Invecchiamento della popolazione attiva: più rischi per i lavoratori?

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Lo Scenario demografico della Fondazione di Dublino

Il tema dell’invecchiamento è stato posto nuovamente all’attenzione del mondo del lavoro da una recente articolo della Fondazione europea di Dublino: Vivere più a lungo, lavorare più a lungo: come attivare ulteriormente una forza lavoro che invecchia? La Fondazione descrive lo scenario demografico dell’Europa dove

le persone vivono più a lungo [e quindi] anche la durata prevista della vita lavorativa è in aumento.

L’aumento, in circa un decennio, dei tassi di occupazione di uomini e donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni in tutta l’Unione europea è indubbiamente notevole: si passa dal 35 % circa a oltre il 50% per le donne, da poco più del 50% a circa il 70% per gli uomini. La media europea è del 62% con notevoli differenze tra paese e paese: l’Italia è nell’area che va dal 50 al 55%. Nell’articolo della Fondazione si evidenzia he “mentre stiamo assistendo ad un aumento dei lavoratori anziani impegnati nel mercato del lavoro, questa differenza nei tassi di occupazione in tutta l’UE suggerisce che ci sono alcune barriere che devono ancora essere rimosse”. Disparità di genere e adeguamento delle competenze sono tra i temi che meritano una maggiore attenzione.

Mantenere i lavoratori di questa fascia di età impegnati nel mondo del lavoro comporta secondo i ricercatori della Fondazione uno “sforzo multidimensionale” che coinvolge la cultura aziendale, le condizioni di lavoro, gli atteggiamenti, le pratiche e non ultima la qualità del lavoro che include anche le condizioni di salute e sicurezza. In questa ottica si cita il caso della Svezia che

si distingue per l’elevata partecipazione all’occupazione di questa fascia di età, con un tasso di occupazione del 77,3% tra i 55-64 anni, lasciando molto indietro la media Ue del 56,2% per le donne e del 68,7% per gli uomini. Perché le persone in Svezia lavorano così a lungo? Il successo è attribuito a fattori quali alti livelli di soddisfazione sul lavoro, valorizzazione delle competenze dei dipendenti più anziani e regimi pensionistici flessibili.

Focus sulle condizioni di salute dei lavoratori anziani

 L’attenzione al tema non è nuova nel nostro paese dove istituzioni (INAIL) e competenze tecnico scientifiche (Ciip) si sono interrogati su come affrontare questo che è uno dei cambiamenti epocali in atto nel mondo del lavoro che non riceve, come altri altrettanto importanti [1], l’attenzione necessaria per una condivisa e coordinata azione sul piano legislativo e contrattuale, e a favore di una crescita della consapevolezza dei problemi che può generare.

Recentemente, nell’ottobre scorso, nel corso della presentazione della Relazione annuale Inail sulla salute e sicurezza sul lavoro, il Commissario straordinario dell’Istituto nell’illustrare i dati sull’andamento di infortuni e malattie professionali ha indicato

L’invecchiamento della popolazione attiva tra i fattori che aumentano l’esposizione al rischio, [sottolineando che] tra i fattori che stanno incidendo sull’andamento di infortuni e malattie professionali c’è l’invecchiamento della popolazione attiva.

L’allungamento della vita lavorativa

costituisce ormai un fenomeno che investe tutti i settori lavorativi e che ha aumentato l’esposizione al rischio nelle età più avanzate, a causa di uno spostamento in avanti dell’età pensionabile e di un mancato ricambio generazionale. L’incidenza degli infortuni degli over 50enni, infatti, è in aumento ed è pari al 36,4% degli infortuni in complesso e al 50,5% dei casi mortali.

In una pubblicazione recente dell’INAIL [2], che abbiamo già commentato nei mesi scorsi, si evidenzia come siano cambiate le condizioni di salute della popolazione lavorativa over 55 anni con l’aumento delle segnalazioni di malattie professionali con nesso positivo che sono passate dal 40,7% (rispetto al totale delle segnalazioni) del 2010 al 57,2 % del 2020, mentre è raddoppiato il numero di segnalazioni per le lavoratrici over 55. Con l’invecchiamento crescente di lavoratori e lavoratrici sono inoltre aumentate le inidoneità alla mansione (totali o parziali) da parte dei medici competenti, (in particolare per lavoratori anziani con malattia e se addetti a mansioni faticose o impegnative). I dati riferiti ai lavoratori over 55 sono tratti dalla Banca dati del sistema di sorveglianza Malprof, costruita a partire dalle segnalazioni di malattia professionale raccolte dai Dipartimenti di prevenzione delle Asl e Ats.

