Cassazione Penale, Sez. 4, 09 ottobre 2015, n. 40729

Crollo di uno stabile e responsabilità del progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza.


 

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 09/09/2015

Fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Voghera con la quale A.L.A. é stato giudicato,all’esito di rito abbreviato, responsabile dei reati rispettivamente previsti A) dagli artt. 113, 449 e 434 cod. pen., C) dagli artt. 483 e 61 n. 2 cod. pen. e quindi condannato alla pena ritenuta equa.
La vicenda dalla quale trae origine il duplice pronunciamento giudiziario attiene al crollo di uno stabile sito nel perimetro della città di Voghera; stabile sul quale si stavano eseguendo lavori di ristrutturazione per conto della società immobiliare “Collegio San Giorgio Srl” e che vedevano l’A.L.A. cumulare i ruoli di progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza nella progettazione e per l’esecuzione. Nel corso dei lavori di demolizione dei muri interni dell’edificio, il 21 settembre 2007, si era verificato il crollo del medesimo per il collasso della trave sovrastante le pareti divisorie demolite, dal quale era conseguito il crollo del terzo solaio, con effetto domino propagatosi sino al piano terra. Secondo i giudici di merito il collasso era stato dovuto alla demolizione al secondo piano di una parete divisoria in muratura di mattoni pieni in assenza di un sufficiente numero di puntelli posti a presidio degli orizzontamenti e alla mancata rimozione dagli orizzontamenti delle macerie risultanti dalle demolizioni. In particolare all’A.L.A. è stato ascritto di non avere previamente verificato la situazione strutturale esistente, la quale avrebbe consentito di valutare il tipo di intervento di ristrutturazione da porre in essere e in particolare l’estensione e le modalità con le quali eseguire le opere di demolizione; la mancata verifica si era protratta anche dopo lo scrostamento dell’intonaco delle pareti, ancorché esso avesse rivelato la precarietà delle strutture; e soltanto successivamente al crollo l’A.L.A. era intervenuto sul piano di sicurezza e di coordinamento, ma per modificarne la data onde dare al medesimo l’apparenza di una sua redazione precedente all’evento. È in ciò consisteva il falso materiale in scrittura privata contestato al capo C).
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato con atto sottoscritto personalmente.
2.1. Con un primo motivo deduce vizio motivazionale, per non aver la Corte di appello esaminato tutti gli elementi a disposizione, non aver fornito una risposta esaustiva alle obiezioni mosse dall’appellante, non aver compiuto una corretta interpretazione degli elementi probatori; per aver reso una motivazione contraddittoria e manifestamente illogici parte in cui viene riconosciuta prevalenza al materiale probatorio offerto dall’accusa pubblica rispetto a quello introdotto dalla difesa. In particolare i giudici di secondo grado non hanno tenuto conto delle osservazioni evidenziate dal consulente tecnico di parte ingegner G.B..
2.2. Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’applicazione degli articoli 113, 449 e 434 cod. pen., per aver la Corte di appello ritenuto integrata l’ipotesi del crollo colposo piuttosto che quello di rovina di edificio di cui all’art. 676 cod. pen. Ad avviso dell’esponente il delitto non può configurarsi nel caso di crollo parziale di un elemento della struttura di un immobile e la pericolosità si sarebbe dovuta valutare valorizzando le lievi lesioni cagionate ad una sola persona. Nel caso che occupa l’evento é stato privo di quella capacità diffusiva di mettere in pericolo un numero non individuabile di persone richiesto dal delitto di crollo e pertanto l’episodio oggetto del presente processo deve essere ricondotto all’ipotesi contravvenzionale.
2.3. Con un terzo motivo deduce violazione di legge in riferimento agli articoli 483 e 61 n. 2 cod. pen. nonché vizio motivazionale. L’esponente lamenta la mancanza di logicità del percorso individuato dal giudice per giungere alla conclusione della falsificazione del piano di sicurezza e coordinamento da parte dell’imputato; tale percorso prenderebbe le mosse da una premessa accettabile, ovvero che il file relativo a detto piano era stato creato il 14 giugno 2007 e modificato il 24 settembre 2007, per giungere ad un esito rispetto ad essa illogico.

