondo il Tribunale, l’imputato aveva “concorso a mettere in commercio un attrezzo collocato su un supporto con ruote piroettanti dei tutto insicuro nelle fasi di movimentazione e privo della dichiarazione di conformità”, che atteneva soltanto (come confermato dal teste C., ispettore del lavoro, e dal teste S., tecnico del settore che aveva redatto la certificazione relativa alla macchina) alla sola pressetta e non anche al carrello, munito di ruote, sul quale la stessa era collocata.
La Corte d’appello, quanto alla ritenuta responsabilità, nel fare proprio l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado, ha ritenuto infondati i motivi posti a base del gravame di merito.
2. Con il primo motivo, denunciando violazione di legge, nella specie degli artt. 40, 41, 43, 113 cod. pen., il ricorrente eccepisce l’insussistenza della colpa specifica, come contestata, con riferimento alla violazione dell’art. 6 comma 2 D.Lgvo 626/1994. Innanzitutto si evidenzia, sul punto, la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata laddove, mentre in conclusione la Corte distrettuale ammette di dover escludere profili di colpa specifica, nella parte motiva si sofferma a censurare i motivi di doglianza addotti dalla Difesa a confutazione della sussistenza della colpa specifica dichiarata dal Tribunale.
Contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito il tecnico certificatore S.P., incaricato dal ricorrente, non doveva affatto rilasciare una certificazione relativa al carrello sul quale la pressetta era appoggiata essendo precisato nel libretto di istruzioni per l’uso il fissaggio della pressa. La pressa prima dell’utilizzo deve essere fissata al supporto, e nella fotografia sottostante si vede chiaramente riprodotta la macchina ancorata alla base di supporto, munita di ruote piroettanti, con una freccia rossa che indica nella zona centrale della base della pressetta il punto di fissaggio pressa-supporto.
Non è sostenibile che la committente F. s.r.l. avesse escluso dall’opera certificatoria, diversamente da come sostiene il S., le ruote piroettanti. Ne consegue, per il ricorrente, che nel caso in cui si dovesse ritenere che le ruote piroettanti non siano state certificate dal S., ancorché egli le avesse viste come dallo stesso riconosciuto, nessuna censura di negligenza può essere mossa alla committente confidando essa che l’incaricato svolgesse diligentemente l’incarico commessogli certificando anche le ruote.
2. 1 Con il secondo motivo, sempre nell’ambito della denunciata violazione di legge, si eccepisce l’insussistenza altresì della colpa generica nella condotta ascritta all’imputato. In sostanza si censura il principio enunciato dalla Corte d’appello ed applicata al caso in esame secondo cui “l’essere un macchinario conforme a ”determinate normative” non esclude che, comunque, il suo concreto utilizzo possa costituire un rischio per la sicurezza e la salute del lavoratore, e non esonera, quindi, dal rispetto del codice penale”.
Sotto altro profilo si denuncia travisamento dei fatti e delle prove. La Corte distrettuale ha affermato che nell’ambito dell’ambiente di lavoro era ben possibile prevedere un qualsiasi ostacolo, anche di non rilevante portata, che si frapponesse all’avanzamento del supporto, munito di ruote, su cui era posta la pressetta. Ebbene, per il ricorrente non si comprende come il tunnel passacavi, ostacolo che gli operai hanno cercato di superare a causa del blocco delle ruote e del movimento della pressetta, possa essere considerato ostacolo di non rilevante portata, atteso che in concreto è da ritenersi l’opposto.
