Lesioni ad una mano per la caduta di un’apparecchiatura. L’importanza della valutazione dei rischi.
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 02/02/2016
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha riformato unicamente nel trattamento sanzionatorio la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Aosta nei confronti di G.D., giudicato responsabile delle lesioni personali gravi patite da F.D..
Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito il F.D., dipendente della Meccanique L.s.r.l. della quale era legale rappresentante G.D., stava ripulendo il piano destinato all’appoggio di una fresa meccanica quando a causa della rottura di una braga che sosteneva l’apparecchiatura questa gli cadeva sulla mano destra determinandogli lesioni guarite in oltre quaranta giorni.
All’imputato é stato ascritto di non aver impartito specifiche istruzioni al lavoratore e di non aver provveduto alla elaborazione della valutazione dei rischi, identificandosi tali violazioni alla normativa prevenzionistica quali antecedenti causalmente efficienti rispetto all’evento verificatosi.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione G.D. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Omissis.
2.1. Con un primo motivo deduce vizio motivazionale in relazione al ruolo causale della incompletezza del documento di valutazione del rischio.
Rileva il ricorrente che stante l’estemporaneità della movimentazione del macchinario il datore di lavoro aveva ritenuto correttamente di provvedere a dare istruzioni direttamente ai lavoratori anziché inserirle all’interno di un documento che essi avrebbero con maggiore difficoltà conosciuto. La Corte di Appello non ha ritenuto valida l’argomentazione assumendo una posizione formale, affermando che la valutazione deve riguardare tutti i rischi, ma non ha approfondito il tema della rilevanza causale della ritenuta omissione.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio motivazionale in merito all’incidenza del comportamento colposo del lavoratore per aver omesso integralmente la Corte di Appello di esaminare il tema posto con l’atto di impugnazione.
Diritto
3. Il ricorso é infondato.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che la valutazione dei rischi e la elaborazione di apposito documento costituisce, senza dubbio alcuno, un passaggio fondamentale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori, ma che in ogni caso il rapporto di causalità tra omessa previsione del rischio e infortunio o il rapporto di causalità tra omesso inserimento del rischio nel documento di valutazione dei rischi e infortunio, deve essere accertato in concreto rapportando gli effetti indagati e accertati della omissione, all’evento che si è concretizzato. Non può essere cioè affermata una causalità di principio (Sez. 4, n. 8622 del 3/03/2010, Giovannini, Rv. 246498).
Ma nel caso di specie la Corte di Appello non ha né assunto una posizione formale; né omesso di valutare l’efficienza causale dell’omissione. Infatti, il giudice territoriale ha evidenziato da un canto che non si trattava tanto di prevedere in che modo movimentare l’apparecchiatura, ma piuttosto di analizzare le complessive attività di installazione di una fresa (come quella di specie) di particolari dimensioni, e quindi di svolgere una valutazione comprensiva delle modalità di gestione della movimentazione; il che avrebbe consentito di identificare che “il mezzo di sollevamento utilizzato non era stato scelto in modo da risultare appropriato, per quanto riguarda la sicurezza del carico da sollevare” (specifico addebito elevato nei confronti del datore di lavoro). Non si trattava quindi di dare istruzioni operative ma di conformare in diverso modo l’intera operazione, tanto in relazione alle procedure da seguire che alle attrezzature da utilizzare. L’affermazione dell’esponente secondo la quale la natura estemporanea dell’operazione rendeva le istruzioni dirette maggiormente efficienti sul piano della sicurezza del lavoro rispetto alla redazione del documento di valutazione dei rischi, che “avrebbe avuto maggiori difficoltà di essere raggiunto e percepito dai lavoratori incaricati di effettuare la lavorazione” chiaramente tradisce una posizione di principio che da un canto privilegia le ragioni della produzione (in particolare la tempistica) su quelle della definizione di sicure condizioni di lavoro e dall’altro contraddice la netta indicazione normativa per la decisività dell’analisi del rischio, per la progettazione del processo produttivo in modo che risponda non solo ad obiettivi economici ma anche alla miglior tutela possibile dei lavoratori, per la rilevanza dell’attività di partecipazione, informazione e formazione dei lavoratori a riguardo del sistema aziendale di gestione della sicurezza del lavoro.
Ciò rimarcato, va anche esplicitato che l’evocazione di una omessa considerazione della effettiva efficienza causale della ritenuta omissione é svolta in termini incongrui, perché si prospetta che, avendo il lavoratore violato le disposizioni impartite con le istruzioni di cui si é scritto, sarebbe incerto che la elaborazione della valutazione del rischio in parola ed i connessi adempimenti avrebbero evitato l’infortunio. Orbene, registrato che la Corte di Appello ha espressamente parlato delle conseguenze della omessa valutazione “che hanno inciso, quanto meno in termini concausali, sulla determinazione dell’evento”, va precisato che il rilievo difensivo é posto in termini che lo rendono manifestamente infondato. Invero, é del tutto evidente che la complessa procedura che si incentra sulla valutazione dei rischi e che sfocia nell’adozione delle misure prevenzionistiche individuate come più idonee alla eliminazione o alla massima riduzione del rischio, avrebbe condotto nel caso di specie proprio a non utilizzare quel mezzo di sollevamento la cui inidoneità aveva causato la caduta della fresa, con l’effetto di una irrilevanza causale del comportamento della vittima, consistito nel porre la mano destra sotto la fresa per facilitarne la posa.
Tale comportamento che, come si é scritto, é stato ritenuto esso stesso colposo (le sentenze affermano il concorso di colpa del lavoratore; ma, in particolare in quella di primo grado, viene esclusa la assorbente rilevanza causale del comportamento di quest’ultimo), non é però in grado di attrarre su di sé l’intero determinismo causale perché di certo non introduce un rischio che esorbita da quell’area (di rischio) il cui governo é affidato al datore di lavoro. Lo stesso atto di appello non contestava che l’azione del F.D. fosse stata eseguita nello svolgimento delle mansioni lavorative, anche precisando che non si era trattato di quelle che gli erano state attribuite, perché egli si era proposto per dare una mano ai colleghi.
Decisivo però é che quella valutazione della quale si é lungamente discusso e le connesse misure prevenzionistiche sono intese ad evitare il verificarsi di sinistri determinatisi anche per l’imprudenza, la negligenza, l’imperizia del lavoratore. Queste rappresentano contenuto strutturale del rischio lavorativo, sino a quando non sia dimostrato che traggono origine da fattori non riconducibili all’organizzazione del lavoro latu sensu intesa.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/2/2016.