Cassazione Penale, Sez. 4, 19 maggio 2016, n. 20981

Rischi interferenziali e infortunio in cantiere. Nessun comportamento abnorme del lavoratore.


Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO
Data Udienza: 13/04/2016

Fatto

1. Con sentenza resa in data 11/12/2014, la Corte d’appello di Ancona – disposta la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’art. 53 legge n. 689/81 – ha confermato la decisione in data 17/6/2013 con la quale il Tribunale di Macerata ha condannato P.S. alla pena di giustizia in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di F.M. (dipendente della società dell’imputato), in Treia, il 14/9/2007.
All’imputato, nella qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della Cucina L. s.r.l., era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica e delle norme in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per aver omesso di redigere un piano di coordinamento per la previsione dei rischi derivanti dall’interferenza tra le attività dell’impresa dallo stesso diretta e quella di G.B. (agente su incarico della L. Holding s.r.l.), omettendo altresì di vigilare in modo che il proprio dipendente non partecipasse attivamente alle attività di lavorazione presenti in cantiere, avendo ricevuto il solo compito di supervisore per conto della Cucina L. s.r.l. dei lavori svolti dalla ditta G.B., sì che il F.M., accompagnando con le proprie mani lo spostamento di tre tubi in materiale plastico del peso complessivo di 143 kg, sollevate e trasportate da una ruspa condotta da un dipendente della ditta G.B., a seguito di un’improvvisa oscillazione in senso verticale dell’estremità del carico, veniva attinto dal bordo esterno di detto carico cadendo al suolo e riportando gravissime lesioni.
2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato sulla base di quattro motivi di impugnazione.
2.1. Con i primi due motivi, il ricorrente, dopo aver invocato il riconoscimento dell’intervenuta prescrizione del reato allo stesso contestato, censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale motivato in modo illogico e contraddittorio la valutazione delle prove e delle argomentazioni sostenute a discarico, con particolare riguardo alle deposizioni rese dai testi indotti dalla difesa, così incorrendo in un travisamento dei fatti e in una carente ricostruzione dell’evento infortunistico oggetto di giudizio.
2.2. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nella ricostruzione dei limiti della posizione di garanzia dell’imputato, tenuto conto della verificazione dell’evento infortunistico nel quadro di lavori eseguiti dalla ditta G.B. su un’area di proprietà della committente L. Holding s.r.l., e dunque in relazione a un contesto territoriale e a un’attività imprenditoriale in relazione alla quale l’imputato non disponeva di alcuna legittimazione ai fini della predisposizione di un piano di coordinamento, atteso che l’impresa dell’imputato non era affatto compartecipe dei lavori commissionati dalla L. Holding alla ditta G.B..
Nel caso di specie, peraltro, l’evento lesivo si era verificato in ragione di un comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile del lavoratore infortunato, la cui abnormità appariva tale da risolvere ogni possibile legame causale tra le omissioni contestate al P.S. e l’evento lesivo allo stesso addebitato.
2.3. Con il quarto e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente omesso di riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, anche con riferimento alla mancata irrogazione della pena nel minimo edittale.

Diritto

3. Tutti i motivi di ricorso devono ritenersi privi di fondamento.
4. Dev’essere preliminarmente esclusa l’avvenuta estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come invocato dall’odierno ricorrente.
Sul punto, è appena il caso di rilevare come, in ragione dell’Incidenza della recidiva specifica e infraquinquennale contestata e ritenuta a carico dell’imputato (con la conseguente determinazione del termine prescrizionale massimo pari a nove anni, a seguito delle interruzioni intercorse: cfr. art. 161 c.p.), il termine di prescrizione deve ritenersi non ancora interamente decorso, trattandosi di reato commesso in data 14/9/2007.
5. Nel merito dell’impugnazione, osserva il collegio come la corte territoriale abbia adeguatamente ricostruito le modalità dell’incidente a seguito del quale il lavoratore infortunato ha subito le lesioni gravissime descritte in imputazione, elaborando l’insieme degli elementi probatori acquisiti in modo logicamente coerente e congruamente argomentato.
Al riguardo, nessuna carenza motivazionale può essere ascritta al discorso giustificativo dettato dalla corte territoriale in relazione alla mancata considerazione delle deposizioni dei testi indotti dalla difesa, avendo il giudice d’appello ritenuto recessive tali ultime dichiarazioni rispetto al compendio probatorio diversamente ricostruito sulla base di fonti di prova alternative ritenute più attendibili sulla base di un’argomentazione ineccepibile sotto il profilo logico-giuridico.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa corte secondo cui deve ritenersi incensurabile la valutazione del materiale probatorio operata dal giudice del merito (ivi compreso il giudizio di attendibilità di talune testimonianze rispetto ad altre) laddove il discorso giustificativo complessivo sia adeguatamente elaborato sulla base di criteri informati a piena coerenza logica e linearità argomentativa (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 20806 del 05/05/2011, Rv. 250362).
Nessuna fondatezza può inoltre riconoscersi all’argomentazione relativa alla denunciata abnormità del comportamento del lavoratore infortunato, avendo la corte territoriale correttamente sottolineato come la presenza del lavoratore colpito non fosse affatto casuale nel luogo e nel momento in cui ebbe a verificarsi l’infortunio de quo, essendosi trattato della collaborazione, da parte del F.M., a lavorazioni dallo stesso seguite da lungo tempo senza alcuna interdizione o dissensi da parte del proprio datore di lavoro e comportanti l’esecuzione di prestazioni del tutto coerenti alle relative mansioni.
Parimenti irrilevante deve ritenersi, secondo la corretta argomentazione della corte territoriale, l’individuazione dell’effettiva proprietà del terreno su cui insisteva il cantiere, avendo l’imputato comunque consentito, nella sua qualità di datore di lavoro del dipendente infortunato, che quest’ultimo partecipasse attivamente alle attività di lavorazione in essere nel cantiere in assenza di un piano di coordinamento per la previsione di rischi interferenziali reso necessario dalle distinte lavorazioni contemporaneamente portate avanti con la costruzione dell’acquedotto e della fognatura indicate in sentenza.
Da ultimo, deve ritenersi pienamente adeguata la motivazione dettata dalla corte territoriale in relazione al giudizio di comparazione tra le circostanze e alla pena concretamente inflitta, avendo la corte d’appello evidenziato come le gravi conseguenze riportate dal lavoratore non consentissero alcuno spazio per concedere la prevalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti contestate o per individuare una misura della pena in corrispondenza dello stretto minimo edittale. Si tratta di argomentazioni logicamente coerenti e giuridicamente corrette, che le odierne censure del ricorrente non valgono a scalfire.
6. L’insieme delle considerazioni che precedono impone la pronuncia del rigetto del ricorso con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13/4/2016

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