Il cambiamento climatico continua a mostrare il suo volto peggiore. Le fiamme hanno avvolto 23.448 acri di terra ad ovest di Los Angeles, in un evento di dimensioni catastrofiche per intere comunità e interi settori della zona urbana di una delle maggiori città degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi abbiamo visto diversi di questi eventi susseguirsi in California e in tutto il mondo. Anche la nostra penisola non è stata risparmiata, e combatterli è un duro lavoro.
A farlo sono i Vigili del Fuoco, e nello specifico 9.000 individui che mettono a rischio la loro vita per proteggere le comunità della maggiore città della West Coast americana. Mille di loro, però, non sono semplici pompieri, ma detenuti che stanno scontando la loro pena.
Per capire come questo sia stato possibile bisogna tornare al 1915, anno in cui il Governo americano istituì i primi campi di addestramento antincendio in California per individui incarcerati. Il programma fu ampliato negli anni ’40, quando molti Vigili del Fuoco furono arruolati per combattere, in Europa e nel Pacifico, durante la seconda guerra mondiale.
Oggi, il CDCR (California Department of Corrections and Rehabilitation), il California Department of Forestry and Fire Protection e il Los Angeles County Fire Department gestiscono 35 campi d’addestramento in 25 contee, con il compito di aiutare i detenuti a integrarsi nella società offrendo loro un lavoro pagato che gli permetta di uscire dalle mura del carcere. Il recente incendio a Le Palisades ha risvegliato l’attenzione del pubblico americano verso questi particolari lavoratori e quello che fanno.
Hasan Piker, un giovane influencer americano di origine turca che si occupa di temi sociali, cittadino di Los Angeles, ha intervistato alcuni di questi lavoratori offrendoci un modo genuino, anche informale, di vedere quale sia la loro esperienza fuori dal carcere e cosa significa essere un detenuto pompiere. Ma perché Hasan, che oltre a fare l’influencer è anche un noto personaggio della sinistra progressista americana, si interessa a una simile storia? Non è solo l’importante programma di reintegrazione che ha attirato la sua attenzione.
La seconda intervista, che propone in diretta streaming, rende chiaro il problema: durante la chiacchierata con Xavier e Angel, due ragazzi detenuti che partecipano al programma, il primo si rivolge al pubblico ringraziando lo stato di California per questa immensa opportunità, mentre Hasan, in tono provocatorio, risponde: “Non esagerare, non ti daranno soldi extra!” (Don’t hype it up to much, they will not give you more money).
La battuta riflette la natura delle interviste, chiacchierate rubate durante la pausa per la cena, ma che rivelano un problema non indifferente. Essere un detenuto pompiere non paga molto ed è un lavoro estremamente pericoloso. Il compito dei carcerati è infatti, come conferma anche Angel, quello di andare dove i bulldozer e gli altri automezzi non arrivano, spesso lungo discese ripide. Jimbo, un altro degli intervistati, racconta che gli è capitato di dover schivare rocce in caduta libera mentre lavorava su di una collina scoscesa.
I dati rilevano che i detenuti hanno quattro volte più probabilità di subire lesioni da oggetti che cadono rispetto alle squadre professionali e otto volte più probabilità di essere feriti dall’inalazione di fumo. Dal 2018, quattro detenuti pompieri sono morti sul lavoro.
La paga, come fa notare Hasan, è bassissima: i pompieri detenuti ricevono solo $5,80-$10,24 al giorno, più un dollaro extra all’ora durante le emergenze attive. Ciò è ben al di sotto del salario minimo di $16,50 all’ora della California. I detenuti ricevono anche uno sconto di pena di 2 giorni per ogni giorno di lavoro. In emergenza, inoltre, il lavoro è particolarmente faticoso.
Durante l’intervista diversi carcerati raccontano di fare turni di lavoro di 24 ore alternati con pause altrettanto lunghe. Si tratta di una giornata lavorativa estenuante e spesso l’addestramento non è sufficiente. Combattere incendi su così grande scala è estremamente complesso e a rischio di variabili imprevedibili, oltre che impossibili da ricreare durante le simulazioni. Molti dei detenuti raccontano come sia diversa l’esperienza delle poche settimane di addestramento al campo rispetto all’esperienza di una vera emergenza.
Parlando con i detenuti, Hasan ci fa subito comprendere che questi non sono lì per la paga. Poter aiutare gli altri è per la maggior parte di loro la motivazione principale, insieme alla possibilità di poter evadere, anche se metaforicamente, dall’ambiente oppressivo del carcere. Jimbo dice, proprio all’inizio del lungo video, che gli scalda il cuore vedere le persone che lo trattano come un essere umano.
Un lavoratore carcerato è però come qualunque altro quando si tratta di sicurezza e benessere sul luogo di lavoro. Questo significa rendersi conto di cosa significa essere pompieri e cosa comporta. Non tutti possono essere pompieri per questo il NIOSH, anche a seguito della morte di un detenuto durante un addestramento nel 2018, aveva invitato a rispettare queste pratiche di prevenzione:
- le valutazioni mediche pre-inserimento e annuali che includono un elettrocardiogramma di base devono essere eseguite prima di qualsiasi attività fisica intensa per escludere eventuali problemi cardiaci
- i vigili del fuoco devono essere autorizzati al servizio da un operatore sanitario esperto delle esigenze fisiche e psicologiche della lotta antincendio
- deve essere implementato un programma obbligatorio di benessere e fitness per i membri del dipartimento dei vigili del fuoco
- devono essere condotte valutazioni annuali delle prestazioni fisiche per tutti i vigili del fuoco.
Come è possibile che i lavoratori carcerati vengano pagati al di sotto del salario minimo? Semplice, in California e in molti altri stati dell’Unione esiste la schiavitù: essa è prevista come legittima punizione per i detenuti ed è comunemente nota come lavori forzati. Ciò permette di non seguire le regole del salario minimo e di punire i carcerati che si rifiutano di lavorare. In occasione delle ultime elezioni (2024) era stato chiesto agli elettori se volessero abolire questa norma: il 53% ha detto di no.
Il mondo del lavoro nei carceri americani è un limbo quasi incomprensibile per un europeo ed è di norma poco discusso. Il fatto che il pubblico americano si stia interessando, anche se in maniera discontinua, a questi lavoratori è importante e speriamo possa denotare un cambiamento nelle relazioni tra il sistema penale americano e i cittadini statunitensi. E’ chiaro che il lavoro forzato non è un metodo funzionale alla riabilitazione dei carcerati, né accettabile in un paese democratico, si tratta però anche di un tema di sicurezza e prevenzione dei rischi decisamente interessante, i cui valori devono entrare a pieno diritto e senza compromessi tra le mura dei carceri americani ed unire un efficace formazione lavorativa al desiderio di facilitare il reinserimento dei detenuti nella società, cosa che nelle interviste pare essere non sufficientemente facilitata dal programma attuale. Molti degli intervistati dichiarano inoltre che nonostante il lavoro svolto in carcere è molto difficile poi proseguire con la carriere di vigile del fuoco una volta usciti.