fonte: Eurofound
La pandemia di COVID-19 ha cambiato il modo in cui viviamo e lavoriamo. In particolare, le esigenze uniche degli ultimi anni hanno acceso i riflettori sulle pressioni esercitate su diversi lavori e su determinati ambienti di lavoro e sugli stress associati a diverse forme di lavoro. La pandemia ci ha fatto rivalutare tanti aspetti della nostra vita lavorativa. Ma ha cambiato il modo in cui pensiamo alla qualità del lavoro, il suo ruolo nel garantire una buona vita lavorativa e, in effetti, una buona vita in generale? L’indagine telefonica europea sulle condizioni di lavoro (EWCTS), un’indagine rappresentativa dei lavoratori europei condotta da Eurofound nel 2021, fornisce alcune risposte.
Per cominciare, cosa rende un lavoro un buon lavoro?
La retribuzione, le condizioni di lavoro, l’autonomia, la flessibilità e le ricompense intrinseche giocano tutti un ruolo. Ma contano anche le interdipendenze dei vari elementi. Ad esempio, la sensazione di fare qualcosa di utile è importante, ma se i lavoratori non riescono a guadagnare abbastanza per sbarcare il lunario, chiederanno una retribuzione migliore, come attestano le recenti ondate di scioperi degli operatori sanitari e assistenziali in Europa. Inoltre, una paga elevata non è garanzia di un lavoro di alta qualità. Se un salario elevato è combinato con lunghi orari di lavoro o un livello di intensità del lavoro che lascia una persona troppo esausta per affrontare le faccende domestiche o le responsabilità di cura alla fine della giornata lavorativa, un lavoro ben retribuito non è necessariamente un lavoro di buona qualità lavoro. La qualità del lavoro è intrinsecamente multidimensionale.
Queste considerazioni sono alla base dell’argomentazione secondo cui la qualità del lavoro è determinata da caratteristiche del lavoro e dell’occupazione che hanno una comprovata relazione causale con la salute e il benessere. Chiaramente, passiamo molto tempo al lavoro e durante questo periodo non dovremmo subire danni.