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L’accordo sulle molestie e le violenze nei luoghi di lavoro

L’Accordo raggiunto il 25 Gennaio tra Confindustria e CGIL-CISL-UIL può essere letto come l’emblema di come vanno le cose da noi.

L’Accordo non è altro che il recepimento dell’accordo siglato a livello europeo dalle associazioni industriali e dai sindacati europei il 26 Aprile 2007, quasi nove anni or sono! E pensare che l’accordo doveva essere attuato entro 3 anni, quindi entro il 2010.

Cosa ha causato tale ritardo? La scarsa conoscenza sul tema oppure le novità introdotte o un dissenso sull’accordo o infine la necessità di aggiungere qualcosa di originale e adattabile al nostro Paese?

Sembra nulla di tutto ciò. I temi erano straconosciuti visto che l’accordo di nove anni fa era stato preceduto da una consultazione a livello europeo avvenuta nel 2004, da un seminario delle parti sociali europee svoltosi successivamente e conclusosi con un mandato a scrivere un accordo nel Febbraio del 2006. Poi nel Dicembre dello stesso anno, dopo mesi di negoziato, veniva siglato un accordo. Infine dopo una lunga fase di consultazione interne, la bozza d’accordo, veniva definitivamente firmata nell’Aprile 2007. Ben tre anni di gestazione di cui nessuno può dirsi all’oscuro.

Il tema era dunque conosciuto e il contenuto largamente condiviso. Si è quindi aggiunto qualcosa? Non pare proprio, salvo una premessa all’accordo europeo. Una premessa in cui vengono ribaditi i concetti che sono alla base dell’accordo europeo, insieme all’impegno a darne diffusione sul territorio e all’adozione dell’allegato B dell’accordo stesso, nelle aziende.

Peraltro c’è da dire che leggendo il testo si nota che le affermazioni in esso contenute non siano tali da richiedere grandissime negoziazioni. Per fare un esempio si afferma che:

– ogni atto o comportamento che si configuri come molestie o violenza nei luoghi di lavoro, secondo le definizioni dell’Accordo, è inaccettabile;
– è, pertanto, riconosciuto il principio che la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori non può essere violata da atti o comportamenti che configurano molestie o violenza;
– i comportamenti molesti o la violenza subiti nel luogo di lavoro vanno denunciati;
– le lavoratrici, i lavoratori e le imprese hanno il dovere di collaborare al mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza.

L’allegato B riporta le stesse affermazioni aggiungendovi cosa deve essere considerato come violenza o molestia, e cioè:

Le molestie si verificano quando uno o più individui subiscono ripetutamente e deliberatamente abusi, minacce e/o umiliazioni in contesto di lavoro.
La violenza si verifica quando uno o più individui vengono aggrediti in contesto di lavoro.
Le molestie e la violenza possono essere esercitate da uno o più superiori, o da uno o più lavoratori o lavoratrici, con lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona, di nuocere alla salute e/o di creare un ambiente di lavoro ostile.

Non conoscendo i retroscena sembra che tutti questi anni siano serviti a dichiarare quello che ai più sembra una affermazione scontata  e di buon senso comune e cioè che la violenza o le molestie nei luoghi di lavoro siano “inaccettabili”.

Tralasciamo ulteriori commenti e soffermiamoci sulla prevenzione e sulle procedure “di gestione dell’accordo” di Gennaio.

Fausto Durante della Cgil, che ha partecipato al confronto con Confindustria ha dichiarato alla stampa che “queste procedure possono includere una “fase informale” (con la consulenza di un esperto), cui seguiranno fasi più formali in cui saranno indagati (nella più totale discrezione) accadimenti e responsabilità. Qualora venga accertato il verificarsi della molestie o violenza saranno adottate le misure disciplinari, che possono comprendere il licenziamento, mentre le vittime riceveranno sostegno e, se necessario, verranno assistite nel processo di reinserimento”.

E per quanto riguarda la fase più importante, la prevenzione? Il tutto sembra affidarsi alla conoscenza del problema e alla sua condanna. Siamo alla conferma di una linea che ha condotto alla nascita di Codici di condotta, di comportamento, etici, ecc. E che finora non si è rivelata efficace. Spesso la emanazione di questi codici interni è un atto puramente formale legato più a una certa retorica nelle comunicazioni interne o al desiderio di mettersi un fiore all’occhiello da travasare all’esterno in modo pubblicitario o da inserire nella carta dei servizi per l’utente, che a procedere a un vero cambiamento delle linee di relazioni aziendali. Spesso non c’è formazione adeguata che proceda a fissare nuovi stili di leadership legati a valori democratici e rispettosi della dignità delle persone. Insomma non basta una “grida” di manzoniana memoria a modificare culture, valori e relazioni interne soprattutto quando questi e il concreto operare nel processo produttivo quotidiano non si fondono, rimanendo distinti con il secondo prioritario sul primo obiettivo.

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