Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 4, 17 luglio 2015, n. 31245

La valutazione compiuta dalla Suprema Corte è coerente con l’orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui se sono più d’uno i titolari della posizione di garanzia (ovvero dell’obbligo di impedire l’evento), ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge (Cass. sez. 4, 19.5.2004 n. 46515) fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia. Per questo motivo l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.


 

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO
Data Udienza: 02/07/2015

Fatto

1. Con sentenza resa in data 19/6/2012,il Tribunale di Firenze ha condannato A.V. e V.S. alla pena di un mese di reclusione ciascuno in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di F.I., in Firenze, il 23/11/2009.
Agli imputati, in qualità di direttore di cantiere (e dunque di ‘dirigente’), il A.V., e di capo cantiere (e quindi di ‘preposto’), lo V.S., era stata originariamente contestata la violazione dei doveri concernenti la fornitura, al lavoratore infortunato, della strumentazione necessaria e adeguata per l’esecuzione delle lavorazioni cui lo stesso era stato adibito, nonché la formazione e l’informazione sui rischi inerenti lo svolgimento di dette lavorazioni, sicché l’F.I., nell’atto di realizzare con una sega circolare dei cunei in legno necessari per l’adempimento dei compiti commissionatigli, entrava in contatto con le proprie mani con detta sega, procurandosi lesioni personali consistite nella sub-amputazione del terzo dito della mano e fratture multiple di altre dita, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di tempo superiore a 40 giorni e indebolimento permanente della funzione prensoria.
Con sentenza in data 13/12/2013, la corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha disposto la conversione della pena detentiva inflitta dal primo giudice in quella pecuniaria d’importo corrispondente, revocando la sospensione condizionale della pena e confermando, nel resto, la pronuncia del primo giudice.
2. Avverso la sentenza d’appello, con due distinti atti, a mezzo del comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
3. A.V. ha proposto ricorso sulla base di due motivi d’impugnazione.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale confermato la condanna del A.V. nonostante la mancata individuazione, a suo carico, di alcuno specifico obbligo cautelare pretesamente violato.
In particolare, la corte d’appello avrebbe trascurato di valorizzare adeguatamente l’avvenuta delega ai preposti (compreso lo stesso coimputato V.S.) delle funzioni di controllo del lavoratore infortunato e di apprestamento, nei relativi confronti, della strumentazione necessaria per l’esecuzione della propria attività lavorativa; e tanto, a tacere dell’insussistenza di alcun obbligo concernente la fornitura, al lavoratore infortunato, dei cunei di legno preformati, con la conseguente piena legittimità dell’attività di realizzazione di tali cunei all’interno del cantiere nel corso dei lavori.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del mancato apprezzamento, da parte dei giudici del merito, della differente qualità della posizione di garanzia del dirigente, rispetto al preposto, spettando al primo unicamente la predisposizione generale delle misure di sicurezza da adottarsi per la tutela dei lavoratori, oltre ai compiti di alta vigilanza sul relativo rispetto, vieppiù in presenza, come nella specie, di numerosi preposti specificamente destinati all’esecuzione di forme più specifiche e minute di controllo.
Da ultimo, il ricorrente – ribadita l’avvenuta fornitura al lavoratore infortunato di strumenti regolari e pienamente idonei a consentirne la corretta realizzazione della propria prestazione lavorativa – ha sottolineato come detto lavoratore fosse stato correttamente formato sulle modalità di esecuzione dell’attività allo stesso richiesta e informato sui relativi rischi, anche in considerazione della relativa collaudata esperienza nello svolgimento delle mansioni in concreto affidategli.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel negare la concessione, a beneficio dell’imputato, della circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno in favore del lavoratore infortunato, a ciò avendo ritualmente provveduto il ricorrente a seguito della pronuncia della condanna di primo grado.
4. V.S. propone ricorso sulla base di due motivi di impugnazione.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente ascritto al ricorrente la causazione dell’infortunio occorso ai danni dell’F.I. a dispetto della posizione di garanzia nella specie ascrivibile a carico di altri soggetti presenti in cantiere quali preposti sottordinati, e nonostante il carattere abnorme del comportamento del lavoratore, come tale idoneo a recidere ogni possibile nesso di causalità tra le omissioni addebitate all’imputato e l’infortunio oggetto di giudizio.
In particolare, il ricorrente si duole della mancata considerazione, da parte dei giudici del merito, della delega conferita al preposto designato per lo specifico settore (il Lotto 7) cui era stato adibito il lavoratore infortunato, nonché dell’omesso riconoscimento dell’inesistenza di alcun obbligo di fornire ai lavoratori come l’F.I. i cunei di legno già formati per l’esecuzione della relativa prestazione.
Sul punto, il ricorrente evidenzia come in considerazione della vastità del cantiere in esame erano state conferite deleghe di funzioni a soggetti diversi dallo V.S. al fine di esercitare le prerogative del preposto, con particolare riguardo ai due assistenti di cantiere, tali geom. R. e sig. DD., specificamente destinati al controllo sulle opere esterne del richiamato Lotto 7, nonché al signor A.P., caposquadra dell’F.I., al quale era stato parimenti trasmesso il piano operativo di sicurezza aziendale.
Sotto altro profilo, lo V.S. sottolinea come l’operazione di realizzazione dei cunei fosse operazione di normale amministrazione, del tutto coerente con il bagaglio di conoscenze tecniche e con la specifica formazione professionale di carpentiere dell’F.I., a sua volta già destinatario, in sede aziendale, di adeguata formazione e informazione ai sensi di legge sulle lavorazioni allo stesso commissionate.
Nel caso di specie, pertanto, l’infortunio ebbe a verificarsi per esclusiva imprudenza del lavoratore infortunato, alla cui sola responsabilità lo stesso doveva essere ricondotto.
4.2. Con il secondo motivo, lo V.S. si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel negare la concessione, a beneficio dell’imputato, della circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno in favore del lavoratore infortunato, a ciò avendo ritualmente provveduto il ricorrente a seguito della pronuncia della condanna di primo grado.

