INTRODUZIONE
La gestione delle emergenze costituisce un obbligo sancito al capo III sezione VI del Decreto Legislativo 81/2008, l’articolo si propone di analizzare e approfondire i principali passi per una corretta implementazione del sistema anche alla luce della lunga esperienza dell’autore ed alla fin troppo frequente evidenza di un burocratico ed inadeguato assolvimento dell’obbligo.
L’articolo non ha come obiettivo quello di voler costituire una specifica linea guida dettagliata, magari ci torneremo in un prossimo articolo.
Si vuole riflettere sulle numerose criticità riscontrate e dare uno spunto di riferimento.
LA PROPEDEUTICITA’
Durante i corsi di formazione inizio spesso l’argomento emergenze effettuando un’esercitazione dal titolo “La gestione delle emergenze nella tua azienda”, il test inizia chiedendo ai discenti come progetterebbero il sistema all’interno della propria realtà.
L’obiettivo è quello di far emergere la necessaria capacità di affrontare tale progetto seguendo una linea propedeutica che inizi a muovere il tutto da una fondamentale ed imprescindibile esecuzione di passi ordinati in modo in fondo elementare e forse proprio per tale motivo non così immediato da comprendere.
Un’ulteriore domanda fatidica riguarda il numero di addetti che risulta necessario incaricare, la legge ci dice che gli addetti debbono essere in numero adeguato.
Tutti chiedono per quale motivo il legislatore non abbia voluto inserire delle più comprensibili ed ovvie griglie di riferimento.
Gestire le emergenze è un processo aziendale, particolare perché non è quello di cui si sente la maggior esigenza, spesso poi, non ci arriveranno mai, lo speriamo, i feed back.
Tali motivi portano in molti casi ad un adempimento solo correlato al rispetto della legge con l’obiettivo di evitare la sanzione, ma questa è una procedura aziendale che nel momento in cui chiede la sua applicazione non ammette sbagli, si deve agire bene e subito.
I PASSI
Il primo passo è la redazione del Piano di Emergenza.
Da anni vado in una palestra che si trova nel mio quartiere, si tratta di un grande edificio a sviluppo sul solo piano terreno, la prima volta che vi ho messo piede ho visto che a parete era presente nei vari ambienti un formato A3 con scritto “Piano di emergenza”, commosso mi sono avvicinato per vederne i contenuti e ho notato che tra le cose riportate c’era il divieto di utilizzare ascensori in caso di incendio… peccato che gli ascensori non esistevano.
È evidente che non esiste un piano di emergenza ma il piano di emergenza che specificatamente riguarda quella realtà.
Il piano deve essere il frutto di sopralluoghi mirati che portano alla conoscenza della struttura, delle lavorazioni, delle situazioni ordinarie e di quelle straordinarie anche in relazione al territorio dove l’azienda è collocata.
È necessario tracciare tutti gli scenari incidentali ipotizzabili e per ciascuno indicare cosa bisogna fare in termini di misure precauzionali, piani di intervento, gestione delle risorse implementate.
La normativa obbliga l’azienda ma non identifica, abbiamo già precisato, il numero di addetti da incaricare e formare.
Quale il metodo per arrivare quindi.
Scrivere la procedura indicando cosa fare se… È sufficiente?
È cosa essenziale indicare chi lo deve fare.
L’assegnazione nominale degli incarichi è senza dubbio il modo migliore per arrivare a definire gli addetti qb.
Possiamo dimenticare aspetti logistici? Certo che no.
Un centro commerciale per il quale svolgevo corso antincendio non aveva organizzato con i propri addetti la gestio
ne del primo soccorso, il motivo era la presenza presso il centro di un servizio autoambulanza con personale paramedico.Chiesi, con estrema ingenuità… che orario svolge il servizio autoambulanza?
Mi risposero dalle ore 9 alle ore 18… chiesi di nuovo con altrettanta ingenuità… il centro commerciale quali orari di attività ha?
L’emergenza dunque come evento che si verifica all’improvviso, in qualsiasi momento, richiede un intervento rapido e di qualità e non ammette falle logistiche nel sistema legate agli orari ed alle presenze.
