Lavorare in metaverso: quali rischi?

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Lavorare in metaverso [1]: quali rischi?
Un rapido esame della letteratura

La realtà virtuale (VR) e quella aumentata (AR) sono ormai ovunque. Dal mondo dei videogiochi al mondo del lavoro. La realtà virtuale è proprio quella tecnologia che si prospetta essere in grado di diffondersi nel mondo del lavoro a macchia d’olio. Già presente in molti settori potrebbe presto diventare uno standard. Questa nuova tecnologia potrebbe essere un alleato potente nella prevenzione dei rischi in cantiere e in altri luoghi di lavoro simili, ma non sempre la sua introduzione è da considerarsi positiva.

Pierre Bérastégui, ricercatore al European Trade Union Institute (Etui) di Bruxelles,  ha da poco redatto una brochure che parla proprio dei rischi collegati a questa nuova tecnologia.  Il volumetto, che si occupa principalmente di metaverso e della sua possibile applicazione in ufficio,  individua quattro categorie di rischi che insorgono rispetto alla realtà virtuale.

Future at Work ADAPT
Fonte: Future at Work ADAPT
Rischi Fisici

Numerosi studi hanno evidenziato problematiche legate alla distanza tra gli occhi e gli schermi degli HMD[2]. Lo schermo si trova a pochi centimetri dagli occhi e copre gran parte del campo visivo, aumentando notevolmente l’esposizione alla luce – soprattutto quella blu – rispetto a uno schermo tradizionale. Il disagio che provoca, noto da tempo come sindrome da visione artificiale (CVS), comprende mal di testa, secchezza e prurito agli occhi e visione offuscata. Uno studio recente ha dimostrato che, per prevenire questi sintomi, una sessione di lavoro non dovrebbe durare più di 55-70 minuti (Kourtesis et al. 2019). Un sondaggio francese ha suggerito che questo limite non è sempre rispettato in ambito  professionale, poiché la durata media di una sessione VR o AR è risultata pari a 75 minuti se utilizzata in spazi pubblici, 79 minuti per scopi sanitari e riabilitativi e 66 minuti in ambienti 3D immersivi esplorabili camminando (Anses 2021).

È noto che la luce blu sopprime la produzione di melatonina, un ormone che svolge un ruolo chiave nella regolazione del sonno (Tähkämö et al. 2019). A seconda della lunghezza d’onda o dell’intensità, l’esposizione alla luce blu può anche causare danni temporanei o permanenti ad alcune strutture dell’occhio, in particolare alla retina (Cougnard-Gregoire et al. 2023). Sebbene non ci siano prove che suggeriscano che il normale utilizzo dello schermo sia deleterio per la retina umana, si sa poco su questi impatti nel contesto delle moderne tecnologie VR o AR.

L’elevato tasso di modulazione della luce emessa dai visori VR, in un intervallo di frequenza compreso tra 79 e 90 hertz, è considerato un fattore di rischio per convulsioni in soggetti affetti da epilessia fotosensibile (Anses 2021). Inoltre, è stato riscontrato che angoli di sguardo estremi all’interno dei visori VR sono associati a un aumento del rischio di eteroforia, una condizione in cui gli occhi di un individuo puntano in direzioni diverse mentre è a riposo (Gov.Uk 2020). Nel complesso, mancano prove sui potenziali effetti a lungo termine della realtà virtuale o aumentata sugli occhi o sul sistema visivo nel suo complesso.

Un’altra fonte di disagio riguarda la disparità tra le informazioni ricevute dal sistema vestibolare e da quello visivo. Gli occhi percepiscono il movimento, ma l’orecchio interno, che ci dà il senso dell’equilibrio, dice al cervello che il corpo è fermo. Questa dissonanza può innescare la cybercinetosi, che si riferisce al malessere della realtà virtuale con sintomi simili alla chinetosi: mal di testa, vertigini, nausea e disorientamento. A seconda del tipo di contenuto, si ritiene che tra il 20% e il 95% degli utenti ne sia affetto (Stanney 2021). Le simulazioni che implicano più movimento hanno maggiori probabilità di indurre la cybercinetosi rispetto alle applicazioni statiche. In alcuni casi, i sintomi possono durare diversi giorni dopo l’esposizione e vengono avvertiti come atassia posturale – una sensazione di instabilità o ubriachezza che peggiora muovendo la testa. Le prove dimostrano che la probabilità di cybercinetosi è maggiore negli HMD con campi visivi più ampi e in ambienti virtuali con un realismo visivo più elevato. Questi risultati insieme suggeriscono un possibile nesso tra ambienti immersivi e cybercinetosi. Anche i sistemi che funzionano troppo lentamente o con un frame rate[3] instabile hanno maggiori probabilità di causare cybercinetosi. Quando si tratta di misure di mitigazione, è stato riscontrato che l’allenamento della propriocezione (mediante dispositivi  vibranti)  riduce al minimo la probabilità che si verifichi la cybercinetosi, analogamente la generazione di una profondità di campo regolabile in base allo sguardo dell’utente o la riduzione dei movimenti rotatori diminuiscono la gravità dei sintomi (Easa 2021). Inoltre  esistono prove evidenti a sostegno dell’instaurarsi di un meccanismo di assuefazione, sebbene gli effetti dell’assuefazione si stabilizzino solo dopo un’esposizione prolungata (GOV.Uk 2020). Infine, l’adattamento sensoriale può rappresentare un rischio per l’utente se compromette temporaneamente la vista, l’equilibrio o la coordinazione dopo l’uso.

