Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 4, 30 maggio 2016, n. 22701

Lavoratore investito dal mezzo movimentato da terra. Alterazioni alla struttura della macchina (deterioramento di componenti funzionali essenziali) ed eccentriche modalità d’uso.


Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DELL’UTRI MARCO
Data Udienza: 29/03/2016

Fatto

1. Con sentenza resa in data 23/2/2015, la Corte d’appello di Torino – pur modificando il trattamento sanzionatorio inflitto a carico degli imputati, in ragione del riconoscimento, in loro favore, delle circostanze attenuanti generiche – ha confermato la sentenza in data 25/3/2014 con la quale il Tribunale di Cuneo ha condannato G.D., P.P. e G.B.G. alle pene di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, in relazione al reato di omicidio colposo commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di R.D’A., in Cairo Montenotte (luogo del fatto del 30/5/2009) e in Savigliano (luogo del decesso), il 20/7/2009.
Agli imputati, nelle rispettive qualità – il P.P. quale presidente del consiglio di amministrazione della ditta Edil Giara s.r.l., il G.B.G. quale amministratore unico della ditta Duegi Prefabbricati s.r.l., e il G.D. quale presidente del consiglio di amministrazione e responsabile tecnico della ditta G.D. s.r.l. – era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica, nonché delle norme di colpa specifica analiticamente richiamate nel capo di imputazione, per non aver impedito a R.D’A., dipendente della Duegi Prefabbricati, l’uso dell’autocarro MAN, targato Omissis, di proprietà della Edil Giara, e da questa concesso in uso alla Duegi Prefabbricati, dalla quale era stato acquistato senza che lo stesso fosse rispondente alla normativa antinfortunistica vigente.
Su tale autocarro infatti era stato installato, dalla ditta G.D., l’apparecchio di sollevamento PAGHERÒ CN I 4660, il cui selettore della presa di forza (per la gru) era allocato alla base del sedile di guida lungo il lato della portiera; tale selettore consentiva l’inserimento accidentale e l’utilizzo anche da terra del sollevatore, con le marce inserite, previo blocco dell’acceleratore a mano, a circa 900/1000 giri al minuto, attraverso l’uso di una scatola metallica.
Nell’occasione di specie, il R.D’A., dopo aver eseguito lo scarico del materiale presente nel cassone dell’autocarro e di quello depositato sul rimorchio parcheggiato nell’aria di cantiere, stazionando a terra in corrispondenza della portiera lato guida, dopo aver collocato la gru in posizione di riposo con rientro nella sede degli stabilizzatori, spostava il selettore dalla modalità ‘presa di forza’ alla modalità ‘forza motrice’ (da gru ad autocarro), lasciando i giri del motore invariati e le marce inserite, sicché l’autocarro, spostandosi in avanti di circa 6 metri e mezzo e terminando la corsa contro la recinzione adiacente di un container, investiva lo stesso R.D’A. che, per effetto dell’impatto riportava lesioni personali tali da condurlo al decesso verificatosi alcune settimane dopo il fatto.
2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione tutti e tre gli imputati.
3. G.D. (titolare della ditta responsabile dell’installazione dell’apparecchiatura di sollevamento sull’autocarro oggetto d’esame) propone ricorso sulla base di tre articolati motivi d’impugnazione.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, con particolare riguardo al giudizio di responsabilità penale emesso nei relativi confronti.
In primo luogo, il ricorrente si duole della carente corroborazione probatoria relativa alla ricostruzione dell’infortunio occorso al R.D’A., avendo i giudici del merito fornito una descrizione dell’accaduto in termini irriducibilmente contraddittori rispetto a significative evidenze processuali acquisite, quali quelle rappresentate dal posizionamento del corpo del R.D’A. a seguito del fatto, nonché dalla deposizione resa dal teste V. (relativa alla percepita accelerazione del motore dell’autocarro al momento dell’investimento della vittima): elementi di prova del tutto travisati, tanto dal tribunale quanto dalla corte d’appello, al punto di accreditare una ricostruzione del fatto del tutto carente, sul piano probatorio, oltre che incoerente rispetto alle contingenze fattuali del caso concreto, a tacere delle contraddizioni rilevabili nei due provvedimenti di merito in ordine all’effettivo azionamento, da parte della vittima, della frizione indispensabile per l’attivazione in concreto della modalità del selettore da ‘presa di forza’ a ‘forza motrice’.
