La differenza tra colpa e responsabilità nella sicurezza sul lavoro

Fonte: Punto Sicuro

L’attenzione focalizzata alle colpe individuali può impedire di fare chiarezza sulle dinamiche e sulle condizioni organizzative che portano agli incidenti. Ne parliamo con Attilio Pagano, Presidente dall’Associazione italiana Non Technical Skill.

I commenti che seguono i  gravi incidenti e le sentenze correlate spesso mettono in risalto come la nostra normativa sulla sicurezza non riesca a far avanzare nella società quell’idea di “cultura della sicurezza” che dovrebbe essere alla base di ogni azione preventiva. Forse serve un approccio diverso o comunque un approccio più “ricco” verso le problematiche e le carenze della sicurezza sul lavoro in Italia, un approccio che, ad esempio, non riduca gli incidenti solo ad un problema di  comportamenti individuali.

Partendo da queste affermazioni abbiamo cercato allora di approfondire il tema intervistando Attilio Pagano, Presidente di AiNTS. Presentiamo di seguito un breve estratto dell’intervista a cura di Tiziana Menduto di Punto Sicuro.

Gli abbiamo chiesto quale fosse il rapporto tra colpe individuali e condizioni organizzative e le differenze tra i concetti di “colpa” e “responsabilità”.
Cosa si intende per ‘errore onesto’ e per ‘atti di negligenza’? E quanto le condizioni organizzative incidono negli infortuni di lavoro? 

E se, secondo Pagano, le condizioni organizzative incidono “quasi di più del comportamento individuale, inteso come comportamento discrezionale”, c’è un modo di spostare l’attenzione nelle aziende dai problemi di comportamento ai problemi organizzativi?

Nella presentazione del convegno si legge che l’attenzione focalizzata alle colpe individuali impedisce di fare chiarezza sulle dinamiche e sulle condizioni organizzative. Cerchiamo di approfondire il significato di questa frase entrando anche nella definizione e differenza tra colpa e responsabilità.

Attilio Pagano: Nel linguaggio comune, anche quello di ambito giuridico, si tende ad usare la parola “colpa” e la parola “responsabilità” in modo sostanzialmente interscambiabile. In realtà una distinzione è possibile ed è vantaggiosa e ci porta a riconoscere che la colpa chiama in causa l’elemento del comportamento e delle scelte di qualcuno nell’avere favorito il verificarsi di un evento avverso. La responsabilità invece chiama in causa la propensione nel comportamento a migliorare le cose. A uscire, ad esempio, da delle condizioni autoalimentanti di conflittualità, se parliamo di responsabilità nelle relazioni interpersonali. Altrimenti se parliamo di safety, possiamo parlare della responsabilità nel portare alla luce tutti quegli eventi che non hanno ancora superato la soglia dell’autoevidenza – perché non sono infortuni e incidenti gravi – che potrebbero essere importanti per mettere in atto delle strategie di prevenzione proattiva. Non soltanto di reazione agli incidenti o infortuni accaduti, ma di anticipazione delle cose che possano accadere.

La “sicurezza tra colpa e responsabilità” vuol dire cercare di prendere le distanze da un’idea esclusivamente colpevolizzante, della ricerca del colpevole, e dare spazio invece ad una concezione responsabilizzante, dove i comportamenti delle persone servono anche ad anticipare gli eventi, a creare le condizioni organizzative per cui gli eventi possano essere governati (…).

Poi nel sistema giuridico c’è una complicazione in più (…) che è quella che assimila la colpa di avere commesso qualcosa per procurare un danno alla colpa di non avere fatto degli obblighi che avrebbero potuto evitare il danno.

Cioè il concetto di colpa nel codice penale è quello che rende equivalenti l’avere agito per procurare un danno con il non avere fatto le cose di un soggetto obbligato, di un titolare di una posizione di garanzia (…). Quindi mette sullo stesso piano le azioni e le omissioni.

Sulle azioni c’è poco da dire: se io ti procuro un danno sono sicuramente colpevole e devo pagare. Sulle omissioni conviene riflettere perché un conto è l’omissione di un comportamento specifico – non ho fatto qualcosa che la legge in modo chiaro circoscrive e identifica – un’altra cosa è l’omissione di non avere fatto una prestazione cognitiva. Ad esempio ho omesso di prevedere. La previsione è una prestazione mentale difficile da rimproverare a qualcuno. Perché nel momento in cui gliela rimprovero io so come le cose sono andate a finire, ma nel momento in cui le doveva prevedere, lui non sapeva come le cose sarebbero andate a finire.

Questa differenza nel giudizio della rimproverabilità, tra il momento di quando rimprovero e di quando il comportamento deve essere attuato, è una differenza che gli psicologi cognitivi hanno ben identificato come la circostanza del “pregiudizio del senno di poi”.

Probabilmente gli ispettori e i giudici dovrebbero di più considerare che sono nelle condizioni più favorevoli per rimproverare a qualcuno di non avere previsto, di quanto non siano le persone quando dovevano prevedere.

La previsione non è sempre possibile, non è sempre facile…

Ciò ha che fare con la distinzione tra “l’errore onesto e gli atti di negligenza”, come riportato nella presentazione del convegno?

A.P.: Certo. Ad esempio nel concorso causale dei comportamenti agli eventi ci possono essere le violazioni – e per violazione si intende un comportamento difforme da una prestazione attesa, però guidato da consapevolezza (io so di fare qualcosa che non dovrei fare) – e gli errori.

Gli errori sono caratterizzati per definizione da involontarietà. Uno non si rende conto di fare un’azione sbagliata o di non fare un’azione, per omissione, dimenticanza. Se noi riuscissimo a tener conto di queste distinzioni avremmo più strategie preventive: se io vado a colpevolizzare una persona che ha commesso un errore, sicuramente appagherò un senso di giustizia ripartiva, ma non appagherò un senso di costruzione delle condizioni che rendono l’errore meno probabile. Ti ho punito perché ti sei dimenticato, perché ti sei distratto, ma non faccio nulla per toccare le condizioni che favoriscono la dimenticanza o le condizioni distraenti che rendono difficile il mantenimento nell’attenzione elevata, ad esempio, in una prestazione lavorativa.

Avere un sistema di ricostruzione del concorso causale degli avvenimenti che tenga conto di questa distinzione è molto vantaggioso: dà più strategie di prevenzione.

Quanto le condizioni organizzative incidono negli accadimenti avversi, negli infortuni, nella mancata tutela dei lavoratori?

A.P.: Io credo che incidano quasi di più del comportamento individuale, inteso come comportamento discrezionale. L’operatore individuale in un contesto socio-tecnico raramente è pienamente libero di agire. E’ sempre soggetto alle influenze delle interazioni con gli altri. E cercare di portare alla luce le condizioni organizzative è molto vantaggioso (…).

Ad esempio nella vicenda Costa Crociere rimane un solo imputato, il Comandante Schettino. (…) Ma se io mi accontento di punire Schettino ma non vado anche a identificare tutto ciò che aveva creato quella normalizzazione della devianza nella conduzione delle navi crociera sempre più vicino alle coste (…), lascio le condizioni immutate perché si ripresentino questo tipo di incidenti.

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