Inoltre, sulla scorta della testimonianza dello stesso Pa., si deve concludere che le ruote del supporto non si sono affatto girate nel momento in cui toccavano il tunnel passacavi, smentendo la descrizione del fatto ascritto. Deve escludersi che lo sbilanciamento sia stato causato dal cambiamento di posizione delle ruote rispetto alla direzione di spostamento della pressetta: le ruote si sono bloccate a contatto con il tunnel passacavi. La Corte d’appello trascura questa circostanza di fatto assolutamente dirimente nella descrizione dell’evento. In effetti, come chiaramente emerso dall’istruttoria, prima del ribaltamento la pressetta si è fermata e solo per la successiva e ulteriore azione degli operanti, che, con condotta negligente ed in violazione delle istruzioni impartite dalla venditrice, l’hanno tirata e spinta per cercare di superare l’ostacolo, e si è ribaltata. Il supporto era stato dotato di ruote per piccoli spostamenti e non certamente per superare ostacoli del tipo in questione, tant’è che la venditrice aveva avvertito il rischio di ribaltamento dipeso da un uso improprio del carrello. Per la Corte territoriale il costruttore-venditore avrebbe dovuto prevedere che la pressetta fosse idonea a superare senza rovesciarsi ostacoli del tipo tunnel passacavi, costituendo tale obbligo il contenuto della norma precauzionale di condotta, la cui violazione consente di affermare la penale responsabilità per colpa del ricorrente. L’assunto viene censurato. Si ribadisce che l’ordinario utilizzo della pressetta a mano, ivi compreso il suo spostamento da un luogo ad un altro, non contemplava il superamento di ostacoli del tipo del tunnel passacavi, perché tale modalità esulava dal progetto imposto dalla committente D. Italia s.p.a.
2.2 Con il terzo motivo si eccepisce la insussistenza del nesso eziologico, riportandosi ai rilievi esposti in ordine alla insussistenza della colpa specifica e di quella generica; il ricorrente censura l’impugnata sentenza nel non qualificare come abnorme la condotta tenuta dal P.G. e dal collega di lavoro M., secondo i criteri di prevedibilità ed evitabilità dell’evento.
Diritto
3.1 motivi posti a base del ricorso sono infondati e ne determinano il rigetto.
3.1 Quanto al primo motivo, più in particolare, il ricorrente evidenzia che la stessa Corte trentina afferma che “in effetti non risultano indicate, nel capo d’imputazione, né in sentenza, le specifiche disposizioni in tema di sicurezza dei lavoratori che la macchina non avrebbe rispettato”. Nessuna norma di legge imponeva alla costruttrice F. s.r.l. di vendere la pressetta con l’attestazione di conformità a specifiche norme di legge in tema di sicurezza, in quanto, trattandosi di macchina la cui fonte di energia è quella prodotta dalla forza umana, ai sensi dell’art. 1 co. 5 lett. a) del d.P.R. 459/96, non doveva essere affatto certificata. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito S. P., tecnico incaricato dal F.P., non doveva affatto rilasciare una certificazione relativa al carrello sul quale la pressetta era appoggiata essendo precisato nel libretto di istruzioni le modalità per l’uso il fissaggio della pressa. La pressa prima dell’utilizzo deve essere fissata al supporto, e nella fotografia sottostante, afferma la Corte di merito, si vede chiaramente riprodotta la macchina ancorata alla base di supporto, munita di ruote piroettanti, con una freccia rossa che indica nella zona centrale della base della pressetta il punto di fissaggio pressa-supporto.
3.2 La questione, secondo il Collegio si risolve in fatto e, come tale, sottratta alla valutazione di questa Corte a fronte di una motivazione immune da vizi logici.
Ed, invero, effettivamente la Corte d’appello ha escluso la sussistenza di una colpa specifica, ha, però, ritenuto sussistente quella generica, anch’essa contestata, evidenziando che l’assenza di prescrizioni specifiche per la costruzione del carrello su cui era posta la pressetta non implica, di per sé l’assolvimento da ogni obbligo del costruttore se risulti che il suo uso costituisca un rischio per la sicurezza dei lavoratori.
Premesso che la ditta “D. Italia Spa” aveva commissionato alla “F. s.r.l.” non solo la pressetta ma anche la base di appoggio, rileva la Corte territoriale che, sebbene ne sia menzionata l’esistenza, non è fornita alcuna descrizione di essa, né illustrata la funzionalità: tutte le indicazioni del libretto sono infatti riferite alla macchina, in sé, alla sua corretta installazione, alle modalità di utilizzazione ed ai rischi connessi alle prescrizioni di sicurezza da adottare al riguardo. Un’ultima sezione, sempre riferita alla pressetta, è dedicata al “trasporto” di essa, e, si badi bene, non “spostamento”, laddove si indica che la pressetta sia appoggiata su un pallet (mezzo del tutto diverso dal supporto di cui trattasi n.d.r.) a norma europea e fissata allo stesso tramite cinghie o reggie.
