Falsa testimonianza in un processo per omicidio colposo e contravvenzioni in materia di prevenzione infortuni sul lavoro.
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO
Data Udienza: 16/06/2015
FattoDiritto
1. C.S. ha proposto, tramite il suo difensore, ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 15-1-2013, la Corte di Appello di Ancona ha confermato la condanna alla pena (condizionalmente sospesa) di anni due di reclusione per il reato di cui all’art. 372 c.p., a lui ascritto al capo A) della rubrica, per avere (deponendo quale testimone in un processo per omicidio colposo e contravvenzioni in materia di prevenzione infortuni sul lavoro in relazione alla morte di una bambina di otto anni) affermato il falso, dicendo alla udienza del 19-11-05 di avere provveduto a chiudere personalmente il cantiere in cui era morta la bimba precipitando dalle scale prive di protezione e di avere lasciati installati nel cantiere tutti gli intavolati e le opere a protezione delle scale stesse (“come una ringhiera”), ribadendo tali affermazioni all’udienza dell’1-12-08 e tacendo in entrambe le circostanze elementi a sua conoscenza in ordine alle modalità di chiusura del cantiere. Il ricorrente deduce in primo luogo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità, sostenendo che i Giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato una serie di risultanze che deponevano in senso nettamente contrario alla sua condanna. In particolare, la Corte di Appello non avrebbe considerato:
• che tutti i testimoni chiamati a riferire sullo stato dei luoghi tra il giugno 2001 ed il novembre 2001 avevano dichiarato di avere visto la porta del cantiere chiusa;
• che esso C.S. aveva dichiarato di avere chiuso personalmente la porta nel giugno 2001, e cioè cinque mesi prima dell’evento luttuoso;
• che la porta era invece risultata aperta nel novembre 2001, e cioè cinque mesi dopo che l’impresa aveva riconsegnato il cantiere ai proprietari;
• che le foto scattate sul luogo avevano chiaramente evidenziato che dalla data della riconsegna si erano verificati svariati accessi e frequentazioni clandestine del cantiere;
• che la mancanza di lucchetto e di catena alla porta principale non dimostrava alcunché, posto che esso C.S. aveva riferito di avere comunque provveduto a sbarrare l’accesso dall’interno;
• che non vi era movente alcuno in capo ad esso C.S. per giustificare la falsa testimonianza.
2 .-. Il ricorso è fondato.
La Corte di Appello di Ancona ha ritenuto la testimonianza del C.S. inconciliabile con lo stato dei luoghi riscontrato subito dopo il sinistro e con eventuali immutazioni medio termine. In particolare, i Giudici di merito hanno osservato che in base alle dichiarazioni del m.llo C. e dei minori escussi in dibattimento doveva ritenersi accertato, contrariamente a quanto riferito dall’imputato, che il portoncino non presentava alcuna forma di chiusura dall’esterno ed era apribile senza particolari sforzi superando l’attrito con il massetto, che l’accesso dell’immobile non era impedito e che all’interno del cantiere non vi era traccia di tavole e puntelli, tanto meno a protezione della rampa. D’altra parte, secondo la Corte Distrettuale non era stata fornita prova alcuna dell’ingresso di altre ditte nel cantiere medio termine. In definitiva, lo sbarramento del portoncino di ingresso se fosse stato eseguito dal C.S. nei termini da lui riferiti avrebbe comportato, in caso di intrusione di estranei, evidenti manomissioni, effrazioni e sfondamenti che non erano stati né riscontrati né riferiti dai testimoni. Ne derivava la falsità della deposizione del C.S. dettata dall’intento di scagionare i responsabili della ditta in riferimento al sinistro.
Con questa laconica motivazione, la Corte Distrettuale non ha, però, dato risposta ai rilievi formulati dal difensore dell’imputato, con particolare riferimento all’accertato periodo di tempo di circa cinque mesi intercorso tra la chiusura del cantiere e l’evento luttuoso, ai sicuri accessi clandestini sul luogo documentati anche dalle fotografie in atti ed alla assenza di movente in capo al C.S..
Si tratta di elementi di rilievo, in quanto il lungo lasso di tempo e le incursioni di estranei potrebbero rendere conciliabili i riferimenti del ricorrente con lo stato dei luoghi al momento del fatto.
Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata per una nuova e più approfondita motivazione dei Giudici di merito sui punti suindicati e gli atti vanno rinviati per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia. Roma, 16-6-2015.