Infortunio mortale durante un lavoro boschivo di sramatura. Mancata valutazione del rischio specifico.
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE
Data Udienza: 12/06/2015
Fatto
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 17/4/2014, in parziale riforma della sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Belluno l’11/2/2013, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti, ridusse la pena inflitta a P.R.M., giudicato responsabile del delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme poste a protezione della sicurezza sul lavoro ai danni di C.F.M..
In particolare si rimproverava all’imputato, quale titolare dell’omonima impresa individuale, per colpa generica e violazione degli artt. 2087, cod. civ, 18, 28, 29 e 37 del d.lgs. n. 81/08, di avere fatto eseguire al C.F.M. (con soli 14 giorni di esperienza lavorativa) lavori boschivi di sramatura in zona montana con pendenza dal 5 al 15%, non formandolo ed informandolo adeguatamente sul rischio derivante dal rotolamento dei tronchi tagliati, da uno dei quali venne schiacciato, causandone la morte immediata.
2. L’imputato ricorre per cassazione con atto corredato da articolata, unitaria censura.
Assume il ricorrente che la Corte di merito era incorsa in violazione di legge e vizio motivazionale in relazione ai profili di cui appresso.
a) Il fatto era stato causato da una malaccorta posizione della vittima, la quale si era posta a valle, piuttosto che a monte del tronco tagliato, nel mentre, siccome aveva di già affermato il Tribunale, al P.R.M. non potevasi addebitare omessa formazione e informazione dell’operaio, essendo rimasto provato che una tale attività era stata regolarmente effettuata.
b) La sentenza aveva contraddittoriamente attribuito all’imputato l’omessa valutazione del rischio specifico da rotolamento e, tuttavia, ove il giovane operaio si fosse mantenuto a monte, così come gli era stato insegnato, nonostante il rotolamento, il sinistro non si sarebbe registrato.
c) La Corte di merito era incorsa in una ulteriore contraddizione laddove aveva richiamato il difetto formativo in relazione alla scarsa esperienza lavorativa della vittima, nonostante avesse attribuito l’evento all’omessa valutazione del rischio.
d) L’operaio non era intento a sramare il tronco, già reciso, che poi ebbe a rotolare schiacciandolo.
e) Infine, il ricorrente si duole della misura del rimborso delle spese legali in favore delle parti civili, giudicata eccessiva e non parametrata all’effettiva attività svolta dalla difesa delle predette parti.
3. Le parti civili, con memoria pervenuta il 5/6/2015, insistevano perché la sentenza venisse confermata.
Diritto
4. Il ricorso è destituito di giuridico fondamento.
4.1. L’omessa valutazione del rischio specifico è indubbiamente rimasta provata.
Dalla sentenza d’appello, sul punto rimasta incontroversa, si ricava che la giovane vittima, non solo era quasi del tutto priva di esperienza, ma si era anche dimostrata, nel breve periodo durante il quale aveva svolto l’attività lavorativa, anche scarsamente in grado di sottrarsi al rischio specifico derivante dai compiti lavorativi assegnatigli (assunta il 3/1/2011, il giorno 10/1/2011 era incorsa in un serio infortunio, essendosi procurata una ferita alla mano con la motosega e tornata al lavoro l’1/2/2011, il giorno dieci successivo era incorsa nell’infortunio mortale qui in esame).
La circostanza che il C.F.M. fosse stato affiancato all’operaio autonomo DC.R., esperto boscaiolo, proprio per le modalità concrete che caratterizzarono lo svolgimento dell’attività lavorativa, rende palese la sottovalutazione del rischio specifico. La vittima, infatti, lasciata ad operare da sola (il DC.R., sopragiunse solo dopo, quando s’accorse che il giovane non rispondeva ai suoi richiami), in un contesto a specifica ed elevata pericolosità, sia che abbia inavvertitamente spinto il pesante e lungo segmento di tronco (in precedenza facente parte di un albero tagliato dal DC.R.), intento all’opera di ripulitura dei rami, o che vi abbia urtato, o ancora, che camminandovi sopra lo abbia messo in movimento (peraltro il predetto segmento era stato collocato in una posizione di quiete precaria, appoggiato com’era a dei gracili rami, che lo bloccavano al terreno scosceso), quel che è certo è che il C.F.M. non operò all’interno di uno standard operativo di sicurezza, frutto di una adeguata valutazione del rischio specifico, specie in relazione alla più che evidente inesperienza ed imperizia della giovane vittima.
4.2. La censura afferente la misura del rimborso delle spese legali è inammissibile per mancanza di concretezza e specificità, non avendo il ricorrente individuato quali parametri siano stati eccessivamente valorizzati nella stima, né, tantomeno, i concreti elementi sulla base in relazione ai quali possa affermarsi la illogicità del computo.
5. All’epilogo consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese legali affrontate dalle parti civili per questo giudizio di cassazione, nella misura, stimata equa di cui in dispositivo, vista la depositata notula.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili per questo giudizio di cassazione liquidate in €. 3.000,00 oltre accessori secondo legge.