In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche in caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D. Lgs. 14 agosto 1996 n. 494 – sia in caso di omesso controllo all’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (Sez.4, 9 febbraio 2016 n. 23171Rv.266963).
Dal committente non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, con la conseguenza che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto d’appalto, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez.3, 24 aprile 2016 n.35185, Rv 267744; Sez.4, 15 luglio 2015 n.44131, Rv 264974).
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MENICHETTI CARLA
Data Udienza: 16/11/2016
Fatto
1. La Corte d’Appello di Messina, con sentenza in data 2 febbraio 2015, confermava la pronuncia di condanna resa dal locale Tribunale nei confronti di C.S., quale responsabile del reato di omicidio colposo ai danni di G.L., il quale, nel corso di lavori di rimozione dei pannelli solari collocati sul tetto dell’appartamento di proprietà di esso imputato, committente dei lavori, era precipitato da un’altezza di oltre otto metri, riportando lesioni personali gravissime, alle quali era seguito il decesso.
Al C.S. era stata contestata una condotta improntata a negligenza e imperizia e la violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare di aver omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta di tale S. (nei cui confronti, quale datore di lavoro, si era proceduto separatamente) affidataria dei lavori (art. 90 comma 9 lett.a D.Lgs.n.81/2008).
Nel capo di imputazione era poi indicata la normativa antinfortunistica la cui violazione era stata ascritta al datore di lavoro, e segnatamente: l’aver omesso di redigere il piano operativo di sicurezza in relazione alla valutazione di tutti i rischi presenti in cantiere; l’aver omesso di adottare, per l’esecuzione dei lavori in quota, effettuati sulla copertura dell’edificio, adeguate impalcature atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone o di cose; l’aver omesso di impartire ai lavoratori dipendenti un programma di informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività svolta; ancora, l’aver omesso di impartire ai lavoratori dipendenti una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza in riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione e rischi riferiti alle mansioni.
La Corte territoriale, nel respingere le ragioni di gravame, tranne quella relativa all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, riteneva corrette sia l’imputazione formulata a carico dell’imputato, sia le argomentazioni svolte dal Tribunale a sostegno della pronuncia di condanna, atteso che il committente – qualora avesse richiesto la esibizione della documentazione prevista dalla legge – avrebbe facilmente accertato che la ditta S. agiva in spregio delle norme in materia di prevenzione e non aveva adottato alcuna regola a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, tanto che i lavori in quota venivano eseguiti senza alcun presidio di protezione. Quanto alla consapevolezza di tale situazione di pericolosità, la Corte valorizzava la circostanza che il C.S. aveva immediata percezione delle condizioni in cui lavoravano gli operai, per la sua costante ingerenza nello svolgimento dei lavori e la sua assidua presenta sul cantiere. Infine, pur rilevando un limitato concorso di colpa del G.L., il quale aveva imprudentemente “lanciato” verso il basso il pannello solare smontato senza prima frantumarlo, operazione che gli aveva fatto perdere l’equilibrio, escludeva che tale condotta avesse interrotto il nesso di causalità tra le omissioni contestate al C.S. e l’evento.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due distinti motivi.
2.1. Con un primo motivo deduce nullità della sentenza per omesso avviso all’Avv. F., nominato in primo grado e mai revocato. I motivi di appello erano stati elaborati e depositati dall’Avv. B., ma la sua nomina a difensore di fiducia non contemplava alcuna dichiarazione di revoca del precedente difensore. Di qui la nullità ex art.179 c.p.p. rilevabile anche d’ufficio.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione di legge e di norme processuali e vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione della vicenda ed alla valutazione delle prove, che la Corte d’Appello avrebbe compiuto in maniera acritica, rifacendosi a quanto già argomentato dal Tribunale, senza rispondere in maniera puntuale ai motivi di appello.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
2. Questa Corte Suprema ha già affermato che la mancata notifica del decreto di citazione a giudizio ad uno dei due difensori, non determina l'”assenza” della difesa, ma soltanto l’inosservanza delle disposizioni concernenti l’assistenza dell’imputato, a norma dell’art.178 lett.c) c.p.p. e quindi dà causa ad una nullità a regime intermedio, che deve essere eccepita immediatamente dall’altro difensore di fiducia ritualmente avvisato e presente, stante la disciplina dell’art.182 c.p.p. (Sez.2, 10 gennaio 2006 n.3635, Rv 233339; Sez.5, 10 novembre 2004 n.46206, Rv 230224).
