Cassazione Penale, Sez. 4, 6 agosto 2015, n. 34289

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati tutti e tre i ricorsi presentati dagli imputati e li ha pertanto rigettati. Per quanto riguarda il motivo proposto dal datore di lavoro, relativo all’applicazione delle disposizioni a protezione dalla caduta dall’alto nei lavori in quota, la Corte suprema ha sostenuto che “invero va considerato che l’art. 122 D. Lvo n. 81/2008, come modificato dall’art. 77 D. Lvo n. 106/2009, prevede che nei lavori in quota debbano essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente. Il legislatore ha, dunque, imposto una maggiore cautela rispetto a quella che era prevista prima della riforma effettuata ai sensi del D. Lvo n. 106/2009, la quale prevedeva che le cautele medesime dovessero essere adottate nei lavori che fossero eseguiti ad un’altezza superiore ai m 2”. “La norma si riferisce, dunque”, ha così proseguito la Sez. IV, “a lavori non eseguiti ad altezza d’uomo, bensì ad un’altezza dal suolo – qualunque essa sia – che ne renda più difficile e rischiosa l’esecuzione, tanto da rendere necessario il ricorso a misure capaci di prevenire il rischio di cadute. Una modifica, quindi, che ha, in tale materia, ampliato i casi di ricorso alle opere provvisionali e a sistemi di protezione per lavori come quello che avrebbe dovuto eseguire (l’infortunato) che, per completare l’erezione del muro fino all’altezza di metri 3,5 dal suolo, doveva necessariamente avvalersi di un ponteggio”.
Giustamente quindi, secondo la Corte suprema, erano stati individuati nel caso in esame i profili di colpa espressamente contestati al datore di lavoro nel capo d’imputazione. Con riferimento poi alla delega in materia di sicurezza sul lavoro la Corte territoriale, legittimamente secondo la Sez. IV, ne aveva esclusa l’esistenza per la mancanza dei requisiti previsti dall’art. 16 del D. Lgs. n. 81/2008 fermo restando che quand’anche fosse esistita la delega di funzioni la stessa non avrebbe escluso comunque l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.
Manifestamente infondato è stato altresì ritenuto dalla Sez. IV il ricorso presentato dal responsabile dei lavori laddove lo stesso ha sostento che il ponteggio era in corso di allestimento e che i lavori non erano ancora iniziati. La corte territoriale, ha fatto notare infatti la Sez. IV, ha evidenziato come le fotografie raffiguranti lo stato dei luoghi mostrassero che sopra il ponteggio erano stati collocati mattoni ed un secchio di malta, il che lasciava logicamente intendere che i lavori erano in corso di esecuzione al momento della caduta dell’infortunato. Analogamente infondato la Corte suprema ha ritenuto il ricorso presentato dal coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori in quanto la corte territoriale ha ravvisata la sua responsabilità per non avere adempiuto agli obblighi del CSE predisponendo le misure di sicurezza e controllando in modo continuo ed effettivo l’osservanza delle misure predisposte.
Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ha così concluso la sez. IV, deve verificare, attraverso una attenta e costante opera di vigilanza, l’eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere per cui giustamente i giudici di merito, facendo corretta applicazione di tale principio, avevano rilevato che l’imputato avrebbe dovuto vigilare affinché il ponteggio fosse eseguito nel rispetto delle norme antinfortunistiche non assumendo alcun rilievo la circostanza che il giorno della posa in opera del manufatto egli non fosse presente in cantiere in quanto la sua predisposizione era prevedibile perché necessaria in relazione alle opere da eseguire.

tratto dal commento di Gerardo Porreca su Punto Sicuro


 

Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA
Data Udienza: 09/04/2015

Fatto

1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 26.3.2014, confermava la sentenza del Tribunale di Milano dell’8.5.2013 con cui G.G., Z.G. e P.F. erano stati condannati alla pena di mesi due di reclusione ciascuno, con i doppi benefici, per il reato di cui agli artt. 113 e 590 cod. pen. per aver cagionato a C.A., in conseguenza della caduta da un ponteggio dall’altezza di metri 2,55, lesioni personali consistite in frattura cranica e delle arcate zigomatiche nonché lussazione scapolo-omerale che avevano comportato una malattia durata più di 40 giorni.
A G.G., in qualità di datore di lavoro, era ascritto di aver omesso, in violazione dell’art. 92 D. Lvo n. 81/2008, di far eseguire il ponteggio con adeguati parapetti anticaduta e con piano di calpestio completo.
A Z.G., in qualità di responsabile dei lavori, era ascritto di aver omesso, in violazione dell’art. 93 D. Lvo n. 81/2008, di verificare l’adempimento, da parte dei coordinatori, degli obblighi di assicurare e di verificare il rispetto, da parte dell’impresa esecutrice, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro.
A P.F., in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori, era ascritto di aver omesso, in violazione dell’art. 92 D. Lvo n. 81/2008, di verificare la corretta applicazione, da parte dei lavoratori, del manufatto irregolarmente eretto.
Il fatto era stato commesso in Corsico il 4.2.2010.
Osservava la corte territoriale che l’infortunio si era verificato durante i lavori di costruzione di un muro, che avrebbe dovuto erigersi fino all’altezza di metri 3,5, all’interno di un capannone e che, prescrivendo le norme antinfortunistiche che per i lavori da eseguirsi in quota dovessero prevedersi idonei parapetti, era ravvisabile la responsabilità degli imputati, in relazione al ruolo da ciascuno svolto, tenuto conto che l’impalcatura sulla quale stava lavorando l’infortunato era risultata priva di adeguate protezioni onde prevenire il rischio di caduta dall’alto.
2. Avverso la sentenza della Corte d’Appello proponevano ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.
3. G.G. formulava tre motivi di doglianza.
3.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge per avere la corte territoriale ritenuto che le norme antinfortunistiche prevedessero che per ogni lavorazione da eseguirsi in quota sopraelevata da terra fosse necessario predisporre presidi anticaduta nel mentre l’art. 107 D. L.vo 81/2008, nel definire il rischio di caduta, prevedeva che esso esisteva se si verificava da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri da un piano stabile; nel caso di specie le lavorazioni da effettuare si ponevano all’altezza di metri 2.55 da terra ma il piano di calpestio era ad un livello inferiore ai due metri. Inconferente era, poi, il richiamo operato dai giudici di merito all’art. 29 dpr 164/56, che prevedeva per le sole passerelle, e non per i ponteggi, l’azione di parapetti o tavole fermapiede senza precisazione della quota di installazione delle stesse rispetto al suolo.
3.2. Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione in quanto i giudici di merito non avevano motivato in modo logico nel ritenere che egli non avesse conferito delega al preposto alla direzione del cantiere, C.V., tenuto conto che questi era responsabile della sicurezza indipendentemente dalla delega ed, in ogni caso, era pacificamente ammesso l’esercizio di fatto dei poteri delegati. Inoltre mancava la motivazione in ordine alla circostanza che il Gh. fosse consapevole dell’erezione del ponteggio.
3.3. Con il terzo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui era stata confermata la negazione della concessione delle attenuanti generiche.
4. Z.G. deduceva carenza ed illogicità della motivazione anche per travisamento della prova per non avere la corte territoriale tenuto conto delle deposizioni dei testi D.E., C.V., C.A. e H.S. da cui si sarebbe dovuto evincere che l’infortunato non stava eseguendo i lavori di erezione del muro quando era caduto dal ponteggio ma stava eseguendo il ponteggio stesso, il quale non era ancora completato. Inoltre la corte territoriale non aveva motivato in ordine alla posizione del capocantiere V.C., il quale era da considerarsi unico responsabile per il ponteggio posto in essere per l’esecuzione di lavori che non erano previsti e di cui, comunque, lo Z. non era a conoscenza. Si trattava, quindi, di un ponteggio fatto erigere da altri in modo non prevedibile da parte del direttore dei lavori.
5.P.F. svolgeva due motivi di ricorso.
5.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge per difetto di correlazione tra la contestazione e la sentenza in quanto a lui era stato ascritto di non aver adempiuto agli obblighi di coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori mentre nella sentenza era stato affermato che la violazione dei doveri era ravvisabile nella fase della progettazione delle opere.
5.2. Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione poiché l’art. 92 D. Lvo n. 81/2008 prevedeva che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori dovesse verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l’applicazione da parte dell’impresa esecutrice delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento mentre i giudici di merito non avevano considerato che il ponteggio di cui si tratta non era presente nel piano stesso e, dunque, la sua esecuzione non era prevista. Perciò, non essendo l’esecuzione del ponteggio prevista né prevedibile, si trattava di una azione abnorme che il P., nella sua qualità, non avrebbe potuto prevenire. Infine si sarebbe dovuto tener conto del fatto che la sua presenza in cantiere non poteva essere continua e che il giorno precedente, quando si era recato sul posto, il ponteggio non c’era né era possibile prevedere sarebbe stato eretto.