L’emergenza non ammette nessun tipo di tentennamento.
Immaginiamo l’ipotesi di un principio di incendio…si può trasformare in un incendio generalizzato nel giro di pochissimi minuti.
Una procedura semplice e pragmatica potrebbe prevedere che chiunque rilevi un principio di incendio deve immediatamente avvertire l’addetto incaricato il quale si porta subito nell’area interessata e se decide di intervenire preleva ed attiva il più vicino estintore per spegnere.
Una procedura di questo tipo deve richiedere tempi entro il minuto.
Guardate proprio alla luce dei tempi richiesti come questa pur semplice procedura quanti elementi di riflessione viene scatena:
- primo punto: il chiunque deve conoscere la procedura, essa infatti lo coinvolge nell’avvertire immediatamente l’addetto incaricato e quindi è necessario sapere chi o meglio chi sono gli addetti incaricati, dove sono e come devono essere avvertiti.
- secondo punto: l’addetto o gli addetti incaricati devono essere presenti.
- terzo punto: l’addetto deve trovare nell’area interessata idoneo e funzionante mezzo antincendio.
Qualsiasi pur piccolo intralcio a tale procedura determinerebbe ritardi di intervento drammatici.
IL TEST
Dobbiamo partire da un presupposto, anche nel caso di un piano di emergenza ben redatto rimangono numerose incognite.
Nessuno pensa mai alle emergenze, non vogliamo ricevere imput dallo svilupparsi di un quadro drammatico ed allora cosa fare?
La parola d’ordine dovrebbe essere affrontare in modo serio e completo le obbligatorie esercitazioni.
Il D.M. 10 marzo 98 all’allegato 7 ci parla di esercitazioni antincendio, effettuate almeno una volta l’anno, per mettere in atto le procedure di esodo e di primo intervento.
Ma spesso accade , sempre nei casi in cui l’esercitazione sia effettuata, che viene svolta la sola prova di evacuazione, altro aspetto è che non viene lasciato alcun margine agli errori.
È in primo luogo evidente che l’esercitazione ha un solo grande obiettivo ossia testare la validità del piano di emergenza o per maggior chiarezza del nostro sistema di gestione delle emergenze.
Sono stato chiamato qualche anno fa a presenziare ed a relazionare sulla prova di evacuazione del centro direzionale di un’importante azienda.
Il giorno della prova che era prevista per le ore 12 sono arrivato nella sede aziendale, erano circa le 11 e le persone erano già disposte con tutti i loro bagagli lungo le vie d’esodo…
L’esercitazione poi prevedeva che fosse utilizzato un pulsante di allarme per dare via alla prova, così venne fatto e si diffuse l’allarme, poi un addetto era incaricato di togliere la corrente ai piani ed appena la corrente fu tolta il sistema di allarme cessò di funzionare…
Quali messaggi importanti ho tratto da questa esperienza.
La prova viene vissuta come un momento in cui non si vuole sbagliare, si vuole fare bella figura, dicevo prima non si lasciano margini all’errore, la non conformità non deve esistere, ciò è l’esatto contrario di quanto ci serve.
Testare significa, nel caso della gestione delle emergenze, essere dei critici i più feroci possibile, ben venga l’evidenza di carenze che in tale situazione sono ancor correggibili.
CONCLUSIONE
Propedeuticità e sostanza sono il motto che deve accompagnare l’implementazione del sistema per gestire l’emergenza.
La propedeuticità sta nel seguire una linea logica: devo partire dal piano di emergenza.
Sostanza è, in primo luogo, costruire un piano di emergenza che abbia le seguenti caratteristiche:
completo = tutti gli scenari incidentali ipotizzabili
specifico = proprio di quella realtà aziendale
pragmatico = tutte le variabili logistiche
semplice = didattico
diffuso = portato a conoscenza di tutti
La sostanza deve poi proseguire nella fase del collaudo dove tutti gli aspetti devono essere considerati e dove tutte le fasi vanno testate per la ricerca approfondita di quanto non adeguato.