Le informazioni rese disponibili mediante la Scheda 9 confermano le attese rispetto ad una crescita dei problemi di salute per i lavoratori anziani (over 55 secondo la definizione dell’Oms) e delle malattie professionali vere e proprie.

Previsioni sul peggioramento delle condizioni di salute dei lavoratori anziani sono ben descritte e previste nella lodevole (e forse troppo poco nota) pubblicazione [3] della Consulta inter associativa, disponibile da oltre un quinquennio (2017). La Consulta aveva costituito nel 2014 un Gruppo di lavoro su “invecchiamento e lavoro” composto da medici del lavoro, ergonomi e tecnici da cui è nato il volume che “esamina la principale letteratura internazionale sul tema, raccoglie esperienze e formula proposte per le realtà italiane”. 

Alcuni dati sulle condizioni di salute

Studio olandese: “…un terzo della popolazione occupata olandese di età superiore a 45 anni riferiva almeno una malattia cronica [4]”.

Indagine Share (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe): i dati ”indicano che nel 2011 più del 30% dei lavoratori di età 50-64 anni in Europa avevano almeno una limitazione nella mobilità, nella funzione degli arti superiori o nell’esecuzione di movimenti fini, oltre ad essere affetti da due o più malattie croniche [5]”.

Per quanto riguarda i fattori ergonomici, tra i lavoratori di età superiore a 60 anni, non si osserva rispetto a quelli di età 56-60 anni che “modeste riduzioni nel numero dei soggetti esposti a posture dolorose e stancanti, a movimenti ripetitivi degli arti superiori e a movimentazione di carichi pesanti, mentre cresce quella di esposti alla stazione eretta prolungata e, limitatamente alle donne, alla movimentazione di persone”.

Con riferimento ai  fattori psicosociali, si indica una modesta riduzione del 10-15% “del punteggio di esposizione a elevate richieste quantitative, insieme ad un corrispondente aumento della dimensione del controllo sul proprio lavoro (autorità decisionale e utilizzo di abilità tecniche), mentre le richieste emozionali e cognitive non variano tra gli uomini e scendono leggermente tra le donne. Anche le ore medie lavorate per settimana si riducono in maniera modesta, rimanendo comunque elevate tra gli uomini (media=38.1 ore/settimana)”.

Fonte: Ciip, Libro d’argento- aging e-book invecchiamento e lavoro.

I punti chiave secondo la Consulta inter associativa

• A seguito delle riforme pensionistiche in Europa e in Italia negli ultimi anni è aumentato il numero assoluto e la percentuale di lavoratori anziani (>55 anni).

• Le richieste lavorative generalmente si riducono poco con l’età, ma si riduce la capacità lavorativa, soprattutto a causa della presenza di patologie muscolo- scheletriche, mentali e cardiovascolari.

• Possibile incompatibilità tra la capacità funzionale di molti lavoratori anziani e il livello di richieste sul lavoro.

I dati dell’indagine Istat sulla Salute 2013 mostrano, coerentemente con i risultati di diversi studi europei, che circa un terzo dei soggetti di età 62-67 anni, la fascia più colpita dalla riforma Fornero, riferisce di avere limitazioni funzionali e di soffrire di almeno una patologia fisica o mentale.

• La riduzione della capacità lavorativa associata a tali limitazioni e patologie è scarsamente compatibile con lo svolgimento di molte attività lavorative, soprattutto se di tipo manuale e comportanti esposizione a fattori ergonomici.

• La maggior parte delle imprese non avranno sufficienti risorse finanziarie per adattare le condizioni di lavoro ad un gran numero di lavoratori con limitazioni funzionali o gravi malattie croniche .

• Le conseguenze di ciò saranno una riduzione della produttività e aumento delle assenze per malattia per i lavoratori con limitazioni, possibilmente seguite da perdita del lavoro e/o prepensionamento.

• Questi costi sociali dovrebbero essere presi in considerazione nella valutazione del bilancio costo-beneficio relativo all’innalzamento dell’età pensionabile.

Il lavoro sostenibile in Europa

La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), ha pubblicato nel mese in corso (oltre al citato articolo) i primi risultati di una ricerca dal titolo Condizioni di lavoro e lavoro sostenibile Mantenere impegnati i lavoratori più anziani: Politiche, pratiche e meccanismi.

Il documento mira a identificare le iniziative politiche nazionali (a livello locale, regionale o nazionale), le pratiche settoriali e aziendali che affrontano, contribuiscono o sostengono il mantenimento (o il reinserimento) dei lavoratori anziani nel mercato del lavoro.

