Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 4, 27 luglio 2015, n. 32751

Addetti alla rimozione del veicolo di proprietà della vittima: mancanza di segnalazione necessaria e di adeguata formazione.


 

Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Data Udienza: 04/06/2015

FattoDiritto

1. Il Tribunale di Firenze ha affermato la responsabilità degli imputati A., D., L. D. e L. G. in ordine al reato di omicidio colposo in danno di T.D., commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro il 18 gennaio 2008; e li ha altresì condannati, in solido con il responsabile civile Groupama assicurazioni, al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.
Il primo giudice ha invece assolto l’imputato G.G. dal medesimo reato, per non aver commesso il fatto,
La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Firenze. A seguito di impugnazione delle partì civili è stata ritenuta la responsabilità del G.G. che è stato condannato, in solido con i responsabili civili Groupama e Fondiaria Sai Assicurazioni, al risarcimento del danno nei confronti delle partì civili. È stato dichiarato estinto il reato nei confronti di D. per morte dell’imputato. E’ stata confermata la responsabilità degli altri imputati.
2.Hanno proposto ricorso per cassazione il difensore del G.G. e del responsabile civile Fondiaria Sai; L. D. e L. G..
2.1 Il difensore del G.G. e del responsabile civile sopra indicato ha successivamente inviato atto di rinunzia all’impugnazione, rappresentando che è stata raggiunta una definizione totale del danno.
2.2 L. D. e L. G. lamentano che erroneamente è stata ravvisata la loro responsabilità. La Corte ha infatti ritenuto che la velocità del veicolo condotto dal G.G. non fosse adeguata alla situazione di fatto e che inoltre la situazione di pericolo era ben visibile e percepita sia da altri utenti della strada sia dello stesso G.G., E’ allora del tutto evidente, si assume, che i fini cui erano deputati tutti i dispositivi di cui si lamenta l’assenza come lampeggianti, strisce rifrangenti e giubbetti ad alta visibilità, sono stati comunque raggiunti. La situazione in atto sulla strada era ben visibile e chiaramente percepita da tutti gli utenti. Inoltre, per le modalità di verificazione del sinistro, anche il giubbotto ad alta visibilità si sarebbe dimostrato uno strumento inutile. Infatti la vittima si trovò ad invadere improvvisamente la strada, rendendo inutile qualunque cautela che fosse stata eventualmente adottata dagli imputati. Inoltre sui ricorrenti non incombeva l’obbligo afferente all’utilizzo di giubbetti ad alta visibilità che grava sui conducenti che scendono dal loro autoveicolo. Tale obbligo dunque era solo in capo alla vittima dell’incidente. Analogo argomento, si afferma ancora, può essere utilizzato per ciò che attiene allo stato del carroattrezzi ed alla inefficienza di dispositivi come i lampeggianti. L’evento deve essere addebitato esclusivamente alle condotte del ridetto G.G. e della vittima. In breve, erroneamente è stata ritenuta l’esistenza del nesso causale.
Si considera inoltre che, altrettanto erroneamente, è stata ritenuta l’esistenza di un obbligo di formazione dei dipendenti. Nessuna norma si rinviene al riguardo per ciò che attiene alla attività di recupero di mezzi con carroattrezzi.
Infine si deduce che non è stata fornita prova concludente in ordine al ruolo di amministratore di fatto di L. G.. Peraltro, ove si ritenesse tale ruolo andrebbe esclusa la responsabilità dì L. D..
3. I ricorsi di G.G. e di Fondiaria Sai sono divenuti inammissibili a seguito della rinunzia all’impugnazione.
4. Il ricorso degli altri imputati è palesemente infondato.
Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, un carroattrezzi si trovava sulla sede stradale intento alle operazione di rimozione dì un veicolo di proprietà della vittima.
In quel frangente G.G. sopravveniva alla guida della propria auto ed investiva il T.D., che si era portato sulla sede stradale, cagionandogli lesioni letali.
