Come favorire la gestione degli eventi critici nei luoghi di lavoro

di Massimo Mignani
Componente del Comitato Scientifico AiFOS
Fonte: Punto Sicuro

Un approfondimento sulla gestione degli eventi critici nei luoghi di lavoro. La valutazione della criticità, l’atteggiamento proattivo, la comunicazione e la motivazione.

LE SITUAZIONI CRITICHE

La criticità di un evento è determinata da un segnale del contesto operativo che viene percepito non in linea con le aspettative di funzionamento normale dell’attività operativa dell’organizzazione.

La percezione della criticità di un evento è in larga parte oggettiva, basata sul livello di  scostamento tra i dati previsti ed attesi in una certa situazione operativa e quelli ricevuti/rilevati dai segnali generati dall’evento critico.

Su questa base oggettiva si innestano percezioni personalizzate sul livello e la gravità dell’evento critico che possono variare da persona a persona in relazione alle diverse componenti individuali che intervengono nella valutazione di un evento critico: esperienze, caratteristiche personali, valori e motivazioni.

Esperienze

Esperienza: “Conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà;  la percezione degli oggetti e dei fatti a noi esterni; somma delle cognizioni acquisite con l’osservazione e il contatto diretto della vita nei suoi molteplici aspetti.”

Ogni persona gestisce le esperienze attraverso la memorizzazione degli elementi conoscitivi che l’hanno caratterizzata, la memorizzazione di lungo termine che rende una singola esperienza  accessibile nel tempo è legata al livello emotivo determinato da quella specifica esperienza, più è elevato maggiore sarà la durata e la rapidità di emersione del ricordo.

Questo meccanismo si applica anche alle competenze acquisite in fase di addestramento e formazione che hanno maggiore probabilità di essere memorizzate ed utilizzate se acquisite con modalità coinvolgenti e collegate ai bisogni ed alle aspettative dei discenti e legate alla loro realtà operativa.

Il livello di emozione legato ad un’esperienza è determinato dalle caratteristiche dell’esperienza e dalla percezione individuale del risultato ottenuto positivo o negativo che sia.

Pertanto le esperienze che il nostro cervello ci propone con più forza, in relazione ad un evento critico, sono quelle collegate alle nostre competenze consolidate o caratterizzate da un risultato positivo (da ripetere) o negativo (da evitare).

Caratteristiche personali

Il complesso delle doti individuali e delle disposizioni psichiche che distinguono una personalità umana dall’altra, e che si manifesta soprattutto nel comportamento sociale, nella disposizione affettiva dominante, nell’umore abituale che contraddistinguono una persona dagli altri.

Gli elementi più significativi sono:

  • filtri percettivi: definiscono la maggiore o minore attenzione con cui acquisiamo le varie informazioni che ci arrivano dal nostro contesto e che determinano la diversa percezione che ognuno ha della realtà in cui opera;
  • stile relazionale e di comunicazione: è l’insieme delle modalità (non verbali, paraverbali e verbali) che caratterizzano l’approccio individuale abituale ai nostri interlocutori;
  • aspettative di interazione: esprimono i bisogni primari di riconoscimento di ognuno nelle interazioni con il proprio contesto nelle diverse realtà in cui il singolo opera;
  • modalità di risposta agli stimoli stressanti: sono i comportamenti disfunzionali che ognuno rischia di agire se non riesce a gestire gli stimoli potenzialmente stressanti (percezione di: relazioni negative, non riconoscimento dei bisogni primari, non accettazione di sé da parte del contesto, difficoltà di comunicazione).

L’insieme di questi elementi si consolida intorno ai 7 anni con limitati cambiamenti per il resto della vita; l’utilizzo consolidato nel tempo di questo mix di caratteristiche, di cui talvolta il singolo non è consapevole, genera la convinzione, peraltro erronea, che porta ognuno ad affermare “sono fatto così”.

Valori 

Un valore è una concezione del desiderabile, esplicita o implicita, distintiva di un individuo o caratteristica di un gruppo, che influenza l’ azione operando una selezione tra i modi, i mezzi e i fini disponibili.

Un valore è il principio generale in base al quale approviamo o disapproviamo una certa azione e quindi il sistema dei valori individuali e del gruppo  rappresenta il “filtro” che seleziona le azioni accettabili rispetto a quelle che non lo sono.

