articolo di Paolo Gentile
Ergonomo, sociologo del lavoro e dell’organizzazione. Editor del sito www.rs-ergonomia.com
L’uso della metodologia della formazione/valutazione è particolarmente proficua per l’approfondimento dei rischi organizzativi, dei fattori psico-sociali e degli effetti stancanti del lavoro (monotonia, ritmi eccessivi, saturazione dei tempi, ripetitività, ansia, responsabilità, ecc.). Peraltro la valutazione dell’impatto che questi fattori hanno nell’attività lavorativa rappresenta l’obiettivo della valutazione del rischio stress lavoro-correlato, previsto all’art. 28 del D.Lgs. 81/2008.
Uno strumento per valutare la qualità della valutazione dei rischi organizzativi effettuata, può essere riassunto in tre parole: consultazione, ascolto, partecipazione. Ciò significa che, per giudicare la bontà del sistema di valutazione utilizzato, possiamo formulare tre domande:
- Sono stati consultati i lavoratori?
- Le loro indicazioni sono state ascoltate (trovano riscontro)?
- Hanno partecipato alla scelta e gestione della strategia di miglioramento?
Il numero di SI indicati nelle risposte è la scala per misurare la bontà del metodo utilizzato.
La valutazione non deve prendere in considerazione i singoli lavoratori (non vuole individuare se e chi soffre di stress) ma gruppi omogenei di lavoratori, cioè gruppi di lavoratori esposti alla medesima situazione organizzativa e ai medesimi fattori di rischio. Consiste nel rilevare se, nella situazione lavorativa che si sta valutando, si evidenzi (e/o venga percepita) l’esistenza di fattori che, secondo la letteratura scientifica, possono sottoporre i lavoratori a situazioni stressogene (mancanza di benessere psico-fisico e integrità complessiva della persona). Scopo della valutazione è, pertanto, quello di indicare la presenza di tali fattori di rischio; ovviamente, non necessariamente il lavoratore esposto a quei fattori di rischio svilupperà disturbi da stress lavoro-correlato. Tuttavia, più che per altri fattori di rischio, in questo caso entra in gioco un elemento soggettivo direttamente collegato a come vengono percepiti l’ambiente e l’organizzazione del lavoro. Infatti, la stessa situazione organizzativa può essere percepita da un lavoratore come fonte di stress, mentre per un altro può rappresentare una situazione di normalità.
La Circolare 18 novembre 2010 del Ministero del Lavoro
La Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato, nella Circolare del Ministero del Lavoro del 18 novembre 2010, ha indicato alcuni dei fattori di rischio che debbono essere considerati e ha disegnato un processo di valutazione che necessita di alcune azioni preliminari. Tra queste la commissione consultiva raccomanda:
- “iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte a lavoratori, dirigenti e preposti”, in quanto possono risultare utili per favorire una partecipazione consapevole;
- definizione delle modalità con cui sentire i RLS/RLST e/o i lavoratori, obbligo, previsto nella Circolare 18 novembre 2010 limitatamente ai fattori di contesto e di contenuto del lavoro.
L’utilizzo della formazione/valutazione in questa fase preliminare, realizza diversi vantaggi e, proprio come indicato nella Circolare, permette di assolvere alle raccomandazioni sopra richiamate:
- i lavoratori e/o gli RLS che partecipano all’attività di formazione/valutazione vengono ascoltati e coinvolti nell’analisi anche dei fattori di contenuto e di contesto;
- se opportunamente gestita, la formazione/valutazione può realizzare, al pari delle tecniche di focus group, la valutazione approfondita (soggettiva).
Una volta realizzate le azioni propedeutiche è possibile avviare il processo di valutazione dei rischi organizzativi che consisterà, secondo le indicazioni della Commissione consultiva, in una sequenza temporale di azioni:
- Valutazione preliminare, detta anche valutazione “oggettiva”;
- Individuazione e attuazione degli interventi correttivi, se necessari, in base ai risultati della valutazione preliminare (qualora la valutazione preliminare desse luogo ad una valutazione di rischio basso, non saranno necessarie altre azioni; si dovrà aggiornare indicativamente ogni due anni la valutazione già effettuata);
- Verifica dell’efficacia degli interventi attuati;
- Valutazione approfondita (analisi dell’organizzazione del lavoro percepita), ove gli interventi correttivi siano risultati inefficaci;
- Individuazione e attuazione di ulteriori interventi correttivi, se necessari, in base ai risultati della valutazione approfondita;
- Monitoraggio e aggiornamento della valutazione.
