Infortunio mortale durante i lavori di istallazione di pannelli fotovoltaici. Ricorso inammissibile.
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 21/06/2016
Fatto
1. Con sentenza n. 943/15 del 17/11/2015, il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Catania, ai sensi dell’art.425 c.p.p., dichiarava non luogo a procedere nei confronti di P.P. per il reato contestato per non aver commesso il fatto.
1.1. In data 04/03/2015 il P.M. aveva chiesto l’emissione del decreto di rinvio a giudizio nei confronti di B.A.G. e P.P. per rispondere dei reati di omicidio colposo nei confronti di D.S., deceduto il 10/05/2012 a seguito delle lesioni riportate in infortunio sul lavoro.
2. Avverso tale ordinanza, propone ricorso per cassazione V.C., parte civile costituita nel detto procedimento penale, a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) vizi motivazionali per mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata rispetto agli atti del processo. Deduce che risulta evidente la manifesta contraddittorietà tra gli elementi fondanti della sentenza e quanto emerso in sede di indagini. Afferma che D.S., nella sua qualità di lavoratore dipendente dell’impresa individuale di B.A.G., s’infortunava mortalmente mentre prestava la propria opera per l’esecuzione dei lavori di istallazione di pannelli fotovoltaici sul piano di copertura di un capannone industriale, sede della società FEMAR logistica s.r.l.. Tale impianto veniva commissionato all’Associazione Temporanea d’imprese (A.T.I.) costituita dalle società A. RENEW s.r.l. (impresa capofila), della quale era amministratore unico P.P., e B. s.r.l.. Il P.P., nella sua qualità, affidò in subappalto i lavori all’impresa del B.A.G. (presso cui lavorava la vittima) senza verificare l’idoneità tecnico professionale della detta impresa. In particolare dalle dichiarazioni rilasciate nell’immediatezza dei fatti in sede di S.I.T., in data 10/05/2012, innanzi ai carabinieri di Catania, dallo stesso B.A.G. -titolare della omonima ditta e diretto datore di lavoro del deceduto D.S.- emergeva che il 10 maggio 2012, data del tragico evento, la A. RENEW (del P.P.) aveva già preso in carico il cantiere ed avviato i lavori commissionati.
2.1. Con memoria depositata il 15/06/2016, il difensore di P.P. ha formulato osservazioni avversative deducendo la tardività dell’impugnazione.
Diritto
3. Il ricorso è inammissibile poiché tardivo.
4. Occorre premettere che, nel caso in esame, è accaduto che il Giudice dell’udienza preliminare, nel dare immediata lettura del dispositivo della sentenza del 17/11/2015, indicò, il termine di giorni trenta per il deposito della motivazione. La sentenza, completa di motivazione, fu depositata entro il termine programmato ed esattamente in data 17/12/2015.
4.1. Nessuna comunicazione e notificazione dell’avviso fu fatta rispettivamente al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e al difensore della parte civile, presenti alla lettura del dispositivo, essendo stato puntualmente osservato il preannunciato termine di deposito.
5. Ebbene, la sentenza di non luogo a procedere deve essere impugnata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. a) e c), c.p.p., che disciplina in via generale il termine per l’impugnazione dei provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio, tra i quali rientra certamente la detta pronuncia.
5.1. Non rileva, ai fini dell’ampiezza del termine per impugnare, la circostanza che il Giudice dell’udienza preliminare, nell’adottare la decisione, se ne riservi la motivazione nel termine previsto dall’art. 424, comma 4, c.p.p..
5.2. Il termine per impugnare la sentenza di non luogo a procedere, in sostanza, non rimane coinvolto, a differenza di quello previsto per l’impugnazione delle sentenze dibattimentali, dall’eventuale utilizzazione da parte del giudice del regime della motivazione differita, ma è e rimane sempre di quindici giorni.
5.3. Quanto alla decorrenza del termine per impugnare la sentenza di non luogo a procedere, deve escludersi, ove il giudice rispetti le previsioni di cui all’art. 424 c.p.p., l’operatività dell’art.128 c.p.p., che, facendo espressamente salvo quanto il codice dispone in relazione ai provvedimenti emessi nell’udienza preliminare e nel dibattimento, è riferibile ai provvedimenti camerali così detti “tipici” e ne disciplina il deposito, la comunicazione o la notificazione del relativo avviso alle parti processuali cui la legge attribuisce il diritto d’impugnazione. Deve invece farsi riferimento alla norma di cui all’art. 585, comma 2, c.p.p. che regola la decorrenza dei termini per l’impugnazione non solo delle sentenze dibattimentali ma di ogni tipo di provvedimento del giudice. Con quest’ultima norma, il legislatore del 1988 ha dato attuazione alla direttiva di cui al punto 83 della Legge-Delega 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, in cui si stabiliva che la determinazione della decorrenza dei termini per le impugnazioni fosse “ispirata a criteri di massima funzionalità e semplificazione”, e ha conseguentemente privilegiato meccanismi automatici predefiniti per l’individuazione del momento da cui detti termini devono decorrere, limitando il ricorso alla comunicazione o alla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento ai soli casi in cui, non potendo operare il modello presuntivo, risulti necessario garantire l’effettiva conoscenza alle parti interessate a proporre impugnazione. La decorrenza dei termini per impugnare, secondo la previsione dell’art. 585 c.p.p., è infatti collegata – di norma – in via automatica ai termini prestabiliti per il deposito dei provvedimenti giurisdizionali.
5.4. E’ evidente quindi che, sulla base di una interpretazione coordinata degli artt. 424 e art. 585, comma 2, c.p.p. il termine per impugnare la sentenza di non luogo a procedere deve farsi decorrere, ove il dispositivo e la contestuale motivazione siano letti in udienza, da tale momento, secondo la previsione di cui all’art. 585, comma 2, lett. b), equivalendo la lettura a notificazione per le patti presenti o presunte tali. Ove il Giudice dell’udienza preliminare, nel dare lettura in udienza – alla presenza delle parti – del solo dispositivo della sentenza, opti per il regime della motivazione differita e questa sia depositata, così come previsto dall’art. 424, comma 4, c.p.p. nei trenta giorni successivi alla pronuncia, è dalla scadenza di tale termine legale, non prorogabile, che deve farsi decorrere in via automatica, ai sensi dell’art. 585, comma 2, lett. c), c.p.p. prima parte, il termine iniziale per proporre impugnazione, giacché, in tal caso, per le parti interessate e presenti in udienza opera una forma di presunzione legale di conoscenza e non deve alle stesse essere comunicato o notificato l’avviso di deposito della motivazione (cfr. Sez. Un., 26 maggio 2011 n. 21039).
6. Nel caso che occupa il termine di 15 giorni decorreva dal 18/12/2015 per spirare il 02/01/2016.
6.1. Il ricorso in parola risulta, invece, depositato il 26/01/2016, a termini, quindi, spirati. Di qui l’inammissibilità del ricorso.
7. Ai sensi dell’alt. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in € 500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 500,00 in favore della cassa delle ammende.