Del tutto errato, inoltre, deve ritenersi, ad avviso del ricorrente, il richiamo alle norme di colpa specifica operato nelle sentenze di merito, avendo la ditta del G.D. originariamente realizzato uno strumento di sollevamento del tutto sicuro e idoneo a scongiurare la verificazione di possibili incidenti, salva l’inevitabile imprevedibilità delle forme di utilizzazioni abnormi del mezzo, come peraltro avvenuto, nel caso di specie, mediante l’azionamento della frizione con le mani, anziché con il piede sinistro, da parte del lavoratore.
Anche sotto il profilo controfattuale, del resto, nessun profilo di causalità efficiente avrebbe potuto riconoscersi nella condotta ascritta all’imputato, tenuto conto dell’inopinata provocazione dell’evento lesivo oggetto d’esame attraverso l’adozione di accorgimenti imprevedibili e abnormi, come l’uso di una scatoletta per tener vivo il sistema di accelerazione del mezzo, o come la movimentazione della frizione con le mani, con la conseguente assoluta impossibilità di prospettare alcuna diversa funzionalità del dispositivo dotata di maggiore sicurezza, tenuto conto dell’ineludibile necessità di mantenere i comandi di  selezione delle funzioni del mezzo alla portata della postazione di guida e, pertanto, in posizioni in ogni caso raggiungibili attraverso l’adozione di manovre altrettanto scorrette.
Sotto altro profilo, l’imputato denuncia la scadente plausibilità dell’ipotesi ricostruttiva fatta propria dai giudici del merito, avendo questi trascurato di evidenziare le ragioni, i vantaggi o gli scopi concretamente perseguiti (o perseguibili) dal lavoratore rimasto vittima del sinistro nel compiere la manovra descritta da terra anziché dall’Interno dell’autocarro.
Peraltro, proprio l’evidente abnormità di un simile comportamento del lavoratore (ulteriormente aggravato dall’avvenuto blocco dell’acceleratore) avrebbe dovuto indurre i giudici del merito a considerarlo tale da escluderne ogni profilo di prevedibilità, o a riconoscere la sostanziale non rimproverabilità della condotta dell’imputato in relazione ai termini della formale posizione di garanzia dallo stesso rivestita, anche alla luce dell’Incidenza del principio di affidamento, di sicura applicazione nel caso di specie.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale trascurato di rinnovare l’istruttoria dibattimentale in sede d’appello al fine procedere all’esecuzione di una perizia tecnica destinata a superare i dubbi e le contraddizioni emerse circa l’esatta ricostruzione del fatto e l’individuazione delle cause effettive dell’infortunio mortale oggetto di giudizio, anche al fine di sollecitare una più sicura descrizione dei fatti, priva dei caratteri congetturali e ipotetici ancora presenti nelle prospettazioni sostenute nelle sentenze di merito.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte d’appello erroneamente trascurato di rivedere le statuizione civili concernenti il pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili costituite (o la sospensione della relativa provvisoria esecutorietà), omettendo di dettare un’adeguata motivazione sul punto, a fronte delle concrete ragioni di opportunità al riguardo evidenziate dall’imputato, prime fra tutte il mancato riconoscimento del concorso di colpa della vittima e la mancata graduazione della differente entità delle responsabilità riconosciute a carico dei diversi imputati.
3.4. Da ultimo, il ricorrente ha reiterato in questa sede l’istanza di sospensione dell’esecuzione della condanna civile al pagamento della provvisionale in favore delle parti civili, ricorrendone i corrispondenti motivi di opportunità.
4. G.B.G. (titolare della ditta datrice di lavoro del prestatore deceduto) propone ricorso sulla base di due motivi di impugnazione.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel procedere alla ricostruzione dell’efficienza causale delle irregolarità presenti sull’automezzo in uso alla vittima in ordine alla produzione dell’evento lesivo in concreto verificatosi.
