Repertorio Salute

Cassazione Penale, Sez. 4, udienza 14 aprile 2015, n. 35519

Crollo del muro in corso di demolizione. Responsabilità e posizioni di garanzia.


 

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ESPOSITO LUCIA
Data Udienza: 14/04/2015

Fatto

l. Il 6/3/2007 C.V., dipendente della ditta EDIL. ART., di cui era amministratrice T.R., subiva un grave infortunio sul lavoro all’interno del cantiere edile relativo a un immobile di proprietà di V.A., committente dei lavori. Al momento dell’infortunio operavano nel cantiere, oltre al C.V., due dipendenti della Al. Vin., di cui era amministratore L.A.. Direttore dei lavori era M.L.. I lavori assentiti consistevano nella demolizione del tetto di copertura e dei solai, con ricostruzione degli stessi poggianti su nuovi pilastri in cemento armato e consolidamento delle strutture portanti. Nel progetto era prevista pertanto la conservazione dei muri perimetrali, ancorché l’incarico effettivamente affidato riguardasse la demolizione integrale dell’edificio al fine di una successiva ricostruzione, come era anche dimostrato dal fatto che la Al.vin. fosse una ditta di demolizioni. Dall’istruttoria era emerso che le ditte Edil Art e Al.vin. lavoravano in modo promiscuo, avevano la stessa sede e venivano dirette in modo congiunto, in quanto i due titolari erano coniugi.
2.Dall’istruttoria era emerso, altresì, che la persona offesa aveva il compito di stazionare all’interno del cantiere su una soletta ai piedi del muro in demolizione e raccogliere i mattoni che altri due muratori buttavano giù dal muro, porli sulla benna posizionata presso la soletta e caricare con la benna il camion, quindi portare i mattoni presso la ditta Edil. Art. Era accaduto che la soletta su cui si trovava il C.V. era crollata e così il muro in corso di demolizione, tanto che il lavoratore si era trovato sepolto dalle maceric.
3. Ai predetti, nelle indicate qualità (e, specificamente, al L.A. anche nella qualità di dirigente di fatto del cantiere), erano contestati il reato di cui all’art. 590, c. 1, 2, 3 e 5 c.p., nonché il reato di cui all’art. 449 in relazione all’art. 434 c.p.; al V.A. e al M.L. anche quello di cui agli artt. 110, 640 c. 2 n. 1 c.p.
4. In relazione al reato di lesioni colpose, agli imputati era addebitato di aver omesso di nominare il coordinatore per la fase della progettazione e il coordinatore per la fase dell’esecuzione dei lavori (V.A. e M.L.), di non aver provveduto alla valutazione dei rischi propri dell’attività da svolgere presso il cantiere e alla redazione del Piano Operativo di sicurezza (T.R.), di non aver adeguatamente valutato nel piano operativo di sicurezza redatto da Al.Vin s.r.l. i rischi specifici connessi alle lavorazioni (L.A.), tutti di non aver adottato le misure di prevenzione e di protezione necessarie per la sicurezza e per la salute dei lavoratori e precisamente le opere di rafforzamento e puntellamelo necessarie a evitare che durante la demolizione si verificassero crolli.
5. Il giudice di primo grado assolveva gli imputati dal reato di cui all’art. 640 c.p., dichiarava tutti gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti e li condannava al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Con specifico riferimento alla posizione della T.R., datore di lavoro dell’infortunato, l’addebito di colpa era ravvisato nella violazione delle norme di sicurezza, poiché costei aveva permesso che un lavoratore si recasse a svolgere un’attività lavorativa senza informazione preventiva sui rischi specifici che avrebbe incontrato e in mancanza di Piano di Sicurezza. La mancata valutazione dei rischi era poi ritenuta addebitabile al L.A., avendo costui condotto con sé un lavoratore esterno alla ditta senza curare di esaminare i rischi insiti nell’attività di demolizione in quella struttura. Nei confronti di tutti gli imputati era stato riconosciuto l’addebito di colpa per aver omesso di verificare che la demolizione avvenisse a regola d’arte; che venissero poste e mantenute opere di puntellamelo e controventature, atte a evitare il crollo di vaste porzioni di muratura; che fossero predisposte le più ovvie cautele in caso di lavori nell’edilizia, quali parapetti sulla soletta e dispositivi di protezione personali. Rilevavano i giudici di merito che la responsabilità maggiore era da attribuire al L.A. e al M.L., i quali avevano il compito, uno come capo dell’impresa esecutrice, l’altro come direttore dei lavori, di assicurare l’adozione di misure idonee a garantire la sicurezza sul cantierc.