Riformando la prima sentenza, la Corte d’appello ha ritenuto la responsabilità dei G.G. sia pure ai soli effetti civili. Richiamando due deposizioni si perviene alla conclusione che il carroattrezzi si trovava ad occupare la sede stradale in modo anomalo ma ben visibile nonostante l’oscurità. Se ne desume che l’ingombro rappresentato dal grande veicolo avrebbe dovuto essere percepito anche dal conducente della macchina investitrice. Costui invece, nonostante i segnali di pericolo offerti da tale situazione, rallentava la marcia al solo fine di superare il veicolo fermo senza porsi alcun problema circa la possibile presenza di persone sul luogo dell’intervento. In breve, nei confronti del G.G. è stato ritenuto l’addebito colposo di non aver prestato attenzione ai pedoni e di non aver conseguentemente regolato la velocità che, sebbene calcolata in soli 30 km/h, non era comunque adeguata alla particolare circostanza,
Secondo la Corte di merito tale valutazione non esclude la concorrente responsabilità degli altri imputati: gli operatori addetti al carroattrezzi ed i titolari della ditta che eseguiva il recupero del veicolo guasto.
In particolare per ciò che attiene agli operatori A. e D., si ravvisa colpa connessa alta mancata adozione di segnali di pericolo in concomitanza con l’intervento che turbava il regolare flusso della circolazione stradale. Il veicolo di  soccorso, infatti aveva accesi solo i fari anteriori. Si ritiene che un’adeguata segnalazione avrebbe sollecitato con ragionevole certezza l’investitore ad una condotta di guida prudenziale ed idonea ad evitare l’evento.
La responsabilità dei titolari dell’impresa esecutrice dell’intervento è connessa al ruolo datoriale. Viene loro mosso l’addebito di non aver apprestato strumenti appropriati e di non aver vigilato sull’operato dei dipendenti circa il rispetto delle regole afferenti alla sicurezza stradale; in aderenza a quanto enunciato in imputazione con riguardo alla violazione dell’obbligo di adeguata formazione del personale addetto alle operazioni del genere di quella in esame.
Circa la posizione di L. G. si considera che da una deposizione testimoniale emerge con chiarezza il ruolo apicale concretamente svolto nonostante il trasferimento del ruolo di amministratore ai figli.
Il ravvisato profilo di colpa a carico del conducente del veicolo ha infine indotto la Corte a diminuire le pene inflitte.
4.1 Tale apprezzamento appare palesemente immune da censure. La pronunzia analizza coerentemente il materiale probatorio, in guisa immune da vizi logici o giuridici. Essa evidenzia distinte condotte colpose, autonomamente rilevanti, poiché ciascuna di esse avrebbe potuto evitare l’evento. Da un lato la condotta del tutto inappropriata degli addetti alla rimozione che ingombrarono larga parte della sede stradale, nottetempo, senza porre in essere alcuna segnalazione con cartelli o luci; e senza preoccuparsi della presenza della vittima a piedi. Dall’altro l’omissione di basilari doveri da parte dei datori dì lavoro. A tale riguardo è sufficiente rammentare che la formazione alla gestione del rischio e la predisposizione di strumenti di sicurezza appropriati costituisce basilare, indiscusso dovere del datore di lavoro, che nella specie è stato radicalmente pretermesso visto che, come ritenuto dai giudici di merito, l’intervento di rimozione del veicolo avveniva in modo totalmente insicuro ed approssimativo.
D’altra parte, l’esercizio di fatto del ruolo apicale è stato oggetto di un argomentato apprezzamento in fatto che non può essere posto in discussione nella presente sede di legittimità.
Infine, contrariamente a quanto dedotto, la Corte non ha mancato di considerare i riflessi della ritenuta colpa concorrente del conducente dell’auto; atteso che l’ha posta a base della diminuzione delle pene. D’altra parte, come si è sopra esposto, la compresenza di condotte distinte, tutte colpose e tutte autonomamente rilevanti sul piano eziologico fonda adeguatamente l’affermazione dì responsabilità dei diversi imputati.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che appare equo determinare in 500 euro ciascuno,

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma 4 giugno 2015

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