Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2016, n. 40737

Violazione della normativa prevenzionale degli infortuni sul lavoro: trasmissione dell’infezione della tubercolosi dal personale paramedico ai pazienti. Tutela dei terzi.


Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: GRASSO GIUSEPPE
DataUdienza: 28/06/2016

FattoDiritto

1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa all’udienza del 25/9/2015, nel procedimento penale a carico di F.G. ed altri, nel decidere sull’ammissibilità della costituzione delle parti civili, escluse l’associazione CODACONS, B.C. e A.V., i quali ricorrono per cassazione avverso la predetta decisione.
2. Il CODACONS con l’unico, articolato motivo, deducente abnormità dell’impugnato provvedimento, sub specie di eccesso di potere giurisdizionale, assume la radicale pretermissione degli scopi e funzioni della predetta ONLUS, largamente riconosciuti da norme primarie e, in taluni casi (codice del consumo) financo chiamata a svolgere compiti assegnatigli dalla legge. L’addotta circostanza che nello statuto associativo non sussista specifico riferimento alla tutela della salute, specie negli ambienti di lavoro, costituisce per la ricorrente mera parvenza argomentativa: restringere le funzioni della CODACONS alla sola tutela dei cittadini in quanto consumatori, infatti, menoma irragionevolmente l’area di tutela propria dell’ente, il quale ha interesse a reagire in presenza di rischi per la <<collettività gravemente esposta al disservizio perché ogni giorno qualcuno accede ai nosocomio per ricoveri, visite esami specifici, interventi chirurgici ecc. » e, nella specie, appunto, il processo penale era diretto ad accertare le responsabilità individuali per le condizioni di degrado, fonte di già riscontrate infezioni, nelle quali versava il Policlinico Gemelli di Roma. Il censurato provvedimento a cagione della sua arbitrarietà, conclude la ricorrente, seguendo le indicazioni della Cassazione, deve essere considerato extra ordinem.
3. L’A.V. e il B.C. assegnano a due motivi le loro deduzioni.
Con il primo motivo, denunziante l’abnormità dell’avversato provvedimento, in quanto emesso, secondo i ricorrenti, in palese violazione degli artt. 185, cod. pen., 74, 76, 78, cod. proc. pen., 111 Cost., nonché 6, CEDU, i ricorrenti criticano la perimetrazione effettuata dal Giudice dell’interesse a costituirsi parte civile in conformità del capo d’imputazione.
La vicenda aveva visto, a cagione della violazione della normativa prevenzionale degli infortuni sul lavoro, trasmettere l’infezione della tubercolosi dal personale paramedico ai pazienti e, nella specie, il figlio minore della coppia, che si trovava ospedalizzato, era stato costretto alla chemioprofilassi e i di lui genitori avevano dovuto patire severe prostrazioni nello spirito e nel corpo.
Peraltro, le norme antinfortunistiche, secondo la consolidata interpretazione di legittimità, assumono funzione tutelare anche nei confronti dei terzi che, legittimamente vengono a contatto con l’ambiente lavorativo.
Da ciò era conseguita, riprendendo i termini esposti nell’altro ricorso, l’abnormità del provvedimento.
3.1. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione degli artt. 111, 2, 3, 24, 32, Cost., nonché dell’art. 6, CEDU, per non essere stato disposto rinvio al fine di prendere adeguata cognizione delle avverse memorie, costringendo la difesa ad approntare immediata discussione orale.
4. Con provvedimento del 15/6/2008 del Presidente Titolare della Sezione veniva confermata la trattazione camerale ai sensi dell’art. 611, cod. proc. pen., dei ricorsi, così disattendendosi l’istanza dei ricorrenti, datata 9/6/2016.
5. In data 13/6/2016 venivano depositate memorie nell’interesse del CODACONS e dell’A.V. con il B.C..
La CODACONS, oltre ad avere ulteriormente indugiato sulla ritenuta abnormità del provvedimento, solleva due distinte eccezioni d’incostituzionalità. L’interpretazione degli artt. 74, 76, 78, 80 e 81 resa dal Tribunale, secondo i ricorrenti violava l’art. 32 della Costituzione, in quanto impediva alla CODACONS «di esercitare una facoltà normalmente riconosciuta dalla legge in favore di soggetti danneggiati dal reato che abbiano presentato una costituzione di parte civile dotata dei requisiti formali e sostanziali indicati dalla legge».
La violazione dei principi CEDU, in particolare il combinato disposto degli artt. 1 e 6 e con la direttiva 2012/29, essendo negato l’accesso al giusto processo, importava ulteriore violazione della Carta costituzionale, per violazione riflessa deM’art. 117, comma 1, cost.
6. L’A.V. e il B.C. con la memoria in discorso chiariscono le ragioni per le quali al momento della decisione sulla costituzione di parte civile non v’era affatto il rischio, paventato dal giudice, di un duplice esercizio dell’azione civile nel processo penale. Il figlio minore della coppia, infatti, faceva parte del nutrito gruppo di piccoli pazienti, i quali, sibbene sottoposti a profilassi antitubercolare, secondo le conclusioni delle indagini non erano rimasti infettati, ma solo oggetto di falsi positivi, con la conseguenza che la parte stralciata del procedimento era stata archiviata, nonostante l’opposizione, dal GIP, il quale, peraltro, aveva espressamente riconosciuto la possibilità dell’emergere di un danno in assenza di prova di effettiva infettazione.
Inoltre, i ricorrenti, con dovizia di riferimenti alla normativa comunitaria, ripropongono le stesse questioni di costituzionalità di cui sopra.