In particolare, l’imputato evidenzia come gli elementi di prova complessivamente acquisiti non avevano fornito alcuna conferma circa l’impossibilità (o la ragionevole inverosimiglianza) di ipotesi causali alternative a quella cui i giudici del merito avevano prestato adesione (alternative segnatamente riferite alla prevedibile presenza di un secondo soggetto alla guida del mezzo investitore), con il conseguente mancato superamento del ragionevole dubbio circa l’effettiva certezza del nesso di causalità tra la condotta omissiva ascritta all’imputato e l’evento lesivo oggetto di giudizio.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente interpretato l’incidenza causale del comportamento del lavoratore rimasto vittima dell’infortunio. Nella specie, tale comportamento si sarebbe concretizzato nell’adozione di accorgimenti e modalità di esecuzione a tal punto abnormi e radicalmente imprevedibili da minare in termini radicali l’argomentazione articolata nella sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato la sussistenza del nesso di derivazione causale del decesso del R.D’A. dalla condotta omissiva dell’imputato.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della palese illogicità della ricostruzione del fatto così come accettata dai giudici del merito, avendo questi ultimi trascurato di fornire alcuna plausibile spiegazione delle ragioni per le quali il R.D’A., rimanendo al di fuori dell’autocarro, avrebbe proceduto allo spostamento del selettore dalla ‘presa di forza’ alla ‘forza motrice’, manovrando manualmente la frizione: una manovra talmente irrazionale e inverosimile da indurne a ritenere del tutto inesistente alcuna ipotizzabile finalità pratica, con la conseguente configurabilità, anche sotto tale aspetto, del relativo carattere abnorme.
5. P.P. (legale rappresentante della società proprietaria dell’autocarro oggetto di giudizio) propone ricorso sulla base di quattro motivi di impugnazione.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per aver preceduto a una ricostruzione della dinamica dell’infortunio e del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e il decesso del prestatore di lavoro sulla base di un’argomentazione illogica e non adeguatamente corroborata sul piano probatorio.
Sul punto il ricorrente, analogamente a quanto indicato nel ricorso del G.D., ha sottolineato l’irriducibile contrasto dell’argomentazione sostenuta dai giudici del merito rispetto al significato di incontestabili evidenze probatorie, quali quelle costituite dalle conseguenze materiali deH’investimento rinvenute sul corpo del R.D’A. e dalla brusca accelerazione dell’autocarro al momento del fatto, come emerso in sede testimoniale: elementi tali da supportare l’ipotesi di un’alternativa spiegazione causale dell’evento incline a coinvolgere la partecipazione di un secondo soggetto, diverso dal R.D’A., alla guida del mezzo.
Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia gli aspetti di contraddittorietà nella ricostruzione del fatto rinvenibili nella lettura delle due sentenze di merito, con particolare riguardo alla ricognizione delle effettive modalità di esecuzione delle operazioni di spostamento del selettore della presa di forza alla forza motrice, mediante lo schiacciamento manuale della frizione.
5.2. Con il secondo motivo, l’imputato si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nell’omettere di rinnovare l’istruzione dibattimentale al fine di procedere all’esecuzione di una perizia tecnica destinata a superare i dubbi le contraddizioni emerse circa l’esatta ricostruzione del fatto e l’individuazione delle cause effettive dell’infortunio mortale oggetto di giudizio.
5.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale con riguardo alla valutazione del comportamento del lavoratore deceduto sotto il profilo causale. Nella specie, tale comportamento si sarebbe concretizzato nell’adozione di accorgimenti e di modalità di esecuzione a tal punto abnormi e imprevedibili da rendere del tutto priva di giustificazione l’argomentazione articolata nella sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato la sussistenza del nesso di derivazione causale del decesso del lavoratore rimasto vittima dell’infortunio dalla condotta omissiva dell’imputato.
