Creare le competenze del futuro: una spinta dalla “New Skills Agenda”?

di Guido Dalponte
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
Fonte: bollettinoadapt.it


euskillsagenda

La rivoluzione tecnologica in atto e le sue dirette conseguenze, come Industry 4.0, green economy, smart working, sharing economy, non sembrano essere seguite con la dovuta attenzione dagli istituti formativi, i quali non stanno rispondendo adeguatamente alla crescente domanda di lavoratori altamente qualificati, agili, adattabili e creativi, fondamentali per alimentare lo sviluppo economico e l’innovazione. Questo perché manca un dialogo serio e concreto tra tutti gli attori del mercato del lavoro.

I principi alla base della New Skills Agenda

Venerdì 10 giugno 2016 la Commissione Europea ha adottato la “New Skills Agenda” con l’obiettivo di fornire ai cittadini comunitari un’ampia gamma di competenze per migliorare l’occupabilità, la competitività e la crescita, incentivando maggiormente la cooperazione tra gli Stati Membri e gli attori del mercato del lavoro.

Better skills means better life in both professional and personal experiences

(tradotto: “Migliori competenze significano una vita migliore, sia nelle esperienze professionali, sia in quelle personali”): con queste parole Marianne Thyssen ha riassunto i principi alla base della nuova Skills Agenda, sottolineando, da un lato, la necessità di ridurre il rischio di disoccupazione, di povertà e di esclusione sociale per i lavoratori comunitari con insufficienti soft skill (70 milioni, secondo la Commissione) e, dall’altro, il bisogno di aumentare i lavoratori ad alta specializzazione, anticipando i fabbisogni del mercato del lavoro e creando un maggiore dialogo con le imprese, fattori essenziali per garantire una migliore qualità della vita e supportare una crescita economica innovativa e sostenibile.

Il gap di competenze da colmare

Le previsioni del Cedefop, contenute nel recente “European Sectoral Trends”, supportano quest’ultima tesi, evidenziando la futura crescita della domanda di profili professionali altamente qualificati.

La nascita di nuovi settori e lo stravolgimento di quelli vecchi saranno guidati, seppure in maniera non esclusiva, dalla rivoluzione tecnologica che, da un lato, condurrà al rimpiazzo delle posizioni impiegatizie con funzioni “abitudinarie” e, dall’altro, alla richiesta di nuove figure professionali in grado di governare i nuovi strumenti e metodi produttivi. La sfida di individuare, anticipare e fornire le competenze adeguate rappresenta il fattore chiave per promuovere la competitività e l’innovazione, soprattutto considerando che l’acquisizione delle skill fa parte di un processo che continua durante tutto l’arco della vita.

Per questo motivo la formazione sin dalle prime fasi dell’apprendimento ricopre un ruolo cruciale per l’acquisizione delle abilità future. Non solo: l’acquisizione delle competenze di base e trasversali costituisce il pilastro su cui poter costruire, nel lungo termine, competenze più complesse in grado di generare effettivamente innovazione.

Lo scenario fornito dalla Commissione Europea presenta un drammatico numero di “analfabeti digitali”: sul territorio comunitario, infatti, circa il 40% della popolazione adulta non possiede sufficienti digital skill, nonostante entro il prossimo decennio si stima che la presenza di tali competenze sarà richiesta dal 90% delle occupazioni. Sicuramente non si tratta di un dato incoraggiante e lo è ancor meno se si considera che, già adesso, il 40% delle aziende fatica a trovare lavoratori in possesso delle giuste competenze (non solo digitali) per l’innovazione e lo sviluppo del business.

Tutto ciò evidenzia la presenza di numerosi settori in cui le tradizionali istituzioni formative non sono in grado di preparare, da sole, delle persone in grado di interpretare e guidare le sfide poste dalla grande trasformazione del lavoro.

La responsabilità, in ogni caso, non può e non deve ricadere esclusivamente sul tessuto formativo: occorre maggior dialogo tra tutti gli operatori – pubblici e privati – per la definizione delle competenze che saranno richieste in futuro, al fine di orientare al meglio le riforme, i piani di formazione e gli investimenti.

Le possibili soluzioni

In questa direzione si è mossa la Commissione Europea con la sua “New Skills Agenda”, lanciando, all’interno dei suoi dieci piani di azione, il Blueprint for Sectoral Cooperation on Skills, al fine di migliorare la mappatura delle competenze e incoraggiare l’investimento privato e promuovere un uso più efficiente dei fondi pubblici comunitari e nazionali.

In particolare, l’Agenda – in continuità con quanto previsto nella recente iniziativa Pact for youth – prevede di creare partenariati, nei settori dell’industria e dei servizi (per il lancio del programma sono state scelte sei aree pilota), con i quali identificare il fabbisogno di competenze e sviluppare soluzione concrete come, ad esempio, la realizzazione di percorsi di alta formazione in alternanza o di partnership tra aziende, scuole ed enti di ricerca.

Con riferimento specifico alle competenze digitali, la Commissione ha dedicato uno speciale piano d’azione (il “Digital Skills and Jobs Coalition”) per costruire di un bacino di talenti digitali, alla cui realizzazione saranno chiamati gli Stati Membri e tutti gli stakeholder coinvolti nei settori dell’educazione e della produzione e per assicurare che i lavoratori comunitari possiedano le digital skill richieste dal mercato del lavoro.

L’Agenda si è proposta, inoltre, di rivedere la struttura dell’Europass in modo da semplificare e ottimizzare il sistema di autovalutazione delle competenze sulla base dei trend, al fine di facilitare le scelte dei percorsi di carriera e di quelli formativi.

Un altro limite alla preparazione di profili professionali adeguati è rappresentato dall’insufficiente utilizzo della formazione duale, sia per i limiti legati al coordinamento delle attività lavorative e formative tra i vari soggetti, spesso di difficile realizzazione, sia per scelta degli stessi giovani o dei loro genitori, che la ritengono un’opzione secondaria. Come suggerito dalla Commissione Europea, la formazione duale deve diventare maggiormente attrattiva, aumentando la qualità e la flessibilità della sua organizzazione, migliorando la connessione con il mondo del lavoro e permettendo maggiori sbocchi nell’alta formazione.

Questo perché la formazione in alternanza permette lo sviluppo sia di competenze trasversali che di competenze specifiche legate ad una determinata professione, mantenendole aggiornate ed in linea con i fabbisogni settoriali, regionali e locali. Il sistema duale, soprattutto se declinato nella forma dell’apprendistato, deve essere inoltre sviluppato in concerto tra le aziende e gli istituti formativi, orientandosi soprattutto verso una visione strettamente correlata ad una formazione pratica, possibilmente effettuata in un contesto internazionale.

Tra i punti di azione elencati dalla Commissione Europea, a tal proposito, figura l’obiettivo di rendere la formazione duale la regola e non l’eccezione, facendo leva sugli ottimi risultati ottenuti sul mercato del lavoro per mezzo di questo strumento. L’Agenda ha rivisto la “Recommendation on Key Competences” dedicando una speciale attenzione sulla creazione di competenze e di mentalità orientate all’innovazione e all’imprenditorialità, ovvero le «core skill necessarie per lavorare e vivere nel XXI secolo».

È quindi necessario ripensare alle modalità di incontro domanda-offerta di lavoro, creando sinergie e infrastrutture in grado di rendere il mercato del lavoro più agile e innovativo, partendo dalla considerazione della Commissione Europea, secondo cui bisogna investire maggiormente nella formazione duale e nell’alta formazione, avvantaggiandosi del loro potenziale come impulso per lo sviluppo economico.

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