Sul tema sono intervenute anche le Sezioni Unite, chiarendo che la mancata proposizione della relativa eccezione ad opera dell’altro difensore comparso sana la nullità, pur quando l’imputato non sia presente, poiché il termine “parte” ai sensi dell’art.182, comma secondo, c.p.p. si riferisce all’esercizio delle facoltà e dei diritti connessi alla tutela della posizione processuale interessata all’atto nullo, che spettano appunto al difensore, ad eccezione di quelli per legge esercitabili esclusivamente dalla persona dell’imputato. Ne consegue che il difensore presente, fra i due nominati dall’imputato non comparso, è soggetto necessario e sufficiente a costituire la parte e deve eccepire la nullità di ordine generale a regime intermedio, a! più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari, prima delle conclusioni qualora il procedimento non importi altri atti, perché il suo svolgersi presume la rinuncia all’eccezione e l’avvalersi delle facoltà di parte che hanno sanato la stessa nullità. Né di seguito si può far valere l’interesse dell’imputato non comparso ad essere assistito anche dal difensore non avvisato, perché tale interesse non è riconoscibile in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudice (S.U., 16 luglio 2009 n.39060 Rv 244188).
Nel caso di specie, l’altro difensore comparso in appello non ha sollevato alcuna eccezione ed ha sanato così la nullità.
3. Quanto al secondo motivo, va affermato preliminarmente in diritto che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche in caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D. Lgs. 14 agosto 1996 n. 494 – sia in caso di omesso controllo all’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (Sez.4, 9 febbraio 2016 n. 23171 Rv.266963).
Dal committente non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continui e capillare sull’organizzazione e l’andamento dei lavori, con la conseguenza che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto d’appalto, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez.3, 24 aprile 2016 n.35185, Rv 267744; Sez.4, 15 luglio 2015 n.44131, Rv 264974).
Orbene, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione di tali principi, evidenziando che il C.S., committente dei lavori e proprietario dell’immobile, si recava frequentemente sul cantiere, concordando e dando direttive al titolare della ditta in ordine ai lavori da svolgere, ed avendo così modo di percepire direttamente le modalità di esecuzione. In particolare il giorno dell’infortunio – secondo la ricostruzione dei fatti esposta in sentenza, non censurabile in questa sede di legittimità – il C.S. si era recato personalmente all’interno dell’immobile per verificare lo stato dei pannelli solari e, dopo essere salito sul tetto attraverso la scala ed aver constatato che i pannelli erano danneggiati, aveva dato direttive al S., titolare della ditta appaltatrice, per la rimozione dei pannelli medesimi e la sostituzione con apposite tegole. Dunque l’imputato aveva modo di apprezzare di persona le modalità di svolgimento delle varie attività lavorative e l’assoluta assenza di dispositivi di sicurezza, ed in particolare, la mattina dell’infortunio, recatosi sul posto, aveva verificato direttamente l’assenza di ponteggi o dispositivi di sicurezza idonei a prevenire il rischio di cadute o precipitazioni di cose o persone, e la circostanza che i lavoratori fossero saliti sul tetto servendosi solo di una scala appoggiata alla parete, senza il montaggio di impalcature e l’utilizzo di imbracature.
Inoltre, le plurime e gravi irregolarità presenti in cantiere – ha osservato la Corte di Messina – sarebbero state immediatamente appurate dal C.S. qualora egli avesse rispettato l’obbligo normativamente previsto di verificare in primo luogo l’idoneità tecnico-professionale della ditta appaltatrice, mediante la richiesta di esibizione della documentazione prevista, e ciò perché dalla mancanza di tale documentazione avrebbe con immediatezza colto le gravi carenze ed omissioni del S. rispetto agli obblighi di prevenzione e tutela dei lavoratori.
Le argomentazioni svolte nella impugnata sentenza sono immuni da vizi logici e giuridici, conformi ai principi di diritto affermati da questa Corte in materia e pertanto le censure del ricorrente sono manifestamente destituite di fondamento.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent.n.186/2000). Il C.S. è poi tenuto per legge al rimborso delle spese in favore delle parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende; lo condanna inoltre a rimborsare alle parti civili costituite e assistite dall’avv. A.R. le spese sostenute dalle stesse per questo giudizio che liquida in complessivi euro 6.000,00 oltre accessori come per legge.