Peraltro, secondo la prospettazione del ricorrente, la corte territoriale avrebbe illogicamente trascurato di indicare le possibili spiegazioni delle ragioni per le quali il R.D’A. avrebbe proceduto in quel modo allo spostamento del selettore dalla presa di forza alla forza motrice, rimanendo al di fuori dell’autocarro, così rinunciando a indicare le ipotizzabili finalità pratiche eventualmente perseguite dal lavoratore attraverso il ricorso a un simile comportamento, obiettivamente caratterizzato da aspetti d’imprevedibile irrazionalità e inverosimiglianza (e dunque di abnormità).
5.4. Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale del tutto erroneamente richiamato talune norme di colpa specifica a fondamento della condanna pronunciata, avendo la ditta dell’Imputato provveduto con continuità alla manutenzione del mezzo in esame, conservandolo in condizioni di perfetta funzionalità fino al momento dell’esecuzione delle operazioni peritali nel corso del giudizio.
5.5. Da ultimo, il ricorrente avanza istanza per la sospensione dell’esecuzione della condanna civile al pagamento della provvisionale riconosciuta in favore delle parti civili costituite, contestualmente indicandone i corrispondenti motivi di opportunità.
6. Con memoria pervenuta in data 22/3/2016, le parti civili costituite, dopo aver manifestato la volontà di revocare la nomina dei precedenti difensori, nonché di voler revocare la costituzione di parte civile nei confronti del P.P., per avere quest’ultimo provveduto al risarcimento del danno in relazione agli aspetti di responsabilità allo stesso riconducibili, hanno concluso per il rigetto dei ricorsi del G.D. e del G.B.G., siccome sostenuti motivi di impugnazione del tutto privi di fondamento.

Diritto

7. Dev’essere preliminarmente rilevata l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso illustrati dagli odierni imputati con riguardo alla ricostruzione dello svolgimento dei fatti oggetto dell’odierno procedimento, così come operata nelle decisioni di merito.
Sul punto, varrà evidenziare come entrambi i giudici territoriali abbiano assolto all’indicato compito ricostruttivo, muovendo dalla coerente interpretazione di evidenze probatorie non ragionevolmente contestabili (nella specie rappresentate dal posizionamento del corpo a seguito del fatto; dagli effetti sullo stesso provocati dall’investimento e dalle particolari modalità di funzionamento della macchina investitrice) così pervenendo, in termini lineari, all’affermazione circa l’avvenuto investimento della vittima ad opera della ridetta macchina, avendone il lavoratore imprudentemente provocato il movimento azionandola da terra.
Tale ricostruzione deve ritenersi certamente plausibile, siccome operata in forza di un’adeguata interpretazione di sicure evidenze rappresentative, a loro volta elaborate in termini coerenti sul piano argomentativo, a nulla valendo (siccome del tutto ininfluente) l’eventuale individuazione delle specifiche ragioni per cui il lavoratore avrebbe proceduto alla movimentazione del proprio mezzo da terra, ben potendo, tali ragioni, consistere, a titolo di esempio, nella semplice maggior comodità dello spegnimento della macchina da terra, senza doversi impegnare a salire sul posto di guida.
Si tratta, dunque, di una ricostruzione fondata su elementi probatori effettivamente acquisiti, rispetto ai quali il vigore rappresentativo di quelli richiamati dai ricorrenti vale a porsi (non già alla stregua di un indice del travisamento della prova in cui sarebbero eventualmente incorsi i giudici di merito, bensì) quale mera rilettura in fatto dell’evidenza istruttoria complessiva, di per sé inidonea a disarticolare in maniera determinante l’impianto logico del discorso probatorio elaborato dalla corte territoriale.
Anche la supposta contraddizione tra i due provvedimenti di merito in ordine all’azionamento della frizione (che il giudice di primo grado ha indicato come schiacciata e poi lasciata dal R.D’A., là dove la Corte d’appello ha escluso che la vittima l’avesse mai schiacciata) appare riferita a un elemento d’indole marginale, di scarsa decisività nell’economia della ricostruzione complessiva del fatto, apparendo del tutto irrilevante il ricorso all’una o all’altra manovra ai fini della movimentazione del mezzo.