Diritto

5. Entrambi i ricorsi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
Osserva il collegio come la corte territoriale abbia adeguatamente specificato come la strumentazione posta a disposizione del lavoratore infortunato, per la realizzazione dei cunei di legno indispensabili ai fini dell’esecuzione della relativa prestazione lavorativa, non fosse del tutto idonea a garantire la sicurezza e l’incolumità del lavoratore, non essendo stata posta, a disposizione dello stesso, la bacchetta spingipezzo delle caratteristiche previste dalla normativa di settore al fine di prevenire ogni contatto tra le mani del lavoratore e la sega circolare dallo stesso utilizzata.
Per altro verso, la corte territoriale ha adeguatamente evidenziato come nessuna formazione e informazione del lavoratore infortunato, circa i rischi connessi all’attività allo stesso affidata, risultasse essere stata eseguita, non potendo ritenersi ammissibile il richiamo, ad opera dei ricorrenti, alla professionalità o all’eventuale esperienza maturata o concretamente acquisita dal lavoratore.
Sul punto, è appena il caso di richiamare l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro (e dunque i soggetti da esso delegati), non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa o per la trasmissione di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori (anche posti in relazione gerarchica tra di loro), atteso che l’apprendimento insorgente dal fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano, e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione imposte dalla legge a carico del datore di lavoro (Sez. 4, Sentenza n. 21242 del 12/02/2014, Rv. 259219).
Del tutto correttamente, pertanto, la corte territoriale ha ritenuto ascrivibile a entrambi gli imputati i comportamenti colposi consistiti, da un lato, nel mancato apprestamento di tutta la strumentazione necessaria ai fini dell’adempimento in sicurezza della prestazione lavorativa, nonché, dall’altro, nella mancata trasmissione, al lavoratore, della formazione e delle informazioni riguardanti i rischi connessi all’esecuzione di detta prestazione (necessarie al fine di scongiurare l’evento lesivo de quo), costituendo, ciascuna di dette omissioni, la manifestazione concreta di un’insufficiente e, in ogni caso, inadeguata gestione, da parte dei due imputati (ciascuno in relazione alla propria specifica posizione di garanzia), dei rischi infortunistici definiti dalla prestazione in esame.
È appena il caso di evidenziare, sul punto, il carattere del tutto astratto delle doglianze sollevate dallo V.S. circa la propria estraneità ai doveri di controllo e di informazione in relazione alla posizione del lavoratore infortunato, essendosi l’imputato limitato alla generica allegazione della spettanza di supposte posizioni di garanzia in capo ad altri soggetti, a dispetto della specifica posizione di garanzia sullo stesso incombente in qualità di capo cantiere.
Al riguardo, varrà richiamare il consolidato insegnamento il giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di prevenzione degli infortuni, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 9491 del 10/01/2013, Rv. 254403).
Peraltro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Rv. 253850).
6. Del tutto privo di fondamento, sotto altro profilo, deve tenersi la doglianza, illustrata dallo V.S., in ordine alla pretesa abnormità del comportamento del lavoratore infortunato.
