Cassazione Penale, Sez. 4, ud. 20 aprile 2016 (dep. maggio 2016), n. 19208

Caduta dall’alto dell’operaio. Quando il cantiere deve considerarsi concluso.


Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 20/04/2016

Fatto

1. Con sentenza n. 104/15 del 16/06/2015, del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Larino, ai sensi dell’art. 425, comma 3, c.p.p., dichiarava non luogo a procedere nei confronti di L.N. e P.A. per non aver commesso il fatto loro contestato e relativo al reato di cui all’art.589, comma 2, c.p..
2. Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Campobasso nonché, a mezzo dei propri difensori, le parti civili Omissis, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.) vizi motivazionali in relazione alle posizioni dei due prosciolti. Deducono che il cantiere, al momento del sinistro, non poteva assolutamente dirsi chiuso, come acriticamente sostenuto in sentenza, in quanto erano in corso una serie di attività – ad esempio lo “scassero” delle forme utilizzate per i pilastri di cemento armato- benché i lavori di carpenteria, questi sì, fossero stati ultimati. Affermano che il primo Giudice cadeva in palese contraddizione allorché richiamava la decisione del Supremo Collegio del 27 gennaio 2015 (Cassazione, Sezione IV, numero 3809) posto che con tale decisione la Corte affermava un principio, fondamentale in materia di permanenza delle cosiddette “posizioni di garanzia”, in virtù del quale la legge non autorizza a ritenere concluso un cantiere soltanto perché sono terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle attività che sono allo stesso funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavori – legata al coordinamento delle diverse funzioni lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell’opera – ancorché le mansioni edilizie in senso stretto siano state ultimate in un momento antecedente e siffatto principio, tuttavia, veniva completamente eluso dal GUP di Larino. Sostengono che secondo il D.Lgs. 81/2008, il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, al termine dei lavori, previo accordo con il direttore dei lavori committente e/o responsabile dei lavori, redige il verbale di fine opere di sua competenza e lo sottopone alla firma del committente e/o al responsabile dei lavori ed all’impresa affidataria; tale verbale è da qualificare quale conclusione dell’incarico ma in atti e nella pronuncia impugnata non si riscontrava la presenza di siffatta documentazione. Rimarcano, infine, che l’ultimo sopralluogo eseguito dal P.A. risale al 19 giugno 2012, mentre alla data del 26 giugno 2012, giorno dell’incidente, erano ancora in atto le fasi di cantiere, tanto è vero che l’operaio S.A. – proprio in quel giorno- precipitava al suolo mentre il L.N., da parte sua, ometteva di accertarsi della presenza sul cantiere, durante tale fase, del coimputato P.A..
2.1. In data 02/04/2016 l’imputato L.N., a mezzo del proprio difensore, ha depositato memoria difensiva con la quale si insiste per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi o, quantomeno, per il rigetto dei medesimi.

