Sussiste il nesso causale tra la omessa somministrazione al lavoratore di un’adeguata formazione, in una lingua che egli avrebbe potuto comprendere, non in italiano (essendo egli di nazionalità indiana), circa le modalità con cui procedere all’operazione che stava eseguendo e l’infortunio. Se egli avesse avuto una formazione adeguata, non avrebbe agito con quelle modalità e, in particolare, non avrebbe appoggiato la mano in prossimità del foro nel quale doveva entrare il pistone, mentre il suo compagno di lavoro A. avrebbe evitato di azionare la macchina in quel momento.
I giudici della Corte territoriale hanno poi indicato con congrua e adeguata motivazione le ragioni per cui le condotte dei due lavoratori, per quanto imprudenti, non potevano essere ritenute eccezionali e assolutamente imprevedibili, con la conseguenza che non poteva parlarsi di comportamenti abnormi.
Presidente Brusco
Relatore Marinelli
Fatto
Con sentenza del 2 dicembre 2011 il Tribunale di Brescia-sezione distaccata di Salò- dichiarava S.T. responsabile in ordine al reato di cui all’articolo 590 co.1 c.p. e, concesse le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, lo condannava alla pena di mesi due di reclusione.
All’imputato, nella sua qualità di consigliere delegato della società FPT Pressofunzione T. srl, espressamente delegato per gli aspetti di igiene e sicurezza sul lavoro, era stato contestato di avere cagionato per colpa generica e specifica lesioni personali gravi al lavoratore S.B.. In particolare il predetto lavoratore, adibito ad una operazione di manutenzione su di una macchina per pressofunzione finalizzata a sostituire una boccola che faceva da imbocco al pistone per l’iniezione dell’alluminio fuso all’interno dello stampo della macchina, mentre posizionava la propria mano all’altezza del buco in cui si doveva inserire il pistone per l’iniezione del metallo, a causa della manovra effettuata dal compagno di lavoro A., che aveva azionato il comando del pistone, si procurava le lesioni di cui al capo di imputazione. Il pistone entrava infatti a forza nel buco predisposto attraverso la boccola in fase di smontaggio, tranciando di netto parte del dito pollice del lavoratore S.B..
Avverso la sentenza emessa nel giudizio di primo grado il difensore dell’imputato proponeva appello.
La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 27 marzo 2013 confermava la sentenza impugnata e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali del grado.
Avverso la sopra indicata sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento e censurandola per i seguenti motivi:
1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art.606 comma 1 lett.e) c.p.p. relativamente alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato. Secondo la difesa i comportamenti contestati al T., e cioè di non aver provveduto ad effettuare corsi di aggiornamento specifici sul funzionamento e sulle procedure di sicurezza della macchina di cui al capo di imputazione e di avere effettuato corsi di formazione, ma soltanto in lingua italiana, lingua che l’imputato, essendo indiano, non comprendeva bene, non sarebbero in nesso causale con l’infortunio. Sosteneva infatti la difesa che il lavoratore era stato assunto nel 2003 e lavorava abitualmente presso la macchina in questione.
2) mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art.606 comma 1 lett.e) c.p.p. relativamente alla insussistenza di condotte imprudenti in capo ai lavoratori. Sosteneva sul punto la difesa che l’infortunio si sarebbe verificato soltanto per l’intervento del lavoratore A. e per il comportamento negligente del B., che posizionò la propria mano dentro la macchina. Non vi sarebbe quindi nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’infortuno occorso, che sarebbe stato determinato dalle condotte imprudenti dei due lavoratori, che sono state poste in essere al di fuori di qualsiasi forma di controllo possibile da parte del datore di lavoro.
Diritto
I proposti motivi di ricorso non sono fondati.
Per quanto attiene all’asserito difetto di motivazione, si osserva (cfr. Cass., Sez.4, Sent. n.4842 del 2.12.2003, Rv. 229369) che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l’ art .606, comma 1, lett. e) c. p. p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali.
Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Brescia hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilità del T. in ordine al reato ascrittogli. In particolare hanno evidenziato la sussistenza del nesso causale tra la omessa somministrazione al lavoratore di un’adeguata formazione, in una lingua che egli avrebbe potuto comprendere, ( essendo egli di nazionalità indiana) e non già in lingua italiana, circa le modalità con cui procedere all’operazione che stava eseguendo e l’infortunio. Se egli avesse avuto una formazione adeguata, non avrebbe agito con quelle modalità e, in particolare, non avrebbe appoggiato la mano in prossimità del foro nel quale doveva entrare il pistone, mentre il suo compagno di lavoro A. avrebbe evitato di azionare la macchina in quel momento.
I giudici della Corte territoriale hanno poi indicato con congrua e adeguata motivazione le ragioni per cui le condotte dei due lavoratori, per quanto imprudenti, non potevano essere ritenute eccezionali e assolutamente imprevedibili, con la conseguenza che non poteva parlarsi di comportamenti abnormi. Le condotte in questione infatti rientravano perfettamente nelle mansioni a cui il S., così come pure l’A., erano addetti, rientrando nelle loro mansioni anche l’avviamento del movimento del pistone. La circostanza che la manovra sia stata posta in essere intempestivamente non rendeva certo la condotta eccezionale e assolutamente imprevedibile. I giudici della Corte di appello ritenevano quindi infondato l’assunto della difesa, non potendosi considerare le condotte dei due operai radicalmente e ontologicamente lontane dalle ipotizzabili scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.