6.La Corte d’Appello, adita a seguito d’impugnazione degli imputati, dichiarava non doversi procedere nei confronti di tutti gli appellanti in relazione al reato di cui all’art. 449 c.p., perché lo stesso, qualificato come violazione dell’art. 676 c.p., era estinto per prescrizionc. Rideterminava, pertanto, le pene inflitte e confermava nel resto la sentenza impugnata.
7.Avverso la suddetta sentenza propongono ricorso per cassazione il L.A. e la T.R..
8.La T.R. deduce violazione dell’art. 606 c. 1 lett. E) cp.p. in relazione all’art. 546 c. 1 lett. E) cp.p. per omessa indicazione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata. Osserva che la condotta a lei riferibile è assolutamente marginale rispetto ai fatti. Denuncia omessa indicazione dei motivi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione con riferimento, in particolare, all’obbligo giuridico dell’Edil Art di nominare il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione e far redigere il Piano Generale di sicurezza e coordinamento, poiché il progettista direttore dei lavori aveva ritenuto l’assenza di tale obbligo stante la natura dell’opera, e alla modificazione unilaterale da parte della committenza degli interventi in cantiere da ristrutturazione a demolizionc.
9. Deduce, ancora, violazione dell’art. 606 c. 1 lett. E) c.p.p. in relazione agli artt. 132 e 133 c.p. e 546 lett. e) c.p.p. ai fini della determinazione della pena. Rileva che non è dato desumere il criterio utilizzato per stabilire il quantum della pena
10.11 L.A. deduce, a sua volta, violazione dell’art. 606 c. 1 lett. E) c.p.p. in relazione all’art. 546 c. 1 lett. E) c.p.p. per omessa indicazione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, in correlazione con la mancata indicazione delle prove poste a fondamento delle decisionc. Osserva che in sede d’istruttoria dibattimentale era emerso che era stato presentato da parte della ALVIN un Piano Operativo di Sicurezza al fine di valutare i rischi dell’opera; era emerso, altresì, che l’intervento della Alvin s.r.l. nel cantiere e la partecipazione di Edil Art non era un artifizio o una sovrapposizione meramente formale diretta a coprire l’intervento di un’impresa; che, inoltre, vi era stata assenza di controllo da parte del direttore dei lavori e del committente, soprattutto nel fornire le opportune informazioni tecniche in merito alle caratteristiche della struttura. Osserva che avere la qualifica di direttore dei lavori all’interno di un piccolo cantiere con la compresenza di altre ditte non equivale ad avere una etero direzione di queste ultime, ma solo un coordinamento tra lavorazioni appaltate e subappaltate coincidenti temporalmente e per le quali la stessa committenza e lo stesso progettista Direttore dei lavori a cui spettava l’attività di coordinamento avevano ritenuto di non dover elaborare un Piano Generale di Sicurezza. Osserva che assolutamente privo di motivazione e riscontri era l’assunto della Corte che dava per scontata la conoscenza da parte del L.A. e della T.R. della scelta del proprietario, in accordo con il direttore dei lavori, di trasformare le indicazioni originarie da ristrutturazione a demolizione dell’edificio, traendosi la responsabilità dell’imputato da un elemento presunto e non pacifico, quale la circostanza che la ditta cui lo stesso faceva capo si occupasse professionalmente di demolizioni.
11. Deduce, inoltre, violazione dell’art. 606 c. 1 lett. E) c.p.p. il relazione agli artt. 132 e 133 c.p. e 546 lett. e) c.p.p. ai fini della determinazione della pena. Osserva che il ricorrente ha richiesto in sede d’appello l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., senza che la Corte territoriale abbia espresso valutazione alcuna sul punto. Sotto il profilo del quantum si rileva che non è dato desumere il criterio utilizzato per stabilire l’entità della pena. Osserva che la violazione è ancor più evidente ove si consideri che nella sentenza di primo grado la pena di un anno e mesi dieci di reclusione veniva determinata con la continuazione partendo dal reato ritenuto più grave di cui all’art. 449 c.p., aumentato per il concorso.

