Movimentazione di un cilindro senza l’uso dei guanti protettivi. Nessuna violazione occasionale ma comportamento usuale e tollerato.
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Data Udienza: 04/06/2015
FattoDiritto
1. Il Tribunale di Lecco ha affermato la responsabilità dell’imputata in epigrafe in ordine al reato di lesioni personali con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno dì F.S., commesso il 2 febbraio 2011.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano.
All’imputata, nella veste di datore di lavoro della L. S.p.A. è stato mosso l’addebito di aver consentito al lavoratore di movimentare un cilindro attorno al quale era avvolto materiale plastico senza far uso dì guanti protettivi, con la conseguenza che, sfuggitogli l’oggetto dalle mani, due dita restavano incastrate tra il cilindro stesso ed i blocchi di sostegno. Ne derivavano lesioni personali.
2.Ricorre per cassazione l’imputata.
Si assume di aver fatto fronte a tutti doveri. Sono stati forniti gli strumenti di protezione ed il lavoratore è stato adeguatamente formato ed in formato in adempimento di quanto disposto dall’art. 18 del Testo unico sulla sicurezza del lavoro. In tale situazione era da attendersi la autotutela del lavoratore, del resto impostagli dalia legge. Il sinistro è stato invece causato da una contingente leggerezza. La sentenza amplifica oltre ragionevolezza i doveri del datore di lavoro imponendogli un ininterrotto controllo su qualunque attività lavorativa.
2.1. Ha fatto seguito la presentazione di motivi nuovi. Si assume che il comportamento del lavoratore e abnorme ed interruttivo del nesso causale. Inoltre il fatto presenta, speciale tenuità sicché può farsi applicazione del decreto legislativo numero 28 del 2015.
3. Il ricorso è infondato.
La sentenza impugnata espone che la vittima ha riferito che la lavorazione avveniva usualmente senza far uso dei guanti protettivi, perché ritenuti scomodi. Né mai nessuno aveva fatto notare tale omissione. Si aggiunge che, come riferito dalla relazione della Asl, l’uso dei guanti avrebbe evitato l’evento lesivo.
Si ravvisa conseguentemente la responsabilità per aver omesso la necessaria attività di vigilanza e controllo quanto all’effettivo uso degli strumenti di protezione.
Tale apprezzamento è immune da censure logiche o giuridiche. Infatti, contrariamente a quanto dedotto, non si è in presenza di violazione occasionale ma di comportamento usuale e tollerato. Dunque correttamente si ritiene che il puntuale e concreto esercizio dei doveri di controllo avrebbe dovuto condurre ad imporre l’uso ordinario dei guanti di cui si discute ed a verificare l’osservanza della prescrizione. Tale argomentazione d’altra parte, escludere che possa configurarsi comportamento abnorme del lavoratore.
3.1 Neppure vi sono le condizioni per la applicazione della novella codicistica evocata dal ricorrente. Non vi è dubbio che l’apprezzamento afferente alla tenuità del fatto è affidato al giudice di merito, nei limiti e con le indicazioni di legge. Questa Corte dunque non è legittimata a compiere tale ponderazione. Essa può solo compiere una prima sommaria delibazione considerando gli elementi di giudizio e le valutazioni espresse dal giudice di merito; al fine di valutare se se concretamente ipotizzabile un apprezzamento favorevole da parte del giudice della cognizione. Nel caso in esame l’evento è costituito da fratture dell’apice della falange ungueale di due dita, con prognosi di 41 giorni. Il giudice dì merito, nel compiere le valutazioni afferenti alla determinazione della pena, ha considerato che si è in presenza di fatto non particolarmente grave. Tale ponderazione non è compatibile con il diverso apprezzamento in termini di particolare tenuità previsto dalla legge. Dunque, essendo state già sostanzialmente compiute le ponderazione pertinenti all’applicazione della nuova normativa, non vi sono le condizioni per nuovamente investire al riguardo la Corte d’appello.
Il ricorso deve essere quindi rigettato. Segue per legge la condanna ai pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Roma 4 giugno 2015