Motivazioni

La motivazione può essere definita come la spinta interiore che porta l’individuo ad applicarsi con impegno nelle sue attività, una sorta di forza interna che stimola, regola e sostiene le principali azioni compiute dalla persona influenzando ed orientando i nostri comportamenti.

La motivazione è intrinseca all’individuo e non può essere indotta dall’esterno, ma solo a  sollecitarla o, al più, ad alimentarla; non esistono persone demotivate, la domanda non è: è motivato? Ma piuttosto: da che cosa è motivato? Quindi non si può giudicare la motivazione degli altri, ma la si può conoscere e capire per orientare le energie del gruppo verso i risultati attesi.

La motivazione delle persone cambia nel tempo, in relazione ai cambiamenti personali, al processo di apprendimento, ai cambiamenti dell’ambiente.

Queste diversità individuali determinano percezioni diverse rispetto all’evento critico, ma soprattutto possono influenzare ed orientare i comportamenti da agire in risposta agli stimoli determinati dall’evento critico.

LE ESPERIENZE 

L’analisi svolta sulle esperienze di gestione di situazioni critiche di diversa natura e complessità effettuata con il metodo del critical incident ha permesso di evidenziare i fattori critici di successo percepiti da chi ha vissuto quelle esperienze:

Fattori critici di successo

  • la collaborazione tra le persone coinvolte;
  • la conoscenza diffusa delle tecniche e delle procedure per la gestione in sicurezza delle operazioni;
  • il lavoro di squadra con tutte le altre funzioni interessate;
  • la gestione degli stimoli stressanti da parte del responsabile della gestione;
  • la capacità di mantenere relazioni positive e di comunicare in modo efficace anche in emergenza;
  • la capacità di valutare oggettivamente le caratteristiche dell’evento critico;
  • la capacità di prendere decisioni in situazioni di incertezza valutando i rischi.

Questi fattori sono coerenti con le ricerche fatte anche a livello europeo, sullo stress dei lavoratori e l’impatto sulla sicurezza:

Fattori che influenzano lo stress 

  • difficoltà a controllare e gestire il proprio lavoro;
  • richieste a cui non ci si sente in grado di dare una risposta;
  • scarse o cattive relazioni con i colleghi e con il capo, scarsa attenzione e supporto reciproco;
  • difficoltà a conciliare vita lavorativa e vita personale.

I fattori di successo descritti sopra hanno una caratteristica in comune: quella di non poter essere basati sull’improvvisazione del momento o realizzate solo con l’applicazione di regole operative prescritte ma sono basate su elementi che vanno sviluppati preventivamente attraverso un processo di miglioramento continuo (sul lavoro di squadra, la motivazione dei collaboratori, la comunicazione flessibile, la gestione del se e dello stress, la formazione, i rapporti interfunzionali).

Questa considerazione sembra contrastare con una realtà operativa che spesso sembra caratterizzata da una emergenza continua dove tutto è urgente dove la formazione e lo sviluppo delle persone sono solo un costo per cui ci si limita alla formazione imposta per legge e non si dedicano tempo e risorse per le azioni di sviluppo, ma un fatto è certo, meno tempo si dedica alle azioni di sviluppo, che non sono urgenti ed obbligatorie ma sono importanti, e minore è la probabilità che la gestione del prossimo evento critico sarà efficace.

AUMENTARE LE PROBABILITÀ DI SUCCESSO: AREE DI INTERVENTO

Un evento critico in una organizzazione è nella maggioranza dei casi un problema complesso che trova origine in un insieme di componenti diverse (strutture, strumenti tecnici, persone, organizzazione e ruoli, norme) che interagiscono tra loro in modo non sempre prevedibile la cui soluzione dipende dalla capacità degli attori coinvolti di individuare al più presto le possibili soluzioni sulla base di poche e parziali informazioni, senza essere bloccati o deviati dall’emotività o dal timore di sbagliare, senza essere fuorviati dalle proprie esperienze e competenze.

Queste caratteristiche collocano gli eventi critici in una organizzazione nella categoria dei “problemi gestionali complessi” in cui le spiegazioni sono parziali e probabili invece che totali e certe e che quindi non possono essere approcciati con processi meccanicistici semplici come l’applicazione di procedure prescritte o sulla base di esperienze e competenze consolidate ed abituali.

