Infortunio durante l’uso della macchina impastatrice. Nessun comportamento abnorme della vittima.
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MONTAGNI ANDREA
Data Udienza: 22/10/2015
Fatto
1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 13.11.2014, ha confermato la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Como in data 25.02.2014, nei confronti di B.F., in riferimento al reato di cui all’art. 590, cod. pen.
Al B.F., per quanto rileva in questa sede, si contesta, nella sua qualità di titolare della omonima impresa individuale e di appaltatore di lavori di recupero sottotetto con formazione di due unità abitative e di datore di lavoro di H.M., di avere cagionato lesioni personali al richiamato lavoratore. Ciò in quanto il prevenuto aveva consentito che H.M. usasse la macchina impastatrice di proprietà di S.A., benché la stessa non fosse stata oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire la permanenza dei requisiti di sicurezza, quali il microinterruttore e la griglia superiore della tramoggia. In particolare, al B.F. si addebita di non aver informato ed istruito il lavoratore che era incaricato della pulizia della impastatrice; e di non aver coordinato gli interventi di manutenzione e controllo periodico dell’impastatrice, da parte dell’impresa subappaltatrice.
La Corte territoriale, nel censire le specifiche ragioni di doglianza dedotte dall’appellante, rilevava che era stata riproposta la tesi in base alla quale l’infortunio era dipeso dal comportamento abnorme della parte offesa. Richiamate le pronunce ritenute idonee a delineare il panorama giurisprudenziale al riguardo, il Collegio sottolineava che il lavoratore non aveva esorbitato rispetto alle mansioni affidategli e che pertanto l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato B.F. doveva essere confermata.
2. Avvero la richiamata sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione B.F., a mezzo del difensore.
L’esponente con il primo motivo deduce la violazione di legge.
La parte ritiene che le circostanze di fatto, relative allo stato in cui si trovava la macchina impastatrice il giorno in cui ebbe a verificarsi l’infortunio (essendo, da terzi, stata rimossa la griglia protettiva), unitamente all’evenienza che la macchina era stata portata in cantiere il giorno stesso, valgono ad interrompere il nesso di causalità rispetto alla posizione dell’imputato. A sostegno dell’assunto, la parte richiama i principi affermati in riferimento alla condotta colposa del lavoratore, idonea ad escludere la responsabilità dell’imprenditore. E ritiene che il comportamento assunto dal H.M., che procedette alla pulizia del macchinario privo del congegno di sicurezza e della griglia di protezione, escluda la riconducibilità dell’evento al B.F..
Con il secondo motivo l’esponente denunzia il vizio motivazionale, osservando che erroneamente la Corte di Appello ha escluso il carattere abnorme della condotta realizzata dal dipendente infortunato. La parte rileva che nelle mansioni di pulizia del cantiere affidate al H.M. non possono ricomprendersi le operazioni di pulizia della macchina impastatrice; ed evidenzia che dette operazioni sono riconducibili alla sola iniziativa del predetto dipendente insubordinato. Ritiene che non può assegnarsi al datore di lavoro l’obbligo di vigilare sull’osservanza di divieti largamente imposti. Il deducente considera che il dipendente ha voluto esporsi a rischi per soddisfare esigenze personali, non ricollegabili all’attività lavorativa.
Diritto
1. Il ricorso non ha pregio.
2. Procedendo all’esame delle censure affidate al primo ricorso che occupa, si osserva in primo luogo che le valutazioni espresse dalla Corte di Appello, rispetto al contenuto delle mansioni affidate dal B.F. al H.M., risultano immuni da aporie di ordine logico ed appaiono saldamente ancorate all’acquisito compendio probatorio, di talché non risultano censurabili in questa sede di legittimità. La Corte territoriale ha infatti analizzato le diverse mansioni che erano state affidate al H.M., relative alla macchina impastatrice; ed ha considerato del tutto incoerenti le dichiarazioni difensive rese dall’imputato, laddove pretendeva di circoscrivere le prestazioni affidate al dipendente, rispetto al predetto macchinario. La Corte di merito ha pure evidenziato che l’imputato non aveva fornito al dipendente infortunato nessuna formazione, rispetto all’utilizzo dell’apparecchio. E deve sottolinearsi che le censure dedotte dall’esponente, risolvendosi in realtà nella prospettazione di una ricostruzione alternativa delle modalità di verificazione del sinistro, si pongono ai limiti della inammissibilità.
Tanto premesso, si osserva in particolare che la Corte distrettuale ha chiarito che la scelta, effettuata dal lavoratore, di dare corso alla pulizia dell’impastatrice, non risultava né imprevedibile né eccentrica, rispetto alle riferite mansioni, affidate al dipendente.
Deve allora rilevarsi che la Suprema Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Segnatamente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686). E preme altresì evidenziare che la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore – come certamente è avvenuto nel caso di specie – che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
Come si vede, la valutazione espressa dalla Corte territoriale, laddove si è osservato che la condotta del lavoratore non valeva ad escludere il nesso causale tra le accertate violazioni in materia di sicurezza riferibili all’imputato e l’evento, si colloca del tutto coerentemente nell’alveo del richiamato orientamento interpretativo.
3. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 22 ottobre 2015.