È peraltro appena il caso di evidenziare, sul punto, come, in tema di riscontri indiziari, il carattere equivoco di un dato d’indole presuntiva accertato nella sua effettiva esistenza, finisce inevitabilmente per scolorire la propria oggettiva ambiguità, laddove posto in correlazione con il complesso degli altri elementi probatori e/o indiziari considerati nella loro totalità.
Vale, al riguardo, richiamare l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa corte di legittimità, ai sensi del quale l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascun elemento indiziario singolarmente considerato, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa (sia pure di portata possibilistica e non univoca) di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale e unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e s’integra con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante e univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (cfr. Cass., Sez. Un., n. 6682/1992, Rv. 191230).
Sul punto, converrà inoltre ribadire, in coerenza al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, come il sindacato demandato alla Corte di cassazione sia necessariamente limitato – per espressa volontà del legislatore – al riscontro dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento. Esula, infatti, dai poteri della corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr. Cass., Sez. Un., n. 6402/1997, Rv. 207944, e altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla Corte di cassazione prendere in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base del proprio differente soggettivo punto di vista (Cass., Sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez. 1, n. 1083/1998, Rv. 210019), sempre che sia da escludere con evidenza (come nel caso di specie) la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento dei fatti così come rassegnato nella sentenza impugnata.
In forza di tali premesse, deve ritenersi del tutto priva di fondamento la censura sollevata dai ricorrenti con riguardo alla mancata sollecitazione, da parte dei giudici di appello, dell’esecuzione di una perizia, avendo la corte territoriale correttamente evidenziato (anche in forma implicita) la possibilità di pervenire alla formulazione di un completo giudizio circa lo svolgimento dei fatti, sulla base delle evidenze probatorie così come complessivamente acquisite.
8. Una volta accertate le occorrenze in fatto relative alla scadente (se non nulla) qualità della manutenzione della macchina – e alle connesse responsabilità del relativo venditore (in forza di un negozio di cessione di pochfc settimane precedenti il fatto) e, successivamente, della ditta acquirente, datrice di lavoro del prestatore deceduto -, del tutto correttamente la corte territoriale ha evidenziato come la vetustà del mezzo (e dunque la mancata adozione delle cautele necessarie a mantenerne integre le caratteristiche di funzionalità) ebbe ad assumere un ruolo decisivo nella dinamica dell’infortunio: senza le riscontrate perdite d’olio, infatti, la gru non avrebbe avuto bisogno di un’accelerazione continua per funzionare (e dunque non avrebbe reso necessaria l’adozione della scatola di metallo allo scopo di tenere alti i giri del motore con il blocco dell’acceleratore), così come, senza i rilevati vizi dell’impianto frenante la macchina non si sarebbe messa in moto (benché accelerata) con il freno a mano tirato.
In breve, ove il P.P. (quale venditore) avesse ceduto un mezzo sicuro e pienamente funzionante, e il G.B.G. (quale datore di lavoro) ne avesse curato la dovuta manutenzione – analizzando adeguatamente l’ambito dei rischi connessi al relativo uso, scongiurandone i conseguenti pericoli -, il fatto non sarebbe accaduto, poiché il lavoratore infortunato non avrebbe avvertito alcun bisogno, al fine di sostenere l’energia necessaria per la gru (inopinatamente dispersa per il malfunzionamento del mezzo, come attestato dalle perdite d’olio riscontrate), di bloccare artificialmente l’acceleratore (con l’improvvido uso di una scatola di metallo) allo scopo di tenere costantemente alti i giri del motore (che dunque si sarebbe spento appena il lavoratore, da terra, avesse lasciato il pedale della frizione); e perché il freno a mano (ove regolarmente funzionante) avrebbe impedito il movimento dell’autocarro, pur quando artificialmente accelerato.
Al riguardo, vale richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, è configurabile la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita (Sez. 4, Sentenza n. 35295 del 23/04, Rv. 256399); un insegnamento che risale all’orientamento da tempo fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, qualora un infortunio sia dipeso dall’utilizzazione di macchine o impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell’imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (Sez. U, Sentenza n. 1003 del 23/11/1990, Rv. 186372; conf. Sez. 4, Sentenza n. 2494 del 03/12/2009, Rv. 246162).