Questi eventi devono essere affrontati utilizzando visione di insieme del contesto, diagnosi e decisione tempestiva in incertezza con atteggiamento proattivo, utilizzando un approccio interdisciplinare e mentalità flessibile.

Alla luce di queste considerazioni vengono illustrate qui di seguito alcune tecniche che, se diffuse dai formatori ed applicate in modo sistematico, possono contribuire a sviluppare quelle capacità individuate tra i fattori critici di successo.

ATTEGGIAMENTO PROATTIVO

Abbiamo accennato parlando di caratteristiche personali, che una tendenza diffusa è quella di considerarle elementi fissi e non modificabili da cui l’atteggiamento mentale ben rappresentato dalla frase “sono fatto così”; ma oggi sappiamo, che quel “così” si riferisce alle emozioni ed ai comportamenti istintivi ed abituali che, salvo marginali modifiche, si consolidano intorno ai 7 anni.

Per cui quando ci troviamo a doverci rapportare con un contesto (persone, situazioni, problemi) siamo portati istintivamente ad approcciarlo con i nostri comportamenti abituali che spesso non sono quelli più adatti a produrre risultati positivi.

Le esperienze e gli studi prima di Viktor Frankl che sosteneva che “fra stimolo e risposta, l’uomo ha la libertà di scegliere” e di Stephen Covey dopo che ha introdotto il concetto di proattività (“Il nostro comportamento dipende dalle no­stre decisioni, non dalle condizioni in cui viviamo”), hanno ampiamente dimostrato che le persone se vogliono possono scegliere il loro comportamento e sono quindi in grado di agire anche comportamenti diversi da quelli abituali per raggiungere i loro obiettivi anche in contesti in relazione agli stimoli dei diversi contesti in cui si trovano ad operare.

Covey sostiene che chi agisce i suoi comportamenti abituali qualunque sia li stimolo che riceve dal contesto ha un atteggiamento reattivo che, a differenza di quello proattivo non si prende la responsabilità di scegliere il proprio comportamento in relazione al contesto per aumentare la probabilità di essere efficace.

Un atteggiamento proattivo non si inventa ma si sviluppa attraverso l’allenamento alla consapevolezza, l’attenzione al contesto ed agli altri e mettendosi in gioco sperimentando comportamenti diversi da quelli abituali; la percezione di riuscire ad essere efficace anche agendo comportamenti che sembravano estranei rafforza l’autostima e la motivazione ad assumere un atteggiamento proattivo.

La maggiore difficoltà da superare all’inizio di questo processo di miglioramento, è la resistenza al cambiamento perché in ogni cambiamento ci sono opportunità ma anche rischi e spesso la valutazione del rischio blocca il cambiamento, questo meccanismo è particolarmente rilevante quando si tratta di cambiare i propri comportamenti abituali perché a questi è legata l’immagine che abbiamo di noi stessi, la nostra identità (sono fatto così).

Rimane ineludibile il confronto con contesti operativi ed interlocutori diversi e variabili in cui l’esigenza di adottare comportamenti non abituali aumenta; in queste situazioni una persona con atteggiamento reattivo, che dipende dagli stimoli del contesto e dalle azioni degli altri, è probabile che provi un senso di impotenza, diminuisce la probabilità di realizzare i suoi obiettivi, può provare disagio e frustrazione perdendo di efficacia rischiando di commettere errori talvolta pericolosi.

LA COMUNICAZIONE

L’efficacia della comunicazione è determinata prevalentemente dal come si comunica piuttosto che dal cosa si comunica
T. Kahler

La comunicazione serve a passare agli altri idee, informazioni, emozioni per orientarne il comportamento verso gli obiettivi comuni. Per comunicare in modo efficace occorre essere consapevoli ed accettare la diversità degli altri e le nostre caratteristiche personali.

La Comunicazione è lo strumento principale delle relazioni interpersonali e regola il funzionamento di tutte le organizzazioni umane.

La comunicazione efficace è quella che ci fa sintonizzare sugli altri, per cui gli altri non sono una massa omogenea ed indistinta ma un insieme di singolarità di cui devo tenere conto.