Sul punto, continua la Corte del merito, è stato sentito S. P., tecnico certificatore, che ha dichiarato di aver ricevuto l’incarico dal F.P., dopo aver visionato la macchina, di certificare la pressetta a mano di scattare delle foto alla stessa ed al suo supporto, precisando che non gli era stato commissionato, e non era stato, quindi, effettuato, il controllo del supporto con ruote su cui la macchina era posta.
Il ricorrente censura le valutazioni in sentenza delle dichiarazioni rese dal S., adducendo che emerge chiaramente che il teste ha preso in esame la base di supporto, che ha persino riprodotto in fotografia, prescrivendo anche nel citato libretto le modalità di trasporto della piccola pressa, avvertendo l’utente anche del rischio di ribaltamento. Si sostiene che la Corte d’appello valorizza la dichiarazione testimoniale del S. con cui il medesimo esclude di aver ricevuto l’incarico di esaminare anche il carrello su cui la macchina era posta, non considerando che tale deposizione è smentita dalle contrarie risultanze probatorie acquisite. Si allega, pertanto, a sospetto la attendibilità del teste, il quale, sentito a s.i.t. durante le indagini preliminari, si sarebbe, evidentemente, tutelato con una dichiarazione testimoniale a suo favore.
L’assunto non può essere oggetto di esame da parte del Collegio involgendo esso una diversa valutazione dei risultati probatori e, comunque, non è condivisibile avendo la Corte ben messo in evidenza che il S. aveva sì esaminato il supporto, ma aveva, anche, rappresentato al F.P. che esso, a suo parere, “non era idoneo” e peraltro, come già evidenziato, risulta dalla certificazione allegata che l’unico mezzo di trasporto della pressetta di cui si parla nella certificazione è quello a mezzo pallet, con la conseguenza che il costruttore avrebbe dovuto specificamente rappresentare i rischi derivanti da un uso improprio del supporto come mezzo di trasporto dell’utensile.
3.3. Né è fondato l’ulteriore rilievo difensivo secondo cui, in ogni caso, il ricorrente aveva confidato nella diligenza del S., amministratore della Norma & Partners s.r.l, autorizzata ai sensi dell’art. 11 del D.lvo 17 /2010 a svolgere l’attività di certificazione di corrispondenza delle macchine utensili ai parametri CE, e che nessun profilo di negligenza può essere individuata nella condotta del F.P. nella scelta del S. per la certificazione della macchina.
Il principio dell’affidamento, quale possibilità di esonero da responsabilità colposa, non può essere invocato nel caso di specie, tenuto conto che, come rileva la Corte trentina, il contenuto del libretto di istruzioni e delle dichiarazioni del tecnico escusso, conducono ad escludere che la valutazione dei rischi e la idoneità del supporto siano stati oggetto di positiva considerazione da parte di esso S., ancorché questi abbia esaminato la macchina quando era posta sul carrello munito di ruote.
Dunque, si ribadisce, era onere del ricorrente, una volta che aveva venduto la pressetta munita di supporto, avvisare il cliente che, oltre a fissarla al supporto, quest’ultimo non era idoneo per un trasporto della macchina in quanto munito di ruote piroettanti adatte solo a piccoli spostamenti.
