Cassazione Penale, Sez. 4, 05 settembre 2013, n. 36398

Morte di un lavoratore in cantiere: mancata nomina del direttore dei lavori e responsabilità di un committente.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PIETRO ANTONIO SIRENA – Presidente –
Dott. LUISA BIANCHI – Consigliere –
Dott. UMBERTO MASSAFRA – Consigliere –
Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO – Consigliere –
Dott. SALVATORE DOVERE – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) …
2) …

avverso la sentenza n. 8081/2009 pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli del 2/11/2011;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Giovanni D’Angelo, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

Fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Napoli ha riformato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, dichiarando estinti per prescrizione i reati contravvenzionali ascritti a M. G. e D. I., nonché al coimputato M. S., ed ha, per effetto, rideterminato la pena inflitta al M. e alla D. dal primo giudice in mesi sette di reclusione, relativa al reato di omicidio colposo in danno di C. A., commesso con violazione di norme prevenzionistiche.

Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito, il M. e la D. furono committenti dei lavori edili da eseguirsi presso l’immobile in loro proprietà ed appaltati alla ditta E.M. s.a.s., della quale era titolare M. S.. A causa della mancata protezione dei lati prospicienti il vuoto delle rampe di scala e dei pianerottoli dell’immobile nel quale si svolgevano i lavori C. A., dipendente della E.M., precipitava al suolo e riportava un gravissimo trauma cranio encefalico che ne determinava la morte. Ai committenti la Corte di Appello ha ascritto di non aver provveduto alla “verifica della corretta applicazione dei piani di sicurezza, consentendo che venisse utilizzato un ponteggio non a norma perché privo di tavola fermapiede e di idoneo parapetto e con correnti intermedi non stabilmente fissati”; di non aver accertato “la mancanza di un piano di sicurezza adottato da un coordinatore nominato dai due proprietari e committenti dell’opera”; di aver “affidato i lavori in economia senza avere preventivamente verificato la idoneità della ditta nell’adempimento delle più elementari norme di prevenzione e senza nominare un direttore dei lavori e, dunque, assumendosi interamente il maggior rischio di una così fatta organizzazione”.

2. Ricorre per cassazione nell’interesse del M. e della D. il difensore di fiducia avv. V. G., che con unico motivo deduce violazione di legge.

Rileva l’esponente un’indebita equiparazione tra il datore di lavoro ed il committente-appaltante e l’insussistenza delle violazioni ascritte ai ricorrenti, i quali affidarono lavori di modesta entità e complessità a ditta operante sin dal 1995; inoltre l’omessa nomina di un responsabile del servizio e della prevenzione (sic!) non ha avuto alcuna incidenza causale.

Diritto

3. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.

Il quadro fattuale, quale si è in narrativa sintetizzato, è pressoché pacifico. Secondo l’accertamento operato nei gradi di merito, gli odierni ricorrenti assunsero la qualità di committenti dei lavori affidati alla ditta del M., alle cui dipendenze era il C.; nel corso dell’esecuzione degli stessi l’infortunio si verificò perché il lavoratore, mentre stava trasportando una tavola di legno percorrendo la rampa di scale sita nella porzione del fabbricato in costruzione rimaneva incastrato al secondo livello, perdeva l’equilibrio e precipitava al suolo da notevole altezza, in quanto mancanti impalcature di copertura del vano scala, “armature di sostegno negli scavi effettuati”, parapetti per le passerelle ed andatoie ed altresì assenti sui pianerottoli i dovuti parapetti e le tavole fermapiede rigidamente fissate.

A fronte di ciò la responsabilità degli odierni ricorrenti è stata ravvisata sulla scorta dell’affermazione della riferibilità ai medesimi, nella ricordata qualità, dei seguenti obblighi:

– verificare la corretta applicazione dei piani di sicurezza;

– non consentire l’utilizzo di un ponteggio non a norma perché privo di tavole fermapiede e di idoneo parapetto e con correnti intermedi non stabilmente fissati;

– nominare un coordinatore che adotti un piano di sicurezza;

– affidare i lavori dopo aver previamente verificato l’idoneità della ditta “nell’adempimento delle più elementari norme di prevenzione”;

– nominare un direttore dei lavori ove intenzionati a non assumersi “interamente il maggior rischio di una così fatta organizzazione”. Una simile ricostruzione degli obblighi giuridici che la normativa prevenzionistica pone in capo al committente è per larga parte errata, in quanto priva di corrispondenze nella disciplina giuridica che governa la posizione del committente dei lavori.