L’unica parte del processo comunicativo su cui ho il potere di agire è la mia capacità di inviare messaggi che stimolino nell’altro una risposta in sintonia con le mie aspettative.  La comunicazione è un processo che si realizza attraverso l’utilizzo di strumenti diversi che insieme contribuiscono a determinarne il risultato perciò possiamo concludere che se l’oggetto della comunicazione è il contenuto quello che la rende efficace permettendo al contenuto di raggiungere in modo corretto il destinatario sono le modalità di relazione che sono basate su elementi  emotivi e prevalentemente  inconsapevoli.

La differenza tra confronto e conflitto:

  • il confronto si ha sulle cose (fatti, comportamenti, idee…);
  • il conflitto nasce tra le persone.

Per aumentare la probabilità di realizzare una comunicazione efficace bisogna accettare se stessi e l’altro come persona e su questa base gestire il confronto.

GESTIONE DELLA MOTIVAZIONE

La motivazione è una delle leve primarie per gestire gli altri e per realizzare un influenzamento efficace. I passi da seguire per utilizzare questa leva sono i seguenti:

  • Prendere consapevolezza delle proprie motivazioni.
  • Capire le motivazioni di ciascuno dei propri collaboratori “ascoltandoli” ed osservando i loro comportamenti e, quindi, verificare le differenze tra il proprio sistema di bisogni ed il loro.
  • Tenere conto del loro profilo motivazionale nell’individuare i compiti e responsabilità più adatti a ciascuno ed assegnando mansioni e compiti il più possibile in sintonia con le loro motivazioni e nella comunicazione  adoperando uno stile relazionale e delle argomentazioni coerenti con le motivazioni individuate.

Possiamo individuare il profilo motivazionale di una persona sulla base della combinazione di quattro criteri fondamentali: il Bisogno di Appartenenza, il Bisogno di Sicurezza, il Bisogno di Innovazione ed il Bisogno di Affermazione.

Appartenenza

Una persona che abbia un alto Bisogno di appartenenza ha come priorità quella di lavorare in un posto di lavoro in cui ci sia forte solidarietà, collaborazione e spirito di gruppo. La sua motivazione al raggiungimento degli obiettivi sarà dunque fortemente condizionata dalla presenza/assenza di un contesto simile. 

Sicurezza

Una persona con un alto Bisogno di Sicurezza sentirà la necessità di essere frequentemente rassicurata da parte del superiore diretto rispetto alle sue scelte ed al suo operato. In mancanza di queste rassicurazioni comincerà ad esitare nello svolgimento dei propri compiti, a ritornare più volte su quanto prodotto, fino ad un possibile blocco.

Innovazione

Il Bisogno di Innovazione descrive l’esigenza di una persone di cimentarsi in compiti diversificati e che richiedono un forte sforzo creativo. Individui con un alto Bisogno di Innovazione sentono la necessità di essere impiegati in situazioni che non siano ripetitive, che pongano continuamente delle sfide, e che richiedano volta per volta l’utilizzo di capacità e competenze sempre nuove. 

Affermazione

Il Bisogno di Affermazione descrive la necessità di raggiungere obiettivi che siano nello stesso tempo sfidanti per la persona e importanti a livello sociale. Individui provvisti di un alto Bisogno di Affermazione cercano di ottenere risultati ambiziosi e visibili a tutti; hanno una forte energia e la tendenza ad agire da leader, affermando con decisione le proprie opinioni e cercando di prendere in mano le redini della squadra in cui si trovano a lavorare.

CONCLUSIONI

Queste brevi note, sintetiche e non esaustive, vogliono solo rappresentare uno stimolo alla riflessione su aspetti spesso trascurati o ignorati che invece rappresentano elementi che possono contribuire in modo significativo a determinare il successo o l’insuccesso nella gestione di eventi critici.

La riflessione su quanto il meritorio lavoro di formazione per la sicurezza orientato a fornire strumenti e tecniche per la prevenzione di potenziali eventi critici, potrebbe essere più efficace in termini di risultati finali, ovvero la riduzione degli incidenti sul lavoro, se tenesse in considerazione anche gli aspetti comportamentali qui brevemente illustrati, ancorché non chiaramente prescritti nella normativa vigente.

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