La prevenzione senza ossigeno – vite bruciate

A seguito degli infortuni mortali avvenuti negli ultimi mesi la Società nazionale degli operatori della prevenzione (Snop) ha dato vita sul proprio sito (www.snop.it) ad una iniziativa, “La prevenzione senza ossigeno – vite bruciate”, di grande valore, contribuendo a colmare il  vuoto istituzionale (soprattutto a livello nazionale) in cui da alcuni anni stiamo vivendo per quanto riguarda la tutela delle condizioni di lavoro.

“I tragici infortuni  avvenuti negli ultimi mesi non possono che suscitare dolore e sconcerto, anche fra quanti hanno operato ed operano nel sistema pubblico di prevenzione. L’incidente alle Acciaierie Venete di domenica 13 maggio 2018 ripete in parte tragicamente rilevante quello della Thyssen Krupp di Torino del 5-6 dicembre 2007. Anche gli altri eventi infortunistici tragici di quest’anno replicano dinamiche note; l’unica cosa che sembra evolvere (ora in peggio) sono i numeri delle statistiche. L’indifferenza e l’inerzia di fronte a tutto questo sarebbero  colpevoli. Manteniamo aperto questo spazio ai contributi di chi – anche non iscritto alla nostra associazione – si senta chiamato a riflettere su questi fatti”.
Anna Maria Di Giammarco, Presidente Snop

Questo l’appello, rivolto a quanti si occupano di prevenzione, a firma della Presidente dell’Associazione, cui hanno risposto in molti con contributi  dettati dalle diverse sensibilità e competenze.

Tra le testimonianze abbiamo scelto quella del Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Bologna che ci sembra particolarmente coerente con la vocazione  pragmatica di questo sito e il compito che ci siamo dati di favorire il trasferimento delle conoscenze (anche tecniche) a Datori di lavoro, Rls e a quanti operano nelle aziende per la valutazione e gestione dei rischi.

Il contributo del Dipartimento fa riferimento a quanto accaduto  nel  gennaio 2018 nell’azienda LAMINA (1) di Milano e testimonia l’impegno svolto “in collaborazione  con  l’AUSL di Bologna, le AUSL della Regione Emilia Romagna, l’INAIL, l’Ispettorato del lavoro, il Corpo dei Vigili del Fuoco e l’Ordine degli Ingegneri di Bologna nell’ambito del progetto Banca delle Soluzioni degli ambienti confinati,  finalizzato a diffondere la conoscenza di soluzioni tecniche e tecnologiche che permettono di evitare l’ingresso dell’operatore umano nei luoghi confinati o sospetti di inquinamento”.

Il problema (come d’altronde anche in altre tipologie di eventi gravi/mortali) è quello di promuovere la  diffusione delle conoscenze, perché in molti casi le soluzioni per evitare tali tragici eventi esistono ma non sono conosciute o, peggio ancora, si pensa che non sia necessario applicarle perché l’ingresso in tali ambienti è solo occasionale, incide inoltre l’eccessiva fiducia degli operatori che magari esperti, eseguono quella manutenzione o quel controllo o quella pulizia da tanti anni.

“La sottovalutazione del rischio è la prima fonte dello stesso. Ma sempre più fa riflettere come le vittime spesso siano legate anche alla catena di solidarietà di chi cerca di soccorrere e di salvare i colleghi o i famigliari, finendo lui stesso per essere vittima.”

Diviene quindi fondamentale diffondere il più ampiamente possibile le informazioni relative sia al lavoro in sicurezza negli ambienti confinati  sia in merito alle  modalità sicure di interventi di soccorso, poiché le vittime sembrano proprio divedersi parimenti tra infortunati e soccorritori: “…servono gli strumenti per formare i lavoratori, per renderli consapevoli rispetto ai rischi e ai pericoli che certe condizioni e ambienti di lavoro determinano e rispetto agli strumenti e soluzioni per ridurre o, meglio ancora, eliminare tali rischi”.  Viene inoltre  segnalata dai ricercatori un’ulteriore “carenza” che “riguarda la possibilità di capire se l’ambiente in cui deve essere svolta una determinata attività, seppur sporadicamente, presenta delle caratteristiche che, a tutti gli effetti, lo rendono un ambiente confinato o sospetto d’inquinamento e che, pertanto, deve allertare sulla possibilità di ingresso e sull’ottemperanza di quelle che sono le procedure di emergenza e di recupero (2)”. Proprio su quest’ultimo aspetto sta lavorando il gruppo di ricerca, in collaborazione con INAIL, per rendere disponibile uno strumento (di prossima emanazione) che sia in grado preventivamente di mettere il datore di lavoro (e chi per lui attua la valutazione dei rischi)  in allerta su tali pericoli e “dove necessario, eviti l’ingresso senza gli opportuni provvedimenti”.