4. La figura del committente dei lavori ha trovato esplicito riconoscimento solo con il d.lgs. n. 494/96. Prima di esso né i fondamentali d.p.r. 547/55, 164/56, 302/56 e 303/56, né il d.lgs. 626/1994 menzionavano siffatto ruolo. Non è senza significato che il d.lgs. 626/94, vera e propria GrundNorme del diritto prevenzionistico, nel definire le diverse posizioni soggettive (datore di lavoro, ecc.) non menzionasse il committente. La norma che delinea un rapporto di affidamento di lavori, l’art. 7, individua nel solo ‘datore di lavoro’ che affida i “lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima” il referente soggettivo degli obblighi che la medesima disposizione introduce, essenzialmente al fine di far fronte al rischio cd. interferenziale, ovvero quel rischio che si determina per il solo fatto della coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi.

Pertanto, i doveri così individuati potevano essere riferiti unicamente al datore di lavoro-committente; non anche al quivis de populo che avesse affidato lavori edili a taluno.

Infatti per lungo tempo la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il committente potesse rispondere delle inadempienze prevenzionistiche verificatesi nell’approntamento del cantiere e nell’esecuzione dei lavori. Tali violazioni venivano poste a carico del datore di lavoro appaltatore.

Una responsabilità concorrente del committente veniva ravvisata in sostanza quando questi travalicava siffatto ruolo, assumendo di fatto posizione direttiva: perché si ingeriva nell’esecuzione dei lavori (Sez. 4, n. 1543 del 31/10/1967, Ronco, Rv. 106806); perché di fatto datore di lavoro (così in tema di lavoro a cottimo: Sez. 5, n. 670 del 15/04/1969, Lenci, Rv. 111901); quando i lavori fossero stati eseguiti dall’appaltatore senza autonomia tecnica, con l’apprestamento da parte del ‘committente’ delle apparecchiature di lavoro (Sez. 5, n. 1337 del 09/07/1969, Pampo, Rv. 112527); quando il subappaltatore, per l’attuazione delle misure di prevenzione degli infortuni, fosse stato tenuto ad avvalersi di quelle del cantiere principale e non abbia avuto libertà di determinazione, fermo restando che il subappaltatore è tenuto a vigilare acchè le misure apprestate siano rigorosamente adottate nell’ambito dell’attività di cui è responsabile e non già nel perimetro di tutto il cantiere (Sez. 4, n. 3571 del 25/01/1973, Peduzzi, Rv. 124018).

Nella prospettiva speculare altre pronunce asserivano che l’osservanza delle norme antinfortunistiche incombe all’imprenditore, in caso di appalto, titolare dell’organizzazione del cantiere e datore di lavoro di quanti operano in esso. Il committente, invece, salvo contrario accordo contenuto nel contratto di appalto, non ha il diritto e tanto meno il dovere di intervenire o comunque ingerirsi in tale organizzazione dell’impresa con le logiche conseguenze sul piano sanzionatorio (Sez. 6, n. 2488 del 07/07/1975, Lambertini, Rv. 132495; e poi, tra le altre, Sez. 4, Sentenza n. 2731 del 12/01/1990, Bovienzo, Rv. 183507).

In sostanza, il principio definito dalla giurisprudenza di legittimità era nel senso che il committente di lavori edili non rivestisse una autonoma posizione di garanzia a tutela della salute e della vita dei lavoratori dipendenti dal soggetto appaltatore; il principio comportava di per sé la possibilità di ascrizione del fatto quando il committente avesse in concreto assunto una diversa posizione, e ciò in ragione del principio di effettività che da sempre si è riconosciuto valevole in subiecta materia. Esemplare, al riguardo, appare la seguente formulazione: “nel contratto di appalto, il committente non è esonerato dall’obbligo di osservare le norme antinfortunistiche qualora si riservi contrattualmente e lo eserciti in concreto, il potere di ingerirsi nell’esecuzione dei lavori oggetto del contratto o qualora, pur in mancanza di apposita previsione contrattuale, si intrometta di fatto nell’esecuzione dell’opera. Infatti, destinatari delle norme antinfortunistiche, poste a tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore, sono tutti coloro che nella impresa hanno il potere di incidere sul risultato, il potere – cioè – di esigere che il lavoratore si comporti in un determinato modo per conseguire quel risultato” (Sez. 4, n. 1659 del 11/10/1989, Mulas, Rv. 183235).

