A Marzo del 2017, durante un incontro dei leader del 27 Stati membri e del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e della Commissione europea, venne rilasciata questa dichiarazione in relazione alla necessità, davanti ai processi di cambiamento a livello mondiale, dell’Unione Europea:
L’unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni.
Tra i valori comuni citati c’è la “difesa del valore del lavoro”, non solo in termini generici ma concretamente, proteggendo tutte le componenti del lavoro. Nel 1999 il Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia, presentò il Rapporto Decent Work all’interno del quale afferma per la prima volta:
oggi l’obiettivo primario dell’ILO è garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana.
Nasceva così il concetto di decent work, o lavoro dignitoso.
Questa premessa serve a rendere chiaro che la protezione del lavoro, a prescindere dalle posizioni politiche e dai partiti, è un valore comune affermato da diversi organismi internazionali.
Il tema della promozione della salute sul lavoro nasce da queste premesse, e ne è componente a pieno titolo. I lavoratori sono liberi cittadini che si associano o aderiscono a un progetto produttivo, e non più mera energia lavorativa, “forza lavoro”, e neanche “capitale sociale”: sono soggetti, individui, possessori di diritti.
Le nuove politiche di prevenzione partono da questi semplici concetti. Semplici, forse persino condivisi a livello generale, ma non per questo praticati diffusamente nel mondo produttivo.
A livello europeo la ricerca Esener-2 ci ricorda che nella fascia di imprese piccole o piccolissime (che ricordo rappresentano il 95% del tessuto industriale italiano), spesso con una media di dipendenti inferiore a 4, avvengono l’82% degli infortuni e il 90% degli infortuni mortali. Fatto ancora più drammatico è che si verificano con dinamiche uguali a quelle di settanta anni fa.
Ciò, naturalmente, non solo per arretratezza culturale o umana, ma per le difficoltà date dal contesto in cui operano. Queste imprese sono spesso aggregate in un distretto, in una filiera, in una catena di appalti e subappalti. Costrette a subire condizioni dettate da altri, a competere a costi bassi, con scarse o nulle capacità di ricerca e innovazione e con poca possibilità di attrarre capitali.
È ormai opinione diffusa che è in questa area che concretamente è necessario concentrare gli sforzi.
Lo ribadisce un recente documento del Sindacato europeo, la CES, dell’Ottobre scorso. La CES (in inglese ETUC, European Trade Union Confederation) ricorda che il prossimo anno scadrà il quadro strategico europeo 2014-2020, e che è ora di predisporre le linee del nuovo piano. Al primo posto colloca “il miglioramento del record di attuazione degli Stati membri, in particolare, potenziando la capacità delle micro e piccole imprese di mettere in atto misure di prevenzione dei rischi efficienti”. Come?
Il documento sindacale prosegue:
un modo efficace per sostenere le piccole imprese consiste nel fornire loro consulenza.
Applicando all’Italia questo principio, cosa si dovrebbe fare? Due sono le risposte.
Dare un maggior ruolo propositivo, informativo e consulenziale ai Servizi di Prevenzione delle Asl. Mentre il ruolo di vigilanza e di controllo potrebbe essere affidato a una unica Agenzia Nazionale, come da tempo si va proponendo.
Una seconda possibilità sarebbe dare nuova linfa agli Organismi Paritetici, di cui oggi è grandemente sottovalutato il ruolo. Questi potrebbero svolgere i compiti che la norma già concede loro, tra cui l’affiancamento alle imprese per sviluppare sistemi gestionali, migliorare i livelli di valutazione, individuazione delle misure e di programmazione e infine di formazione. Togliendo tutto ciò dall’ambito del rispetto formale e burocratico e affidandolo a una efficace progettazione ritagliata sulle caratteristiche di ogni singola impresa. A questo, l’Organismo Paritetico potrebbe aggiungere un contributo decisivo all’istituto della partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze, sostenendo il Rls dove c’è o fornendo un RlsTerritoriale dove non ci fosse.
Conclude in fatti il documento della Ces:
La nuova strategia dovrebbe anche promuovere la democrazia sul lavoro nel campo della salute e della sicurezza, garantire la partecipazione attiva dei lavoratori. Ciò include il sostegno ai rappresentanti ed ai comitati sindacali per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro ( in alcuni Paesi c’è questa forma di rappresentanza che non c’è in Italia NdR). I rappresentanti dei lavoratori per la salute e la sicurezza svolgono un ruolo chiave nel fornire una protezione a livello aziendale. La Commissione europea dovrebbe promuovere politiche che migliorino la copertura e le condizioni di sicurezza rappresentanti in tutta Europa.