La Banca dati soluzioni degli ambienti confinati permette di accedere: ad un documento di carattere generale contenente “Istruzioni e Regole fondamentali” e ad un vasto repertorio di “Soluzioni tecniche per gli ambienti confinati”.

L’ampia gamma di soluzioni offerte è suddivisa per tipologie di ambienti a rischio quali:

  • cisterne e serbatori,
  • condotte, reti fognarie, cunicoli tecnologici
  • ambienti e intercapedini navali
  • attività di scavo.

Per cisterne e serbatori le soluzioni presentate sono 33 e i metodi utilizzati prevedono anche l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, 19 le soluzioni per condotte reti fognarie e cunicoli tecnologici, tre per  ambienti navali, tre per attività di scavo.  Citiamo di seguito due esempi invitando, quanti siano interessati alla tematica, a non trascurare questa ricca fonte di informazioni  e a consultare direttamente la Banca dati per poter rintracciare  e studiare  le soluzioni adeguate alle proprie  problematiche aziendali.

Banca dati delle soluzioni degli ambienti confinati

Esempio 1
Drone per l’ispezione di ambienti confinati
Attività Utilizzo: ispezione delle condizioni interne delle condotte e delle reti fognarie
Posizione dell’operatore: esterno
Dimensione del serbatoio: variabili in funzione del dispositivo utilizzato
Caratteristiche della soluzione tecnica Metodo
Il dispositivo è costituito da un veicolo radiocomandato derivato dall’ambito militare e utilizzato per diverse applicazioni in campo civile e Industriale.
Il drone è in grado di raggiungere posizioni di osservazione privilegiate o difficilmente raggiungibili, consentendo all’operatore di svolgere le Ispezioni a distanza e senza compromettere la propria sicurezza.
Grazie al drone è possibile compiere ispezioni visive di condotte o altri ambienti di difficile accesso.
La gabbia consente di urtare pareti senza il rischio di rompersi e senza modificare la traiettoria del drone, specialmente in ambienti bui.
Il dispositivo è in grado simultaneamente di registrare e trasmettere a Terra immagini in HD ed IR.
Le luci LED consentono di operare in ambienti totalmente privi di illuminazione.
La gabbia della macchina in figura ha un diametro di 42 cm che consente l’ingresso nei più comuni passi d’uomo.
Gli ambienti in cui questo strumento viene principalmente utilizzato sono le cisterne ed i serbatoi industriali, può essere utilizzato anche per ambienti confinati all’interno di navi, silos, condotte, reti fognarie e tubazioni in genere.
Caratteristiche di mobilità Sistema mobile, non climbing
Stato della Cisterna Out of service
Caratteristiche di esplosività Non Atex
Esempio 2
Cannoni per il mescolamento di prodotti petroliferi all’interno di grandi serbatoi
Attività Utilizzo: mescolamento dei fanghi e dei residui depositati all’interno di serbatoi contenenti prodotti petroliferi e petrolchimici. Dotati di grande mobilità e di un sistema di illuminazione, questi dispositivi possono essere utilizzati anche per operazioni di video ispezione all’interno del serbatoio.
Posizione dell’operatore: esterno
Dimensioni del serbatoio: grandi (diametro 80-100mm)
Caratteristiche della soluzione tecnica Metodo
Controllo e circolazione di flussi liquidi ad alta velocità, attraverso ugelli direzionabili adattati alla superficie laterale del serbatoio.
Caratteristiche di mobilità Sistema fisso, non climbing
Stato della Cisterna In service
Caratteristiche di esplosività Alcuni dispositivi disponibili in commercio sono certificati Atex

NOTE

(1) In cui è avvenuto l’ennesimo incidente in ambiente confinato con la morte di quattro lavoratori.
(2) L’intervento citato è a firma dei professori Cristina Mora ed Emilio Ferrari e dell’ingegnere Lucia Botti.

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