Diritto

1.Preliminarmente nei confronti degli imputati va pronunciata declaratoria di estinzione del reato loro ascritto, essendo decorso il termine prescrizionale di sette anni e mezzo dalla data dell’evento (6/3/2007), pur tenuto conto della sospensione conseguente al rinvio per impedimento dell’imputato disposto all’udienza dell’I 1/3/2011 per l’udienza del 4/5/2011. Esclusa, dunque, l’applicabilità dell’art. 129 del codice di rito – ed essendo stata confermata nei confronti degli imputati, con la sentenza oggetto dei ricorsi, la condanna al risarcimento dei danni cagionati dal reato – la declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione comporta la necessità di esaminare le doglianze dei ricorrenti ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili (art. 578 c.p.p.), restando assorbite nella pronuncia di estinzione del reato tutte le doglianze di rilievo penalistico.
2. Ciò posto, e passando all’esame delle censure inerenti alla responsabilità degli imputati, rilevanti ai fini civilistici, va preliminarmente rilevato che i giudici, di primo e secondo grado, hanno dato atto con motivazione adeguata della circostanza che sul luogo dell’incidente si stessero compiendo lavori di demolizione piuttosto che di ristrutturazione, ciò desumendo dagli esiti dell’esame delle deposizioni dei testi, riscontrati dallo stato dei luoghi al momento del sinistro nel cantiere, dove due dei quattro muri perimetrali risultavano demoliti mentre uno, quello crollato, era in corso di demolizione, talché restava in piedi solo il quarto muro, costituente a sua volta muro perimetrale di altra abitazionc. A fronte di tali circostanze di rilevanza probatoria inconfutabile integra elemento meramente confermativo il fatto che la ditta Alvin che operava nel cantiere si occupasse specificamente di demolizioni. D’altra parte, anche le stesse modalità dell’infortunio, dovuto al crollo di un muro, nonché la circostanza che il ponteggio non fosse appoggiato alla struttura, depongono in tal senso.
3.L’accertata natura dei lavori in corso costituisce premessa di ogni considerazione in punto di responsabilità degli imputati, in ragione della connotazione dei presidi di sicurezza richiesti, in relazione ai rischi di crollo insiti nelle operazioni edili in corso.
4.Sulla base delle premesse enunciate, si evidenziano, pertanto, i presupposti per il rigetto del primo motivo di ricorso proposto dalla T.R.. Ed invero correttamente la posizione dell’imputata è stata ritenuta non marginale rispetto all’accaduto, in ragione del ruolo di datore di lavoro da lei rivestito e dei conseguenti obblighi primari in materia di sicurezza sul lavoro sulla stessa gravanti nei confronti dei dipendenti, quale garante primario della loro incolumità. La responsabilità dell’imputata, pertanto, si evidenzia non solo per le carenze inerenti agli specifici adempimenti riguardanti la redazione del piano di sicurezza, ma anche, e con maggiore evidenza, in relazione alla circostanza che nel cantiere mancavano i più elementari presidi di protezione necessari per le lavorazioni di fatto in corso.
5. In ordine alla posizione del L.A., rileva la Corte che i presupposti della responsabilità del medesimo sono stati correttamente ravvisati in relazione alla mancata adozione da parte sua delle misure di prevenzione e protezione di cui alla l. 494/96. Come è stato messo in luce nelle sentenze di merito, la presenza dell’imputato sul cantiere immediatamente prima dell’evento evidenzia in capo al medesimo le carenze derivanti dall’aver omesso di curare la predisposizione delle più elementari cautele previste in caso di lavori del tipo di quelli in corso. Prescindendo, infatti, dall’intreccio tra le attività delle due ditte operanti sul cantiere e dei lavori compiuti in promiscuità tra le stesse, nonché dalla mancanza di un Piano Operativo di Sicurezza al fine di valutare i rischi dell’opera, tutte circostanze pure rilevanti ai fini del giudizio di responsabilità e correttamente evidenziate dai giudici del merito, balza evidente la posizione di garanzia gravante sull’imputato in ragione del rapporto di fatto con le maestranze operanti in loco. La Corte territoriale, invero, con argomentazione ineccepibile, ha posto in evidenza come il L.A., gestendo di fatto i lavoratori propri e della Edil Art nel cantiere, abbia assunto nei confronti del C.V. una posizione di garanzia per la direzione dei lavori in concreto svolta.
6.Le argomentazioni svolte valgono a fondare la conferma delle statuizioni civili della sentenza impugnata, rimanendo assorbite nella declaratoria di estinzione del reato le censure in punto di determinazione della pena.

P. Q. M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata ai fini penali perché i reati ascritti agli imputati sono estinti per prescrizionc.
Rigetta i ricorsi ai fini civili.
Così deciso in Roma il 14/4/2015

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