Diritto

3. I motivi dei ricorsi sono fondati nei limiti e termini di cui appresso.
4. Occorre premettere che, come ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., l’insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova che legittima l’emanazione di sentenza di proscioglimento da parte dei Giudice dell’udienza preliminare ha quale parametro di riferimento la prognosi di inutilità del dibattimento, mentre deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative o aperte. In altre parole, il GUP, a fronte di elementi di prova in parte favorevoli all’imputato, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio sicuro (si sottolinea: sicuro) di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell’acquisizione di nuove prove o di una diversa valutazione degli elementi in atti. È, perciò necessario che non esista alcuna prevedibile possibilità che il dibattimento possa giungere ad un esito diverso da quello dell’innocenza dell’imputato (sez. 4, n.13922 del 08/03/2012; sez. 2, n. 30899 del 17/06/2014).
5. Ciò premesso, si osserva che, nel caso di specie, il Giudice non ha correttamente motivato in ordine alle condizioni stabilite dall’art. 425 c.p.p. per addivenire legittimamente ad una pronuncia di non luogo a procedere, nel merito della vicenda, nei confronti degli imputati. In particolare, il GUP ha sostanzialmente fornito un giudizio di non attribuibilità di colpa ai prevenuti per i comportamenti tenuti nell’occorso, senza sottolineare, invece, adeguatamente le ragioni per cui il successivo giudizio dibattimentale non potesse consentire ulteriori approfondimenti tecnici e soprattutto diverse valutazioni dell’accadimento.
5.1. Per contro, la vicenda, nella sua delicatezza e peculiarità allo stato delle indagini, presenta sicuramente possibilità di lettura alternativa rispetto a quella esposta dal Giudice, come del resto manifestato dal consulente tecnico del p.m. (ing. Omissis), il quale ha comunque rappresentato la verosimile sussistenza del nesso di causalità tra la condotta, colpevole, degli imputati L.N. e P.A. e l’evento. Quanto al primo si evidenziava che lo stesso aveva omesso di verificare l’adempimento, da parte del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, degli obblighi relativi all’applicazione delle disposizioni sulla sicurezza previste dal Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), ed, in particolare, di vigilare sulla presenza del Coordinatore in cantiere e, inoltre, non avrebbe assolto ad alcune rilevanti incombenze: a) non avrebbe verificato la validità temporale del Documento Ufficiale di Regolarità Contributiva dell’impresa affidataria “Oro Costruzioni srl “, allegata alla comunicazione d’inizio lavori; non avrebbe eccepito alcunché sulla validità del contratto di subappalto intercorso tra la suddetta e la “Edilizia Ventinove srl”, sebbene lo stesso ne avesse avuto la contezza per averlo preventivamente autorizzato, in quanto viziato, nella sua genesi, dalla mancata specificazione dei costi relativi alla sicurezza ex art. 26, comma 5, D.Lgs. 81/08, come tale, quindi, da ritenersi nullo ai sensi dell’art.1418 del codice civile, quindi improduttivo di effetti ab origine. Quanto al secondo si evidenziava che, oltre ad essere stato autore di incoerenze su taluni dati inseriti nell’iter procedimentale della gara di appalto, aveva omesso di ottemperare alle incombenze a lui prescritte dall’articolo 92, comma 1, D.Lgs. 81/08.
6. Mette conto, ancora, ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione dei lavori risalgono all’entrata in vigore del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) – nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili- a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall’altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nel D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, art. 5, ed attualmente trasfuso nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni cautelari e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
6.1. Ed è proprio in relazione al primario compito di coordinamento delle attività di più imprese nell’ambito di un medesimo cantiere, normativamente attribuito a tale figura professionale, che deve trovare fondamento la definizione della sua posizione di garanzia nel cantiere temporaneo o mobile come positivizzata nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, comma 1, lett. a). Secondo tale norma, per cantiere temporaneo o mobile s’intende qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile, ossia qualunque luogo in cui si effettuano lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento; la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.
6.2. Come è evidente, la lettera della legge non autorizza a ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione e del committente, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in cui si eseguono lavori edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell’opera, ancorché i lavori edili in senso stretto siano stati terminati in un momento antecedente.
6.3. Ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione e del committente non può essere tanto il mancato completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di ingegneria civile propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di lavorazione proprie dell’attività di cantiere nel suo complesso. L’esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in ragione del tipo di attività che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è sufficiente a definire anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere, diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche successive ai lavori edili o di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo ed alla consegna dell’opera (cfr. sez. 4, n. 3809del 07/01/2015).
6.4. Tanto vieppiù vale se si considera che non vi era stata (e comunque non ve n’è traccia agli atti) alcuna rituale comunicazione di fine lavori alla committente da parte dell’impresa affidataria.
7. Quanto sopra osservato comporta l’erroneità della formula di proscioglimento adottata. La vicenda, invero, impone, in sede di udienza preliminare, una delibazione complessiva più esaustiva del fatto materiale e del comportamento dei singoli indagati, sempre nella prospettiva di formulare una corretta prognosi di possibile evoluzione del materiale probatorio in sede dibattimentale sia di per sé come entità di elementi di prova ancora acquisibili ovvero come possibilità di rivalutazione degli elementi già in atti.
7.1. Pertanto, la sentenza impugnata, viziata nella motivazione presentante elementi di illegittimità ed inadeguatezza in relazione alla natura della decisione conclusiva dell’udienza preliminare, va annullata nei confronti di L.N. e P.A. e il procedimento va rinviato al Tribunale di Larino per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Larino per nuovo esame.
Così deciso il 20/04/2016

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