Le indicazioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali contenute nella Circolare 18 novembre 2010, sono state definite come il livello minimo di attuazione dell’obbligo, che prevede sia una fase necessaria (la valutazione preliminare) ovvero obbligatoria, che una fase eventuale (valutazione approfondita) da attivare (obbligatoriamente) solo se gli interventi correttivi – attuati a seguito di una valutazione preliminare che indichi la presenza di rischi non trascurabili – non dovessero risultare efficaci.
Nella proposta ora delineata l’utilizzo della formazione/valutazione che può essere attivata già nella fase preliminare consente:
- di approfondire sempre la valutazione attraverso la partecipazione attiva dei lavoratori coinvolti, ed andare oltre il livello minimo di attuazione;
- di comprendere come l’organizzazione formale del lavoro viene percepita e vissuta in concreto;
- di modificare e riprogettare la propria organizzazione del lavoro attraverso un processo di coinvolgimento dei lavoratori ai quali si chiede e si garantisce cooperazione, condivisione e partecipazione.
Conclusioni
Il rispetto dei principi ergonomici nella progettazione del lavoro è un obbligo di legge: l’Art. 15 del D.Lgs. 81/2008 che detta le “Misure generali di tutela”, al c.1 lett. d chiede il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo. Rendimento, affaticamento e logorio dipendono dal modo in cui i mezzi e i procedimenti di lavoro sono adattati ai caratteri antropometrici e umani dei lavoratori. Un approccio ergonomico prevede la partecipazione dei destinatari: l’ergonomia raccomanda il coinvolgimento dei lavoratori e pone molta enfasi sulla comunicazione; la valutazione deve imperniarsi sulla partecipazione effettiva dei lavoratori attraverso un processo di coinvolgimento dei lavoratori e dei RLS. L’aspetto della partecipazione dei lavoratori, nel caso dei rischi organizzativi appare, se possibile, ancora più decisivo rispetto agli altri rischi lavorativi, dove pure è fondamentale l’ascolto dei lavoratori: la lettura dell’organizzazione del lavoro e delle dinamiche interpersonali non può essere fatta da soli osservatori esterni, ne dalla sola visione del datore di lavoro, il rischio di una impostazione che escluda la partecipazione dei lavoratori alla valutazione è quello di rilevare l’organizzazione come formalmente dovrebbe essere e non come è vissuta nella realtà. L’efficacia delle misure di tutela sarà direttamente proporzionale al livello di consultazione e condivisione delle scelte operate.
Sembra che a questo punto si possa concludere affermando che una efficace valutazione dello SLC si ottiene descrivendo come i lavoratori percepiscono l’organizzazione del loro lavoro, è proprio questa percezione che esercita una notevole influenza sul clima di lavoro nell’azienda, sul rendimento dei lavoratori e sulla redditività del processo lavorativo. La valutazione dei rischi in generale e dello SLC in particolare deve prendere avvio dall’esperienza del gruppo omogeneo di lavoratori che finalmente non delega, partecipa, all’analisi e riprogettazione del proprio lavoro, assumendosi la responsabilità della tutela della propria salute. Questa impostazione metodologica può trasformare il momento valutativo in un efficace sistema di gestione del rischio. La formazione/valutazione che abbiamo descritto sembra essere lo strumento più adatto a coinvolgere preventivamente i lavoratori nella valutazione dei rischi in generale e del rischio SLC in particolare: può sostituire od affiancarsi, per completare la valutazione, all’uso di interviste libere o semi-strutturate, focus group o questionari.
Uno degli elementi di debolezza degli strumenti maggiormente utilizzati per la valutazione dello SLC viene indicato dall’uso di strumenti standardizzati; che se da un lato permettono di dare tranquillità alle aziende circa la conformità della valutazione con il metodo suggerito dalle linee guida INAIL, dall’altro non tengono conto delle innumerevoli differenze che esistono tra settori e situazioni lavorative differenti (es. tra una scuola e un’azienda metalmeccanica, tra operai e impiegati). L’utilizzo della formazione/valutazione, in fase preliminare, oltre a realizzare o integrare la valutazione approfondita, permette di apprezzare le differenze tra gruppi omogenei diversi nella stessa azienda e tra aziende appartenenti a settori produttivi differenti.