Incidenti avvenuti in ambienti confinati e correlati all’esposizione ad anidride carbonica e monossido di carbonio. Le dinamiche degli incidenti, le caratteristiche delle sostanze e i fattori di rischio degli ambienti confinati.
Riprendiamo a parlare di luoghi di lavoro confinati e di sostanze inquinanti convinti che gli incidenti dipendano anche da una scarsa consapevolezza dei rischi e pericoli correlati al contatto con alcuni agenti chimici pericolosi.
La ULSS 5 dell’Ovest vicentino ha avviato una campagna di prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati pubblicando un documento dal titolo “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” a cura di Lucio Ros (SPISAL ULSS 9), Alberto Brocco (SPISAL ULSS 21), Celestino Piz (SPISAL ULSS 6) e Franco Zanin (SPISAL ULSS 6).
Nel documento vengono ciatati diversi rischi chimici, quali l’azoto, l’anidride carbonica e monossido di carbonio.
Come è noto numerosi incidenti sono dovuti alla sottovalutazione di queste ultime due sostanze. Il documento della USSL ne riporta una casistica esemplificativa. I primi tre causati dall’anidride carbonica:
- nel primo caso due operai “scendono nella stiva di una nave in porto per recuperare, utilizzando un mezzo cingolato, delle granaglie di cereali sversate e sparse sul fondo. La fermentazione delle stesse aveva provocato una concentrazione di CO2 sufficiente a rendere l’atmosfera asfissiante. I due lavoratori muoiono per asfissia; un soccorritore sviene ma è tratto in salvo”.
- nel secondo caso “un operaio in una cantina, salito con una scala a pioli sulla sommità di una cisterna contenente mosto in fermentazione, sveniva a seguito delle esalazioni di CO2. Rimanendo con il capo reclinato all’interno del recipiente moriva per asfissia prima di essere soccorso”;
- nel terzo caso viene presentata la “discesa di un lavoratore in una fossa di servizio agli impianti di trasporto automatico ove si era accumulata, per gravità, CO2 sviluppatasi dalla fermentazione del mais stoccato nel capannone in prossimità della fossa stessa. Evento mortale”.
Altri due casi sono relativi all’esposizione al monossido di carbonio:
- nel primo caso in una fonderia di ghisa “un lavoratore entrato in un cubilotto spento per il rifacimento del refrattario, rimane intossicato da CO richiamato all’interno del forno, per tiraggio naturale, dal cubilotto attiguo che era in funzione. Il lavoratore viene soccorso tempestivamente”;
- nel secondo caso “durante l’installazione di dispositivi di rilevazione e di allarme in alcune aree, all’interno di una fonderia di ghisa, soggette a inquinamento da CO, due operatori della ditta incaricata dell’intervento rimangono intossicati gravemente perché soccorsi tardivamente”.
Nel documento si ricorda che:
L’Anidride Carbonica (CO2) è una gas incolore e inodore più pesante dell’aria e “tende a stratificarsi verso il basso”. Il gas, “utilizzato intenzionalmente nell’industria alimentare come conservante e congelante, è usato “anche come estinguente, nel trattamento dell’acqua e in applicazioni medicali”. Si può inoltre formare, non voluto, “da fenomeni di combustione, di putrefazione, di fermentazione (granaglie in presenza di acqua), da dissociazione del bicarbonato di calcio, nel sottosuolo, con formazione di carbonato (lavori svolti nel sottosuolo).
Vengono normalmente segnalati incidenti in ambienti dove avvengono fermentazioni di sostanze alimentari”.
Mentre iIl Monossido di Carbonio (CO) è una gas incolore e inodore, di densità simile all’aria, che “forma facilmente miscele esplosive”. In particolare si produce “da combustione in difetto di ossigeno. Gli incidenti determinati da questo gas, che avendo un’affinità per l’emoglobina 200 volte superiore a quella dell’ossigeno provoca anossia anemica, avvengono soprattutto in ambiente domestico per malfunzionamento di stufe, camini otturati, ecc”…
Di anidride carbonica parla anche il Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011 nell’allegato 6 “Sostanze tossiche e asfissianti e incidenti tipo”. Allegato che ricorda come, tra gli effetti del gas, ci siano: “vertigine, mal di testa, tachicardia, senso di soffocamento, stato d’incoscienza”.
Nel documento “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” si ricorda che molti fattori di rischio riscontrabili in un luogo di lavoro “normale” – pensato per la presenza continuativa di lavoratori – possono essere presenti anche in un ambiente confinato e possono includere:
- “operazioni in quota;
- presenza di parti meccaniche in movimento;
- presenza di reti elettriche;
- presenza di atmosfere sotto-ossigenate;
- presenza di atmosfere infiammabili/esplosive;
- presenza di atmosfere inquinate da gas, fumi o vapori tossici derivanti dai prodotti contenuti e dai materiali introdotti, formatisi a seguito di reazioni impreviste, introdotti dalle utilities, diffusi da stoccaggi contigui, liberatisi dal terreno, ecc.;
- presenza di atmosfere sovra-ossigenate;
- ingresso o presenza di liquidi;
- presenza di materiali solidi di piccola pezzatura che possono riversarsi o creare ‘ponte’ e franare;
- presenza di calore o di freddo eccessivi, umidità elevata;
- correnti elettriche o elettricità statica;
- presenza di microorganismi patogeni;
- scarsa visibilità”.
E nella fase di identificazione e valutazione dei pericoli potenziali “ci si deve far carico non solo delle particolari caratteristiche strutturali del luogo ma anche del fatto che le condizioni iniziali possono cambiare rapidamente, certe volte sotto l’influenza dell’ambiente circostante”. Ad esempio “possono verificarsi combinazioni imprevedibili per presenza di più agenti con effetto concomitante o sequenziale (gas inerte, acqua, calore, ecc…). Certi locali di normale uso possono diventare accidentalmente ambienti confinati inquinati, come nel caso di interventi di fumigazione, di bonifica o di uso di estinguenti”.