H317 – Può provocare una reazione, di Marzia Migliora

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Auditorium Arte (Parco della Musica, Roma), fino al 4 maggio 2014

Marzia Migliora, artista piemontese quarantunenne dell’ambito di Michelangelo Pistoletto, ha sperimentato molti linguaggi (fotografia, sonoro, video, installazione, performance, ritorno al disegno puro) ma aspira a una perpetua condizione da principiante, perché ciò che preferisce è «inciampare sui concetti, ingegnarsi a trovare delle istruzioni». È ossessionata dal concetto di minaccia: in una sua opera del 2009 intitolata Pier Paolo Pasolini campeggiava l’iscrizione epigrafica (nella quale il pubblico si specchiava) “forse sono io che sbaglio ma continuo a pensare che siamo tutti in pericolo”, una frase pronunciata dallo scrittore e cineasta nella sua ultima intervista, qualche ora prima di morire tragicamente.

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Nell’opera dello stesso anno from here to Eternit l’artista rappresentava con lampade a incandescenza e con il carattere lambiccato, quasi romantico, utilizzato per identificare il nome commerciale del letale fibrocemento, l’invisibile tragedia del respiro. Definitivo come un truism di Jenny Holzer, un ammonimento fluorescente con la citazione amaramente satirica (amputata della lettera finale) di un famosissimo film di Fred Zinnemann degli anni ’50.

Anche l’artista genovese Luca Vitone ha recentemente raccontato, con l’opera Per l’Eternità (nel padiglione italiano dell’ultima Biennale d’arte di Venezia), il dramma dell’amianto attraverso una “scultura acromatica olfattiva” su tre note – tre essenze di rabarbaro – diffuse da aeratori che evocavano le dispersioni aeree di polveri inodori di Casale Monferrato: il pubblico veniva gradualmente avvolto in una sorta di allucinazione profumata e stordente.

L’installazione di Marzia Migliora H317 – Può provocare una reazione, visitabile all’Auditorium Arte, nel titolo contiene una delle “frasi H” (cosiddette frasi di rischio) presenti nel Regolamento CE n. 1272/2008, segnalazioni di pericolo sul posto di lavoro che mettono in allerta dai rischi per la salute umana, animale e ambientale correlati all’impiego di sostanze tossiche. La sensazione di precarietà viene simbolicamente delineata dall’imponente frase Looking for a job, realizzata nella prima sala in anamorfosi, uno stratagemma ottico inventato nel Rinascimento che consente di leggere le immagini da un unico punto di vista stabilito dall’artista. Il pubblico si sposta nello spazio per individuare la giusta prospettiva e nel frattempo, spaesato, si avvicina alla seconda sala dove torreggia un albero della cuccagna spoglio, con luci da festa finita e ganci che richiamano un mattatoio. Albero rituale e propiziatorio, albero della libertà, albero della rivoluzione, ora albero di una possibile reazione.

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