3.4 Il secondo motivo pone il problema della prevedibilità dell’evento.
Ed infatti, nel contestare anche la sussistenza della colpa generica, il ricorrente afferma che la Corte d’appello ha enucleato il principio (secondo cui il costruttore risponde colposamente anche dell’uso dell’utensile che ne faccia l’acquirente qualora esso costituisca un rischio per la sicurezza dei lavoratori) da massime giurisprudenziali di legittimità le cui pronunce però afferiscono a casi del tutto diversi e pongono in evidenza la responsabilità, non tanto del costruttore, quanto quella del datore di lavoro nel caso in cui la macchina, adeguatamente certificata sotto il profilo della sicurezza, venga utilizzata in maniera impropria. Concretizzano per il F.P. un chiaro ” error iuris” gli assunti contenuti nella sentenza impugnata: a) l’assenza di prescrizione specifiche per la costruzione del carrello su cui era posta la pressetta non implica, di per sé, l’assolvimento da ogni obbligo del costruttore se risulti che il suo uso costituisca un rischio per la sicurezza dei lavoratori”; b) l’eventuale certificazione, nella specie insussistente, della rispondenza del macchinario alle norme delle direttive CE non escluderebbe la responsabilità penale del costruttore ove dall’uso in concreto del macchinario discendano pericoli per la salute del lavoratore”. Per il ricorrente non si comprende, invero, come possa ascriversi al costruttore di un bene, pur conforme alla specifiche normative di sicurezza, profili di negligenza rilevante penalmente, se il suo utente ne ha consentito un uso improprio e non conforme alle norme specifiche e generali di sicurezza.
Si argomenta da parte della Difesa che, nel caso di specie, il P.G., ed il suo collega M., rispettivamente traendo verso di sé e spingendo la pressetta, incontrando l’ostacolo rappresentato dal tunnel passacavi, in cui la stessa si impuntava, bloccandosi e fermandosi, non si astenevano dal procedere, ma insistevano nell’azione di movimentazione nonostante l’ostacolo, e di conseguenza secondo le leggi della fisica ne determinavano il ribaltamento, nonostante l’avvertimento diligente della ditta costruttrice.
Tale argomentare non convince a far ritenere sul punto la motivazione della sentenza impugnata affetta da vizi logici. Infatti la Corte di Trento ha ben evidenziato che l’incidente (V. parte narrativa) non può ritenersi causato da un uso improprio della macchina che il fornitore non poteva prevedere, poiché la consegna di un supporto mobile, munito di ruote del tipo piroettante, non poteva avere altro senso se non quello di rendere mobile il complesso pressetta-supporto, a meno che, se tale non era la funzione del supporto con ruote, non avesse avvisato il fruitore dei rischi collegati ad un uso improprio del supporto.
Coerentemente al suo argomentare sulla valutazione dei rischi e sulla prevedibilità di eventi dannosi derivanti dall’uso improprio del supporto come carrello trasportatore della pressetta, la Corte ha sottolineato che, con l’ordine del 25 marzo 2008, la D. Spa aveva richiesto alla F. srl una ‘‘’pressa da banco” ed una “base carrellabile…carrello con ruote”, destinata quest’ultima, con tutta evidenza, a rendere movimentabile la macchina all’interno del luogo di lavoro, senza che la costruttrice potesse pensare che l’utilizzo fosse limitato a “microspostamenti una volta raggiunta la sede finale di lavoro”.
3.5 Da ultimo, con riguardo alla censura posta a base del terzo motivo, non è consentito ritenere come causa sopravvenuta, ai fine di interrompere il nesso eziologico tra il comportamento del ricorrente ed il verificarsi dell’evento lesivo, la condotta, considerata abnorme rispetto all’attività lavorativa da eseguire, posta in essere dalla parte offesa e dal suo compagno di lavoro nell’avere non solo usato il supporto come base di trasporto, ma di essere stati del tutto non diligenti ed imprudenti, nell’aver voluto a tutti i costi far superare allo stesso l’ostacolo determinato dal tunnel passacavi.
Con tranquillante uniformità questa Corte ha affermato che l’obbligo di prevenzione si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia dell’infortunato, essendo esclusa, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo (nel caso di specie il costruttore dell’utensile), solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell’eccezionaiità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute e alla comune prudenza. Ed è significativo che in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale venga attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento (confr. Cass. pen. n. 31303 del 2004 cit.).
Sul punto la motivazione della sentenza impugnata è più che congrua nel rilevare che l’aver ordinato un carrello munito di ruote indicava chiaramente, e senza possibilità di equivoco alcuno, la destinazione del supporto oltre che a base della pressetta anche alla sua movimentazione; e, dunque, il supporto così realizzato dal costruttore non poteva che avere anche quella funzione, richiesta dal committente, ed in relazione ad essa è stata utilizzata nell’ambito della esecuzione della loro attività lavorativa dalla persona offesa e dal suo compagno di lavoro.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento selle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.