Diritto

6. Osserva la corte che il primo motivo di ricorso proposto da G.G. è infondato. Invero va considerato che l’art. 122 D. Lvo n. 81/2008, come modificato dall’art. 77 D. Lvo n. 106/2009, prevede che nei lavori in quota debbano essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente. Il legislatore ha, dunque, imposto una maggiore cautela rispetto a quella che era prevista prima della riforma effettuata ai sensi del D. Lvo n. 106/2009, la quale prevedeva che le cautele medesime dovessero essere adottate nei lavori che fossero eseguiti ad un’altezza superiore ai m 2. La norma si riferisce, dunque, a lavori non eseguiti ad altezza d’uomo, bensì ad un’altezza dal suolo – qualunque essa sia – che ne renda più difficile e rischiosa l’esecuzione, tanto da rendere necessario il ricorso a misure capaci di prevenire il rischio di cadute. Una modifica, quindi, che ha, in tale materia, ampliato i casi di ricorso alle opere provvisionali e a sistemi di protezione per lavori come quello che avrebbe dovuto eseguire il V.C. che, per completare l’erezione del muro fino all’altezza di metri 3,5 dal suolo, doveva necessariamente avvalersi di un ponteggio. Dunque, nel caso di specie, sono stati giustamente individuati, nella condotta dell’imputato, i profili di colpa espressamente contestata nel capo d’imputazione, giusta la regolazione applicabile ” ratione temporis”.
7. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.
Invero la corte territoriale ha legittimamente escluso la sussistenza della delega in materia di sicurezza da parte del Gh. al capocantiere C.V. non essendo sussistente alcuno dei requisiti che l’art. 16 D.Lvo n. 81/2008 prevede per il valido conferimento della delega, primo fra tutti che essa risulti da atto scritto recante data certa, e fermo restando che la delega di funzioni, quand’anche esistesse, non escluderebbe l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. Quanto al fatto che la corte d’appello non avrebbe fornito adeguata motivazione in ordine alla consapevolezza in capo al Gh. dell’erezione del ponteggio, si osserva che la sentenza impugnata da conto ampiamente del fatto che l’altezza del muro da costruire presupponeva la predisposizione del ponteggio, per il che al datore di lavoro era nota la circostanza.
8. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Invero per negare la concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, 16 giugno 2010, n. 34364, rv. 248244; Sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, rv. 230691).
Nel caso che occupa la corte territoriale ha dato esaustivamente conto delle ragioni a sostegno della negazione delle attenuanti generiche avendo rilevato che il precedente specifico denotava la reiterata colposa sottovalutazione dei rischi dei lavoratori.
9. In ordine al ricorso proposto da Z.G., si osserva che esso è manifestamente infondato laddove il ricorrente deduce carenza ed illogicità della motivazione anche per travisamento della prova per aver la corte territoriale ritenuto che i lavori, per l’esecuzione dei quali era stato eretto il ponteggio, fossero in corso di esecuzione. Invero va considerato che non dà luogo al vizio di travisamento della prova la scelta, ad opera del giudice, di un’interpretazione delle dichiarazioni testimoniali in luogo di altra e diversa interpretazione ( Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella, Rv. 245611) e le deposizioni dei testi D.E., C.V., C.A. e H.S., riportate dal ricorrente nel testo del ricorso, non convergono univocamente nel senso da lui voluto, ovvero che il ponteggio fosse in corso di allestimento e che i lavori murari non fossero iniziati. Inoltre va rilevato che la corte territoriale ha evidenziato come le fotografie raffiguranti lo stato dei luoghi mostrassero che sopra il ponteggio erano stati collocati mattoni ed un secchio di malta, il che lasciava logicamente intendere che i lavori erano in corso di esecuzione al momento della caduta dell’infortunato. Quanto al fatto che lo Z., pur essendo responsabile dei lavori, non sarebbe stato al corrente dell’erezione del ponteggio che costituiva attività imprevista ed imprevedibile, valgono le considerazioni svolte con riguardo al secondo motivo di ricorso svolto da G.G..
10. Con riguardo al primo motivo ricorso svolto da P.F., si osserva che esso è infondato in quanto la corte territoriale ha ravvisato la responsabilità dell’imputato per non aver adempiuto agli obblighi di coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori predisponendo le misure di sicurezza e controllando in modo continuo ed effettivo l’osservanza delle misure predisposte, per il che non si comprende su quali elementi il ricorrente fondi il dedotto difetto di correlazione tra la sentenza e l’imputazione.
11. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. Invero la Corte d’Appello, richiamando un principio affermato dalla corte di legittimità, ha dato conto del fatto che i titolari della posizione di garanzia debbono non solo istruire i lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte ed alla necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma debbono altresì predisporre e controllare in modo continuo ed effettivo la concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, nonché controllare il corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro ed il processo stesso di lavorazione, derivandone che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve verificare, attraverso una attenta e costante opera di vigilanza, l’eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere (Sez. 4, n. 46820 del 26/10/2011, Di Gloria ed altri, Rv. 252139 ).
Facendo corretta applicazione di tale principio i giudici di merito hanno rilevato che il P. avrebbe dovuto vigilare affinché il ponteggio fosse eseguito nel rispetto delle norme antinfortunistiche mentre non assumeva rilievo la circostanza che il giorno della posa in opera del manufatto egli non fosse presente in cantiere, essendo prevedibile, perché necessaria in relazione alle opere da eseguire, la predisposizione di esso. Ed ha correttamente rilevato la corte di merito come ulteriore origine di responsabilità fosse proprio la omissione della previsione del ponteggio nel POS.
I ricorsi vanno, dunque, rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 9.4.2014.

Lascia un commento