La comunità di pratica come luogo di prevenzione: valore della conoscenza collettiva nella sicurezza sul lavoro

Un articolo di Luisella Gilardi tratto da DoRS, sulla costituzione di una Comunità di pratica al fine di capire meglio, attraverso la condivisione di eventi concreti, le dinamiche e le cause degli infortuni.

Introduzione

Nell’ambito del progetto “Dall’inchiesta alla storia: costruzione di un repertorio di storie di infortunio sul lavoro”, gli operatori  dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPreSAL) delle ASL hanno scritto 41 storie a partire dalle inchieste infortunio. Per ognuna sono presenti le indicazioni per la prevenzione formulate dall’autore/i.

Dopo circa due anni dall’inizio del progetto, nel 2014 è stata avviata una comunità di pratica su esplicita richiesta degli operatori, con l’intento di formulare indicazioni condivise, di favorire il confronto e di superare il limite legato alla soggettività dell’autore/i.

Le comunità di pratica e di apprendimento sono gruppi sociali che hanno l’obiettivo di produrre conoscenza organizzata e di qualità, cui ogni membro ha libero accesso. Il fine è il miglioramento collettivo. Chi entra in questo tipo di organizzazione mira a un modello di condivisione in cui non c’è spazio per la competizione. Favoriscono lo sviluppo d’identità professionale e il senso di appartenenza alla stessa. Wenger, uno dei primi studiosi a parlare di comunità di pratica, le definisce “come gruppi informali di persone che hanno in comune un interesse, una passione per un tema specifico, e che arricchiscono le proprie conoscenze attraverso una continua interazione, grazie a delle modalità condivise di azione e d’interpretazione della realtà”

Obiettivi

Descrivere il percorso di costruzione e sviluppo della comunità di pratica degli operatori SPreSAL per la condivisione delle conoscenze e la formulazione delle raccomandazione per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Valutare l’efficacia della comunità di pratica rispetto al miglioramento delle pratiche professionali degli operatori

Metodi

Nel corso di ogni incontro della comunità di pratica tenutosi nel biennio 2014-2016, due storie di infortunio sono state sottoposte ad un processo di peer review.

Le storie sono state selezionate sulla base di criteri di originalità e complessità in termini di attività preventive, rese anonime e corredate della documentazione di supporto. I partecipanti in cieco, e suddivisi in gruppi, hanno elaborato le raccomandazioni per la prevenzione per ognuna delle storie sulla base dell’analisi della documentazione.

L’autore/i ha ricevuto le raccomandazioni, le ha confrontate con le sue e ne ha proposto la  validazione nel corso del successivo incontro. Ogni incontro è stato accreditato ECM.

Per la valutazione di efficacia si è utilizzato lo strumento del focus group. A questo scopo sono stati coinvolti sette operatori SPreSAL scelti in base al livello di partecipazione agli incontri della comunità di pratiche e alla dislocazione territoriale.

Il focus group è stato condotto da esperti non coinvolti nel progetto, i temi affrontati riguardano la percezione degli operatori rispetto all’utilità dell’esperienza svolta, gli aspetti critici e i possibili sviluppi.

Risultati

Nel periodo 2014-primo semestre 2016, sono stati organizzati sette incontri della comunità di pratica cui hanno aderito circa 70 operatori, inizialmente appartenenti in gran parte ai SPreSAL delle ASL del Piemonte e in un secondo tempo anche ad altre Regioni. Ad ogni incontro hanno partecipato in media 25 operatori, 12 storie rappresentative sono state sottoposte al processo di peer review.

Tra queste, 7 sono state pubblicate sul web, contrassegnate da un apposito logo. Nel primo semestre 2016  l’area del sito dors dedicata alle storie di infortunio ha avuto 1121 visualizzazioni e 2167 storie di infortunio sono state scaricate.

Gli operatori coinvolti nel focus group hanno riferito che le motivazioni principali che li hanno spinti a partecipare alla comunità di pratica sono legate alla necessità di condividere e confrontarsi sulle loro esperienze di intervento nei luoghi di lavoro a seguito di un infortunio, di affrontare nuove sfide mettendosi in gioco sia riscrivendo l’inchiesta in stile narrativo sia  condividendo i dubbi che ogni inchiesta comporta.

La maggior parte dei presenti ritiene che gli aspetti critici siano legati al fatto che i partecipanti agli incontri della comunità di pratica non siano sempre gli stessi e che, in alcuni casi, l’interesse è legato all’acquisizione dei crediti. Alcuni rilevano che all’inizio del percorso l’attenzione era focalizzata sul giudicare il lavoro dei colleghi, ma questa criticità dopo i primi incontri è stata superata.

Un altro fattore critico è il tempo, la scrittura delle storie di infortunio e la partecipazione agli incontri della comunità di pratica  comporta un dispendio di tempo e risorse spesso non riconosciute dal management. Infine qualcuno rileva che la discussione è ancora molto centrata sulla violazione della norma, gli aspetti di contesto, anche se ritenuti importanti, raramente vengono presi in considerazione nel momento in cui si parla di prevenzione.

Rispetto agli sviluppi possibili, molti operatori sostengono che sia necessario aumentare il livello di percezione del rischio infortunistico non solo tra gli addetti ai lavori ma anche nell’opinione pubblica, qualcuno propone di trasformare le storie in fumetti, mentre molti vorrebbero che l’io narrante fosse l’operatore stesso che racconta la storia dell’inchiesta, di come si sono ricostruiti i fatti a posteriori, delle difficoltà incontrate e del loro superamento.

La maggior parte degli operatori ritiene prematuro far partecipare alla comunità di pratica figure professionali che si occupano di sicurezza che fanno parte del mondo privato come i RLS e i RSPP, in quanto renderebbero difficile il processo di condivisione tra pari per il differente ruolo delle figure coinvolte.

Conclusioni

Il percorso intrapreso ha permesso ad ogni operatore di aumentare il riconoscimento del proprio ruolo professionale, di condividere i saperi taciti e quelli espliciti, i metodi e le pratiche di lavoro. La comunità di pratica si è rilevata uno strumento utile per l’autoapprendimento, i bisogni formativi sono espressi dagli operatori a partire da situazioni realmente accadute e le soluzioni non derivano da manuali ma dalla discussione e la condivisione delle esperienze degli operatori. La condivisione delle soluzioni e dei problemi ha permesso di prendere in considerazione anche determinanti dell’infortunio legati al contesto che di solito sono ignorati perché non comportano la violazione di una norma.

I limiti sono rappresentati dallo strumento usato per l’analisi dell’efficacia che potrà essere affiancato da analisi quantitativa di outcome misurabili. Si ritiene che l’esperienza maturata in Piemonte possa essere imitata, integrata e sviluppata anche in altre regioni e inserita tra le azioni previste dal prossimo piano nazionale di prevenzione.

Bibliografia

Fubini L, Pasqualini O, Gilardi L, Ferro E, Marino M, Santoro S, Tosco E, Bena A, Coffano ME. Narratives of work injuries as a basis for improving preventive measures. Med Lav. 2016 May 26;107(3):178-90.

Wenger, Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità. Raffaello Cortina Editore. Milano, 2006. Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute (DoRS).

Repertorio delle storie di infortunio


> scarica il documento di presentazione del progetto

Lascia un commento