Nel progressivo affinamento della riflessione in materia si è pervenuti ad individuare, accanto all’ingerenza e all’assunzione di una posizione direttiva, una ulteriore fonte di doveri, ovvero il potere di governo della fonte di pericolo: “in materia di omicidio colposo per infortunio sul lavoro, il committente è corresponsabile con l’appaltatore o col direttore dei lavori, qualora l’evento si colleghi causalmente anche alla sua colposa azione od omissione. Ciò, avviene sia quando egli abbia dato precise direttive o progetti da realizzare e le une e gli altri siano già essi stessi fonte di pericolo ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l’inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose. Il margine più o meno ampio di discrezionalità eventualmente conferito ai soggetti innanzi indicati (appaltatore e direttore dei lavori) non esclude di per sé la sua colpa concorrente sotto il profilo eziologico” (Sez. 3, n. 8134 del 24/04/1992, p.c. in proc. Togni, Rv. 191387). Ancor più puntualmente si è affermato che quando il soggetto commissionario venga ad operare, per necessità dell’espletamento dell’opera dei lavori commissionati, nell’ambito di un cantiere non proprio, ma organizzato e gestito dall’appagante; e, ancor più, quando, per contratto o per consuetudine o per tolleranza, utilizzi strutture di supporto, opere provvisionali, strumentazioni appartenenti al committente, quest’ultimo non può trarsi fuori di responsabilità se l’infortunio trovi sinergico riferimento nella deficienza di quegli elementi la cui manutenzione spetti a lui stesso, sia perché secondo l’art. 7 d.p.r. n. 164 del 1956 le opere provvisionali devono essere mantenute “in efficienza” per tutto il tempo in cui il cantiere sia attivo, sia perché secondo l’art. 2087 cod. civ. il datore di lavoro è garante della salvaguardia dell’incolumità fisica e psichica di coloro che prestano, nel suo interesse, la loro attività lavorativa (Sez. 4, n. 2800 del 15/12/1998 -dep. 02/03/1999, Breccia A ed altro, Rv. 213226).

4.2. I referenti normativi evocati dalla decisione appena richiamata danno adito ad alcuni dubbi. Tuttavia è certo che con il d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, di attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili, il quadro giuridico è mutato, avendo trovato la figura del committente espressa definizione [art., 2, co. 1, lett. b)], ed esplicitazione gli obblighi gravanti sul medesimo (art. 3). Questi (o il responsabile dei lavori), nella fase di progettazione esecutiva dell’opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 626/1994; determina altresì, al fine di permettere la pianificazione dell’esecuzione in condizioni di sicurezza, dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, la durata di tali lavori o fasi di lavoro. Nella fase di progettazione esecutiva dell’opera, valuta attentamente, ogni qualvolta ciò risulti necessario, i documenti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), ovvero il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 12 e il piano generale di sicurezza di cui all’articolo13 (la cui redazione grava sul coordinatore per la progettazione), nonché il fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e dell’allegato II al documento U.E. 260/5/93. Inoltre, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione esecutiva, designa il coordinatore per la progettazione, ma solo se il cantiere presenta una delle seguenti caratteristiche: a) è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea se l’entità presunta del cantiere è pari ad almeno 100 uomini/giorni; b) rientra tra i cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a); c) rientra tra i cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b); d) rientra tra i cantieri di cui all’articolo 11, comma 1, lettera e), se l’entità presunta del cantiere sia superiore a 300 uomini-giorni; e) rientra tra i cantieri di cui all’articolo 13.

Va poi ricordato che ai sensi del comma 2 dell’art. 3 cit., le disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, si applicano al settore dei cantieri mobili o temporanei, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel d.lgs. n. 494/1996.