7. I ricorsi sono inammissibili in quanto avanzati avverso provvedimento non impugnabile autonomamente, siccome chiarito dall’uniforme interpretazione di legittimità (Sez. 3, n. 14332 del 473/2010, dep. 15/4/2010, Rv. 246609; Sez. 6, n. 8942 del 17/1/2011, dep. 7/3/2011, Rv. 249727), pienamente condivisa dal Collegio. La ragione della non impugnabilità è evidente: trattasi, invero, di decisioni non stabili, in quanto, in ogni tempo revocabili e modificabili e, inoltre, non di pregiudizio per l’esercizio dell’azione risarcitoria nel processo civile (Sez. 3, n. 14332 del 04/03/2010, dep. 15/04/2010, Rv. 246609).
Nonostante i brillanti sforzi argomentativi dei ricorrenti la categoria, estrema e residuale, dell’abnormità qui non ricorre.
L’abnormità dell’atto processuale in genere può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (cfr. da ultimo, Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, dep. 20/1/2015 Rv. 262275).
Si è già chiarito (Sez. 3, n. 39321 del 9/7/2009, dep. 9/10/2009, Rv. 244610) che l’ordinanza di esclusione della parte civile, di regola non impugnabile, è suscettibile di ricorso per cassazione ove affetta da abnormità, in quanto caratterizzata da un contenuto di tale assoluta singolarità da porsi in posizione “extra-vagante” rispetto al sistema ordinamentale ed al diritto positivo (nella specie la Corte ritenne abnorme l’ordinanza di esclusione dal dibattimento di numerose parti civili fondata su ragioni di “economia processuale” come tali estranee ai parametri dell’art. 81 cod. proc. pen.). In definitiva, solo allorquando il provvedimento in parola manifesti a supporto della decisione argomenti del tutto eccentrici rispetto ai parametri valutativi che la legge sottopone al vaglio discrezionale del giudice o allorquando miri a perseguire finalità improprie, deve affermarsi il vizio di abnormità strutturale di un tale provvedimento.
Nel caso di specie non ricorre nessuna delle dette ipotesi. Il Tribunale ha escluso i ricorrenti sulla base di un ragionamento, certamente opinabile, ma non di certo extra-vagante. L’A.V. e il B.C. non sono stati ammessi a costituirsi parte civile in quanto le ragioni civilistiche dai medesimi vantati non erano correlati ai capi d’imputazione di quel processo penale, ma, semmai, ad altro procedimento, che, come riferiscono oggi gli stessi ricorrenti è stato poi archiviato. La CODACONS perché si è ritenuto (anche in questo caso la valutazione è opinabile) che il predetto ente persegua statutariamente solo la tutela dell’interesse dei consumatori in senso stretto.
Trattasi di motivazioni pertinenti al vaglio assegnato al giudice e la finalità non è estranea allo scopo della legge di assicurare lo spazio del processo penale anche alla tutela degli interessi civili danneggiati, purché strettamente dipendenti dalla condotta di reato in corso di accertamento.
8. Anche la prospettazione secondo la quale non sarebbero stati garantiti i diritti di difesa è manifestamente infondata. La regola dell’oralità impone alle parti la pronta capacità di discutere immediatamente le questioni che insorgano nel corso del processo, ancor più trattandosi, in questo caso, della tutela d’interessi civili, comunque non pregiudicati dalla decisione concernente la costituzione di p.c. Peraltro, ove di effettiva necessità, la difesa ben avrebbe potuto richiedere una breve sospensione ad horas, al fine di meglio compulsare le carte, senza pregiudizio per l’esigenza di assicurare celere trattazione al processo.
9. L’eccezioni d’incostituzionalità, alla luce di quanto svolto, risultano manifestamente infondate.
Il riferimento al diritto alla salute appare non precipuamente puntuale. Un tal diritto va tutelato e garantito in via primaria assicurando un’adeguata assistenza sanitaria, anche agli indigenti, e prevedendo forme efficienti ed efficaci di controllo e vigilanza; qui si discorre della possibilità di esercitare l’azione civile per il risarcimento del danno nel processo penale; strada, questa, che non si dimostra affatto più agevole per gli attori, rispetto al processo civile. In ogni caso, pur ove si ritenga che una tale costituzione avrebbe soddisfatto l’evocato principio, non v’è dubbio che essa deve rispettare i parametri di ammissione previsti dalla legge processuale penale. Il processo penale, infatti, luogo del massimo dispendio di garanzie avuto riguardo agli interessi in gioco, ove piegato alle ben diverse esigenze del processo civile, finirebbe, smarrendo la propria identità per infrangere plurimi precetti costituzionali, non ultimi la sua ragionevole durata e l’effettiva possibilità per l’imputato di difendersi da una accusa predeterminata in pienezza di contraddittorio.
Analogamente va detto per l’altra eccezione d’incostituzionalità- Le norme CEDU evocate concernono in primo luogo il processo penale. La circostanza che ad un interesse civile l’ordinamento assegni una sede processuale sua propria, ove non ricorrano i presupposti, liberamente posti da ciascuno degli Stati membri, per permettere il simultaneo processo, inserendo l’esercizio dell’azione civile nel principale processo penale, non riduce in alcun modo le garanzie nei confronti dei soggetti che assumono aver patito pregiudizio dal reato. A significativa conferma di quanto qui argomentato questa Corte ha di recente (Sez. 3, n. 39179 dell’08/05/2014, dep. 24/09/2014, Rv. 260549) dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 625-bis cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., per la parte in cui non annovera tra i legittimati alla proposizione del ricorso straordinario la parte civile, in quanto il titolare di una situazione giuridica di natura civilistica ha la facoltà di ricorrere alla tutela giurisdizionale senza necessità di intervento nel processo penale.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/6/2016

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