Quanto al G.B.G., è ovviamente appena il caso di rammentare il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, sussiste la responsabilità del datore di lavoro quando lo stesso introduca nell’azienda e metta a disposizione dei lavoratori una macchina che, per vizi di costruzione, possa essere fonte di danno per le persone, senza avere appositamente sottoposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti per accertarne la resistenza e l’idoneità all’uso (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 2382 del 10/11/2005, Rv. 232878). Al riguardo, l’obbligo di provvedere all’adozione di tutti i dispositivi antinfortunistici concerne, non soltanto i costruttori di macchine, ma altresì gli acquirenti che le mettono a disposizione dei loro dipendenti: anche questi, infatti, sono tenuti a verificare che le macchine siano prive di rischio per l’incolumità dei lavoratori e la colpa degli uni non elimina quella degli altri. Ciò in quanto è onere dell’imprenditore adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che offre la tecnologia per garantire la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, Sentenza n. 2630 del 23/11/2006, Rv. 236012; v. altresì Sez. 4, Sentenza n. 26247 del 30/05/2013, Rv. 256948).
Sempre in relazione al giudizio sul dinamismo causale responsabile dell’evento lesivo oggetto d’esame – fermo il rilievo del carattere meramente congetturale delle ipotesi causali alternative sostenute dai ricorrenti, in nessun modo confortate, in termini inequivoci, da alcun adeguato elemento probatorio di riscontro -, varrà ulteriormente sottolineare come debba recisamente escludersi la dedotta natura abnorme della condotta del lavoratore deceduto, non potendo ritenersi eccentrica, rispetto all’ambito del rischio gestito da ciascuno degli imputati, la manovra consistita nell’imprudente manomissione dei meccanismi di funzionamento della macchina, dovendo individuarsi, proprio negli inadempimenti cautelari del P.P. e del G.B.G., l’origine di dette manovre adattative della macchina, avendo detti imputati trascurato di gestire in termini ottimali i più immediati rischi connessi al suo uso, con particolare riguardo ai pericoli legati alla possibilità che la macchina potesse mettersi in moto inavvertitamente, pur senza nessun controllo umano a bordo che ne impedisse l’urto con persone o cose circostanti.
Sul punto, varrà ribadire come l’evento lesivo verificatosi fosse esattamente quello in relazione al quale le condotte alternative corrette omesse dai due imputati (relative all’adeguata assicurazione cautelare del rischio connesso alla possibilità che la macchina potesse mettersi in moto inavvertitamente) avrebbero dovuto porsi quali fattori impeditivi.
In tema, è appena il caso di richiamare le persuasive argomentazioni di recente sostenute nella giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’effetto interruttivo della causalità (ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 41, co. 2, c.p.) dev’essere circoscritto alle sole circostanze o condotte che introducano un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare, sì che l’intervento di tale fattore assume un rilievo concausale determinante e di significato tale da assorbire la spiegazione giuridica esclusiva dell’evento (cfr. Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/201, Espenhahn, passim).
9. Con riguardo a tale ultimo tema, osserva il collegio come un discorso radicalmente diverso occorra viceversa dedicare alla posizione dell’imputato G.D., chiamato a rispondere dei decesso del R.D’A. in qualità di costruttore del mezzo responsabile dell’evento lesivo.
Sul punto, varrà tener conto del principio già in precedenti occasioni affermato da questa corte di legittimità, ai sensi del quale il costruttore deve ritenersi responsabile per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza, a meno che l’utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tali da poter essere considerate alla stregua di una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento (Sez. 4, Sentenza n. 1216 del 26/10/2005, Rv. 233174), ovvero, in termini più adeguati al linguaggio del già richiamato arresto delle Sezioni Unite della corte di legittimità, sempre che le trasformazioni compiute sulla macchina dall’utilizzatore non abbiano introdotto un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare, in modo che l’intervento di tale fattore abbia assunto un rilievo concausale determinante e di significato tale da assorbire la spiegazione giuridica esclusiva dell’evento (cfr. Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/201, Espenhahn, passim).