A seguito del sintetizzato mutamento normativo nella giurisprudenza di legittimità la responsabilità del committente è stata derivata dalla violazione di alcuni obblighi specifici, quali l’informazione sui rischi dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, ritenendosi che resti ferma la responsabilità dell’appaltatore per l’inosservanza degli obblighi prevenzionali su di lui gravanti (Sez. 3, n. 6884 del 18/11/2008 – dep. 18/02/2009, Rappa, Rv. 242735). Ribadito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, tanto in capo al datore di lavoro (di regola l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche) che del committente, si è anche richiamata la necessità che tale principio non conosca un’applicazione automatica, “non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori”. Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, “occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo” (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012 – dep. 30/01/2012, Marangio e altri, Rv. 252672).

Tra gli obblighi incombenti sul committente vi è anche l’obbligo di cooperazione, discendente dall’art. 7 d.lgs. n. 626/1994 (ed oggi dall’art. 26 d.lgs. n. 81/2008), che si concreta anche nella comunicazione al coordinatore per la progettazione e al coordinatore per l’esecuzione, seconde le evenienze, dei nominativi delle imprese alle quali si appaltano i lavori, onde permettere a questi di adempiere ai compiti loro assegnati dalla legge (artt. 4 e 5 d.lgs. n. 494/1996; 91 e 92 d.lgs. n. 81/2008). Peraltro, l’art. 6 co. 2 d.lgs. 494/1996 costituisce chiaramente il committente quale garante dell’effettività dell’opera di coordinamento posta in capo ai coordinatori per la progettazione e per la esecuzione.

4.3. Alla luce di quanto sin qui esposto appare chiaro che la sentenza impugnata incorre in violazione di legge laddove postula e ritiene rilevanti sul piano causale una serie di doveri che la legislazione non riconduce in capo al committente; mentre incorre in vizio di motivazione laddove non esplica la ricorrenza dei presupposti che la legge prevede per l’instaurarsi di altri doveri.

Infatti, non sussiste alcun obbligo di nominare il coordinatore dei lavori se non si danno le condizioni previste dall’art. 3, sopra ricordate.

Neppure esiste un obbligo di nominare il direttore dei lavori per l’ipotesi che il committente voglia sottrarsi agli obblighi che gli pone in capo la legge. In realtà è previsto e possibile (e non è un obbligo) che il committente nomini un ‘responsabile dei lavori’; soggetto che ove munito di reali poteri e autonomia gestionale è effettivamente in grado di schermare da eventuali responsabilità il committente (che si sia strettamente attenuto a tale ruolo). Il direttore dei lavori, per contro, è figura sconosciuta alla disciplina prevenzionistica; essa trova collocazione nella materia delle costruzioni, quale soggetto preposto nell’interesse del committente al controllo della corretta esecuzione dei lavori da parte della impresa esecutrice. Per una sua rilevanza sul piano prevenzionistico occorrerà esaminare in concreto se esso ha assunto poteri che lo qualificano come dirigente o mansioni che lo riconducono alla figura del preposto (Sez. 4, n. 12993 del 25/06/1999 – dep. 12/11/1999, Galeotti D, Rv. 215165).

Se non ricorrono le condizioni per la nomina del coordinatore, neppure può imputarsi al committente di non aver, tramite questi, adottato un piano di sicurezza, che altro non può essere che il già menzionato piano di coordinamento.

Parimenti errata è l’affermazione della sentenza di primo grado (convalidata dalla Corte di Appello) di una colpa derivante dalla mancata nomina del coordinatore per la progettazione, posto che non si dà conto dell’affidamento dei lavori a più imprese.

Sotto altro profilo, posto l’obbligo di prevedere la durata dei lavori e le fasi del lavoro, non si è esplicato quale rilevanza causale abbia avuto tale inadempimento rispetto all’evento verificatosi; quanto all’omesso rispetto dei principi e delle misure generali di tutela di cui all’art. 3 d.lgs. 626/94 nella fase di progettazione dell’opera, la norma persegue l’obiettivo di far adottare scelte progettuali più sicure, e non può confondersi con l’adozione di misure ‘speciali’, quali la dotazione dei ponteggi di tavole fermapiede e di parapetti.

Nessun cenno, poi, a circostanze di fatto dalle quali derivare un’ingerenza dei committenti nell’organizzazione del cantiere e nell’esecuzione dei lavori.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per un nuovo approfondimento della posizione degli imputati, da operarsi alla luce dei principi sopra richiamati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per l’ulteriore corso.

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