Al riguardo, varrà sottolineare come, secondo l’argomentata e plausibile ricostruzione dei giudici di merito, l’evento infortunistico in esame ebbe a verificarsi nel corso delle ordinarie mansioni cui il lavoratore era stato adibito, e che l’infortunio in concreto occorso, lungi dal costituire un’ipotesi del tutto imprevedibile, doveva ritenersi ex ante un’evenienza icto oculi pienamente compatibile con il regolare sviluppo delle lavorazioni in esame.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, il titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (cfr., explurìmis, Cass., Sez. 4, n. 37986/2012, Rv. 254365).
Con particolare riguardo ai fatti oggetto dell’odierno procedimento, la circostanza che il lavoratore F.I., nell’atto di realizzare con una sega circolare dei cunei in legno necessari per l’adempimento dei compiti commissionatigli, avesse posto le proprie mani a contatto con detta sega al fine di rimuovere taluni detriti dalla macchina allo stesso consegnata, non vale a escludere la responsabilità degli odierni imputati, dovendo ritenersi ricompreso, entro l’ambito delle relative responsabilità, l’obbligo di prevenire anche l’ipotesi di una condotta imprudente o negligente del lavoratore, al fine di scongiurare la verificazione delle prevedibili evenienze riconducibili all’ordinario sviluppo delle lavorazioni oggetto d’esame.
Il titolare di una posizione di garanzia in materia di lavoro, infatti, in quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente e onto-logicamente diverso dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (Cass., Sez. 4, n. 7267/2009, Rv. 246695).
In tema, questa corte ha di recente avuto modo di sottolineare come l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del titolare della posizione di garanzia, il quale risponde dell’infortunio, sia a titolo di colpa diretta (per non aver negligentemente impedito l’evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio), che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate (cfr. Cass., Sez. 4, n. 16890/2012, Rv. 252544).
Al riguardo, del tutto correttamente i giudici del merito hanno evidenziato (sulla base di una congrua interpretazione degli elementi di prova richiamati in motivazione) l’assoluta inescusabilità del comportamento degli odierni imputati, per aver omesso di adottare tutte le iniziative o le misure idonee a prevenire ogni possibilità di verificazione di fatti dannosi connessi al contatto tra le mani del lavoratore e la sega circolare de qua, così gestendo in modo insufficiente e inadeguato l’area di rischio definita dalla prestazione del lavoratore infortunato: premessa che vale a giustificare il riconoscimento della colpa correttamente ascritta a carico degli imputati, responsabili di scelta organizzative e/o operative incongrue e foriere di gravi rischi come quello nella specie puntualmente concretizzatosi.
7. Devono essere infine disattesi i motivi di ricorso proposti da entrambi gli imputati circa il riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno, attesa la tardività della prestazione risarcitoria.
Sul punto, varrà richiamare il costante insegnamento della giurisprudenza legittimità, ai sensi del quale il risarcimento che dà luogo alla circostanza attenuante dell’integrale risarcimento del danno è solo quello che interviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Sez. 4, Sentenza n. 1528 del 17/12/2009, Rv. 246303; v. altresì Sez. 3, Sentenza n. 17864 del 23/01/2014, Rv. 261498).
8. Al rilievo dell’integrale infondatezza dei motivi d’impugnazione proposti dagli imputati segue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/7/2015

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