Proprio in questo contesto, sul piano logico, chiede d’essere inserito l’esame del rapporto tra le caratteristiche della macchina originariamente messa a punto dalla ditta del G.D. e l’entità delle trasformazioni nel tempo indotte sulla stessa; trasformazioni verificatesi (più o meno consapevolmente), tanto in virtù della trascurata manutenzione, ad opera del P.P. e del G.B.G., dei meccanismi della ridetta macchina (trascuratezza responsabile delle provocate ridotte capacità energetiche della modalità ‘presa di forza’ e del deficitario sistema frenante), quanto attraverso il ricorso (da parte del lavoratore deceduto) ad accorgimenti pratici destinati ad ovviarvi, attraverso il blocco meccanico dell’acceleratore.
Tali essendo le premesse, deve ritenersi erronea la sentenza impugnata, tanto sul piano della corretta applicazione delle norme cautelari richiamate, quanto sul terreno della coerenza logica della motivazione, avendo la corte territoriale scorrettamente ritenuto riconducibile la causa dell’evento lesivo oggetto di giudizio alla condotta colposa del G.D..
Nella specie, infatti, ove gli utilizzatori avessero correttamente provveduto alla manutenzione della macchina, senza pretendere di ovviarvi attraverso l’adozione di imprudenti accorgimenti meccanici destinati a stravolgerne gli equilibri funzionali – e dunque avessero osservato le prescrizioni d’uso corrispondenti alla natura e alle caratteristiche proprie della stessa -, l’evento, così come ricostruito nel corso dell’odierno procedimento, non si sarebbe mai verificato, atteso che non vi sarebbe stata alcuna necessità di provocare l’artificiale aumento dei giri del motore attraverso il blocco dell’acceleratore, con la conseguenza che la macchina si sarebbe automaticamente spenta con il rilascio (anche manuale) della frizione; mentre, in ogni caso, quand’anche la marcia così innestata avesse provato a muovere le ruote della macchina, il freno a mano (ove correttamente funzionante) ne avrebbe impedito (o largamente ostacolato) l’attuazione, con la conseguente preclusione delle tragiche conseguenze nell’occasione drammaticamente occorse.
Dev’essere dunque affermata l’insussistenza di alcuna responsabilità del G.D. per il fatto lesivo allo stesso addebitato, atteso che, sul piano della logica ricostruzione degli eventi, alla luce dell’evidenza probatoria acquisita, il nesso di causalità tra le omissioni allo stesso contestate e il decesso del R.D’A. deve ritenersi radicalmente venuto meno a seguito delle alterazioni di fatto verificatesi nella struttura della macchina (per effetto del deterioramento di componenti funzionali essenziali) e delle eccentriche modalità nel relativo uso (dettate dalla necessità di ovviare all’omessa manutenzione della stessa); alterazioni e modalità tali da determinare una sostanziale trasformazione della natura del mezzo di natura ed entità tale da poter essere considerata alla stregua di una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
Sulla base di tali premesse dev’essere, pertanto, disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione dell’imputato G.D., per non avere, quest’ultimo, commesso il fatto.
10. Devono essere, da ultimo, disattese le censure sollevate dai ricorrenti P.P. e G.B.G. con riguardo alle statuizioni civili della sentenza impugnata, essendosi gli odierni istanti limitati all’illustrazione di inammissibili censure in fatto concernenti l’entità o la congruità delle somme liquidate a titolo di provvisionale, nella specie determinate in misura non manifestamente irragionevole, e dunque illogica o contraddittoria, rispetto alla specifica natura dei danni oggettivamente arrecati dalle condotte criminose degli imputati.
11. All’accertamento dell’infondatezza dei motivi d’impugnazione illustrati dal P.P. e dal G.B.G. segue il rigetto dei relativi ricorsi e la condanna degli stessi ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese di lite in favore delle parti civili costituite, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente a G.D. Giacomo per non aver commesso il fatto.
Rigetta i ricorsi di P.P. e G.B.G. che condanna al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio in favore delle parti civili O.T., R.D’A. E. D’A. S.D’A. E D. D’A., liquidate in euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/3/2016.

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