Diritto
3. Il ricorso è inammissibile. Pertanto, l’intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione dei delitti ascritti all’imputato nelle more di questo giudizio (ovvero il 21.3.2015 per il crollo colposo ed il 24.3.2015 per il falso) non può esitare in una pronuncia di annullamento della decisione impugnata. Invero, é costante giurisprudenza di questa Corte che l’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 28848 del 08/0§/2013 – dep. 08/07/2013, Ciaffoni, Rv. 256463). ;
3.1. Il primo motivo é inammissibile perché aspecifico. La consolidata giurisprudenza di questa Corte insegna che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione con le argomentazioni della decisione impugnata (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849). Nel caso di specie il ricorrente si é limitato alla formulazione di censure delineate in astratto, senza alcuna correlazione con specifiche argomentazioni rinvenibili nella decisione impugnata.
E ciò nonostante abbia esaminato con analitica attenzione i rilievi formulati con l’appello, tra i quali in questa sede risulta opportuno evocare, atteso il riferimento esplicito che ad essa opera il ricorrente, la relazione di consulenza tecnica dell’ing. G.B., nominato dalla difesa dell’imputato.
La sentenza impugnata chiarisce che il contributo dell’esperto era consistito nel rilevare che l’A.L.A. non aveva assunto il ruolo di responsabile dei lavori, che al momento del crollo questi non aveva l’incarico di Direttore dei lavori, che il progetto dei lavori era conforme alla normativa vigente e che l’A.L.A. aveva tempestivamente redatto il PSC. A ciascuna di tali affermazioni la Corte di Appello ha reso puntuale replica, con argomentazioni non manifestamente illogiche (cfr. pg. 9-13), con le quali il ricorrente omette di confrontarsi.
3.2. Il secondo motivo é manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha identificato i tratti distintivi del delitto di crollo colposo rispetto alla contravvenzione prevista dall’art. 676 cod. pen. nella rinvenibilità nella prima ipotesi degli elementi costitutivi del ‘disastro’, ovvero essere l’avvenimento di tale gravità da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante; laddove, per la sussistenza della contravvenzione di rovina di edifici non è necessaria una tale diffusività e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone (Sez. 4, n. 18432 del 01/04/2014 – dep. 04/05/2015, Papiani e altri, Rv. 263886).
E’ utile rammentare, in relazione ai peculiari connotati della vicenda giunta al vaglio della Corte di Appello di Milano, che con specifico riferimento ad evento che abbia riguardato la parte interna di un edificio si é affermato che “il delitto può ravvisarsi soltanto quando il pericolo, derivante dal crollo della costruzione entro le mura perimetrali, possa diffondersi in direzione dello spazio circostante investendo persone diverse da quelle che, in numero determinato, abitano l’edificio” (Sez. 4, n. 730 del 26/02/1970 – dep. 02/11/1970, CENTI, Rv. 115661). Si è altresì ritenuta necessaria, agli effetti della sussistenza del delitto di crollo di edificio, la “ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere od a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone anche se appartenenti a categorie determinate”. Una volta accertata “l’effettività della capacità diffusiva del nocumento” (e quindi il “pericolo per la pubblica incolumità derivante dal diffondersi del crollo nello spazio circostante” – Sez. 1, n. 47475 del 29/10/2003 – dep. 11/12/2003, Bottoli ed altri, Rv. 226459) siffatta condizione di “grave pericolosità” non viene meno qualora casualmente l’evento dannoso non si sia verificato (ex multìs, Sez. 4, n. 7664 del 15/10/2009 – dep. 25/02/2010, Pirovano, Rv. 246848). ‘
Ciò premesso, va escluso che la Corte di Appello sia incorsa nella lamentata violazione di legge, avendo essa ricercato nella vicenda proprio i tratti denotanti il delitto di crollo colposo ed avendoli rinvenuti li ha esposti in modo nient’affatto manifestamente illogico. Invero, la Corte di Appello ha evidenziato come il crollo avesse posto in pericolo la vita e l’incolumità di un numero indeterminato di persone, essendo collocato l’edificio nella piazza centrale del Comune di Voghera, in un momento nel quale era in svolgimento il mercato comunale; inoltre, al piano terra dell’edificio erano attivi tre esercizi commerciali, i quali rimasero in varia misura interessati al crollo, tanto che il titolare di uno di essi dovette essere liberato dai vigili del fuoco. La chiara esplicazione in diritto ed in fatto svolta dalla Corte distrettuale rende il motivo manifestamente infondato.
3.3. Il terzo motivo é inammissibile perché lamenta un vizio – la mancanza di logicità – la cui deduzione con il ricorso per cassazione non é consentita, essendo richiesto, per l’annullamento della decisione impugnata, la manifesta illogicità. Peraltro, il vizio di manifesta illogicità della motivazione, a norma dell’articolo 606, lett. e), cod. proc. pen., deve risultare dal testo della motivazione e deve consistere nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (cfr. Sez. 1, n. 9539 del 12/05/1999 – dep. 23/07/1999, Commisso ed altri, Rv. 215132).
Ad ogni modo giova considerare che il punto al quale si riferisce il motivo attiene alla natura dell’operazione eseguita il 24.9.2007 sul file relativo al PSC; operazione che per la Corte di Appello fu la modifica della data del documento, mai perfezionato prima del crollo. E tanto viene ricavato anche dalle risultanze della perizia eseguita sul file, le quali vanno ad aggiungersi alle dichiarazioni del coimputato M. – che escluse di aver ricevuto dall’A.L.A., prima del crollo, il documento in parola -, alla mancata produzione del documento agli organi di vigilanza intervenuti dopo l’evento e al mancato rinvenimento di un esemplare del medesimo diverso ed ulteriore rispetto a quello prodotto dall’imputato il 23.10.2007 al p.m. Il ricorso investe quindi un solo tassello del disegno ricostruttivo tratteggiato dai giudici distrettuali, con censura nemmeno esplicativa dell’incidenza del singolo punto sulla complessiva ‘manifesta illogicità’ della motivazione concernente la materialità del reato di falso ascritto all’imputato.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore v, della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità. Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese in favore delle parti civili Omissis che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila\00) oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili Omissis che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9/9/2015.

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