Invecchiare al lavoro

invecchiare al lavoro

La piramide è diventata un anfora. Ma stiamo parlando di età, non di ritrovamenti archeologici.
La piramide è la figura che si ricavava, fino a qualche decennio fa, dai grafici sulle percentuali di popolazione suddivisa per classi di età. Una piramide con una larga base, data dall’alto numero di persone in età giovanile, che si restringeva al vertice per il numero ridotto di ultra sessantacinquenni. Oggi non è più così. L’età “di mezzo” è la più numerosa, con una base giovanile ristretta e un vertice consistente. Appunto un anfora. E a partire dal 2050 ci si avvierà verso la figura della piramide rovesciata. È previsto infatti che, per allora, il rapporto tra chi ha tra i 20 anni e i 64 anni e gli ultra 65enni sarà quasi dell’1 a 1.

Oltre al problema pensionistico, ad oggi solo parzialmente risolto, ci sarà in futuro il grosso problema delle condizioni di lavoro degli over 50. Il CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) ha pubblicato un e-book dal titolo Aging is art – Invecchiare a lavoro.

La penultima indagine Eurofound (2012), una delle poche indagini disponibili di così ampie dimensioni da permettere di fornire solide stime di esposizione ai rischi anche per fasce di età, mostra che l’esposizione ai principali fattori di rischio sul lavoro si modifica poco tra i lavoratori di entrambi i generi oltre i 50 anni, e persino tra quelli di età superiore a 60 anni.

I dati dell’indagine Istat sulla Salute 2013 mostrano, coerentemente con i risultati di diversi studi europei, che circa un terzo dei soggetti di età 62-67 anni, la fascia più colpita dalla riforma Fornero, riferisce di avere limitazioni funzionali e di soffrire di almeno una patologia fisica o mentale. Quindi da una parte i rischi lavorativi restano quelli di ogni lavoratore adulto, dall’altra si modificano gradualmente le condizioni psico-fisiche, anche se non in eguale misura tra persone e generi. Come è naturale.

Questo espone i lavoratori maturi a due effetti. Da una parte un aumento dell’esposizione ai rischi lavorativi e alle conseguenze ad essi connessi, dall’altra a una riduzione del proprio livello di produttività e quindi di maggiore esposizione a pressioni per prepensionarsi, ridurre l’orario lavorativo, assentarsi e così via. Anche perché è stato stimato che la maggior parte delle imprese non avranno sufficienti risorse finanziarie per adattare le condizioni di lavoro ad un gran numero di lavoratori con limitazioni funzionali o con malattie croniche.

Le soluzioni sono:

  • procedere verso l’effettiva costruzione di “posti di lavoro salutari per ogni età”, seguendo le parole chiave della campagna europea 2016/2017 mediante interventi di promozione, incentivazione e controllo;
  • ove ciò non sia totalmente realizzabile, gestendo le “diverse età” sul lavoro individuando mansioni e condizioni atte in generale ai lavoratori più anziani – affrontando concretamente, efficacemente e diffusamente i problemi dell’anziano che risulti parzialmente idoneo o non più idoneo alla sua mansione in età precedente il pensionamento.

Naturalmente la prevenzione è la via maestra. Raggiungere l’età over 50 in buone condizioni è determinante ai fini della possibilità di lavorare i successivi 15-18 anni.

Infine, come illustrato, gli interventi di igiene e sicurezza nel lavoro, l’ergonomia ed i miglioramenti organizzativi possono favorire, oltre alla prevenzione di alterazioni correlate al lavoro, anche la collocabilità di persone con limitazioni, seppure non in tutti i casi e non per tutti i lavori.

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