Lo studio in sostanza raccoglie e mette a confronto le diverse soluzioni adottate dagli Stati membri per far fronte ai problemi indotti dall’invecchiamento dei lavoratori. Vengono quindi descritti  i dati forniti dagli Stati membri per quanto riguarda le pratiche di lavoro sostenibili come le misure relative alle risorse umane, le misure contro la discriminazione basata sull’età e altre. Si esaminano inoltre le politiche e le pratiche degli Stati membri riguardanti i sistemi (pensionistici), l’occupabilità e le competenze. Successivamente vengono discusse le misure per il reinserimento degli anziani disoccupati di lungo periodo e le misure per il loro rientro dopo una malattia di lunga durata. Il Working paper si chiude con una discussione dei principali risultati e alcuni indicatori politici da considerare.

Secondo i ricercatori quel che emerge dalle pratiche nazionali di successo è che

Rendere il lavoro sostenibile significa, da un punto di vista politico, innanzitutto disporre di un progetto tecnologico e organizzativo che crei posti di lavoro di alta qualità.

I ricercatori suggeriscono che la prevenzione dovrebbe essere una priorità assoluta

per i servizi sanitari pubblici e occupazionali ma anche un priorità aziendale. Più specificamente, i luoghi di lavoro dovrebbero concentrarsi su tre principali categorie di prevenzione:

  • migliorare la salute nella vita e nell’ambiente di lavoro, combattere i malsani stili di vita
  • identificazione e trattamento precoce delle malattie croniche
  • sostenere le persone affette da malattie croniche attraverso il trattamento e la riabilitazione.

Si ritiene inoltre che per trattenere i lavoratori più anziani in azienda, i datori di lavoro dovrebbero dare priorità alla salute dei dipendenti quando i dipendenti sono giovani. Secondo lo studio, i problemi di salute rappresentano la causa più diffusa di pensionamento anticipato tra gli Stati membri dell’Ue.

Da uno sguardo d’insieme in merito agli approfondimenti e alle riflessioni fin qui proposte, sviluppate nel nostro Paese e a livello comunitario, sembra emergere una differenza sostanziale:

  • si evidenzia come l’aspetto delle condizioni critiche di salute – che già si manifestano a seguito dei cambiamenti del sistema pensionistico e quindi dei tassi di occupazione di uomini e donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni – siano oggetto prioritario di riflessione e di domande tra gli esperti di prevenzione nel nostro Paese
  • mentre, a livello comunitario ,il Working paper della Fondazione di Dublino offre un quadro di soluzioni e pratiche nazionali per favorire la partecipazione dei lavoratori anziani al lavoro affinché vi restino il più a lungo possibile, magari mediante condizioni di lavoro che tengano conto delle caratteristiche di questa popolazione lavorativa e che rendano quindi il lavoro sostenibile.

Sono due punti di vista leggermente diversi, entrambi dovrebbero essere presi in considerazione, non solo in ambito scientifico, ma piuttosto studiati e valutati, in particolare dalle parti sociali, per poter proporre ai decisori politici soluzioni adeguate anche ai bisogni dei lavoratori.  

Tema quello dell’invecchiamento che non dovrebbe inoltre assolutamente essere letto separatamente da altri fenomeni del mondo del lavoro non meno importanti. Per citarne uno quello dello sviluppo tecnologico che è così rapido e radicale da portare sembra, entro breve (2025), a una divisione del lavoro al 50% [6], tra macchine e persone.


NOTE

[1] Vogliamo citarne alcuni: digitalizzazione e perdita di posti di lavoro, digitalizzazione e cambiamenti nella collocazione spazio temporale del lavoro, introduzione nel lavoro dell’Intelligenza artificiale, precarietà e condizioni di salute psicofisica.

[2] Scheda 9 – Invecchiamento della popolazione attiva: una lettura del fenomeno a partire dai dati del sistema di sorveglianza Malprof.

[3] Ciip, Libro d’argento- aging e-book invecchiamento e lavoro, 2017.

[4] Koolhaas et al., 2012.. Towards a sustainable healthy working life: associations between chronological age, functional age and work outcomes. Eur J Public Health. 2012;22(3):424-9.

[5] OECD, 2014 OECD (2014), Health at a Glance: Europe 2014, OECD Publishing. Available at: http://dx.doi.org/10.1787/health_glance_eur-2014-en

[6] Franco Carnevale “Il lavoro di domani”, Salute internazionale, Diario prevenzione (come Fonte per chi scrive). “Si stima che nel 2025 il lavoro verrà equamente suddiviso tra esseri umani e macchine e che a livello globale verranno eliminati 85 milioni di posti di lavoro e ciò in contrasto con l’istanza politica prevalente secondo la quale l’occupazione rappresenta l’antidoto principale della povertà”.

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