È stato anche riscontrato che gli utenti che partecipano ad ambienti immersivi sperimentano lievi cambiamenti nel loro stato fisiologico, con effetti sulla frequenza cardiaca, sulla temperatura cutanea, sull’attività elettrodermica e sulla traspirazione (Gov.Uk 2020). Sono necessarie ulteriori ricerche sulle implicazioni di tali cambiamenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Rischi Ergonomici

La scarsa ergonomia degli HMD è stata più volte segnalata come motivo di preoccupazione, sebbene gli studi sugli utenti siano ancora limitati. Durante l’uso prolungato la distribuzione spesso non ottimale del peso, negli HMD di livello non professionale, può causare disturbi e lesioni muscoloscheletriche. Buona parte  del peso, nella maggior parte degli HMD, è sostenuto dalla fronte e dal naso, portando l’utente a inclinare gradualmente la testa in avanti. Nel tempo, questa postura può aumentare il carico sulla colonna cervicale, causando tensione al collo (Easa 2021). Inoltre, il campo visivo ristretto di alcuni dispositivi HMD può comportare più movimenti della testa, aumentando ulteriormente il rischio di disturbi muscoloscheletrici del collo e delle spalle.

L’utilizzo di cuffie più leggere con una migliore distribuzione del peso può aiutare a ridurre il carico fisico causato dagli HMD sul sistema muscolo-scheletrico. Attualmente però si osserva la tendenza opposta: gli HMD tendono a diventare più pesanti man mano che aumenta la risoluzione dello schermo e quindi la potenza necessaria della CPU[4]. Tra il 2014 e il 2024, il peso degli HMD prodotti da Meta/Oculus è aumentato costantemente da 380 g (Oculus Rift DK1) a 722 g (Quest Pro). Ulteriori elementi da considerare sono lo sforzo aggiuntivo esercitato sul collo quando all’utente è richiesto di mantenere una particolare postura per completare un’azione nell’ambiente immersivo, nonché la forza di inerzia aggiuntiva generata quando l’utente esegue un movimento della testa. Questi problemi contribuiscono ad abbassare la soglia di peso accettabile per un funzionamento sicuro.

Un ulteriore problema ergonomico segnalato è l’irritazione della pelle del viso associata all’area in cui l’interfaccia in gomma dell’auricolare entra in contatto con la pelle.

Rischi per la sicurezza

I lavoratori che utilizzano un visore per l’VR hanno il campo visivo limitato e l’attenzione deviata da ciò che si trova sullo schermo: le possibilità di causarsi lesioni  ovviamente aumentano. Queste lesioni possono essere causate dalla collisione con oggetti del mondo reale o dall’inciampo nei cavi del sistema VR. I visori più moderni hanno ridotto significativamente il rischio di collisione mentre si è immersi in un ambiente VR, progettando visori autonomi (cioè senza fili o cavi collegati) o l’uso di confini virtuali per aiutare l’utente a rimanere all’interno dell’area sgombra.

È stato riscontrato che gli effetti a breve termine successivi all’uso della realtà virtuale includono una ridotta profondità di percezione, un tempo di reazione ridotto e difficoltà di messa a fuoco. Tale funzionamento cognitivo e percettivo compromesso può, a sua volta, provocare lesioni conseguenti, ad esempio, a rischi di scivolamento, inciampo o caduta. In effetti, ci sono alcune prove che indicano l’effetto negativo della realtà virtuale sull’equilibrio e sulla coordinazione a seguito di un uso prolungato (Gov.Uk 2020), così come una serie di casi di studio che dimostrano che anche le cadute a basso impatto possono causare lesioni significative. Ad esempio, si segnala (Warner e Teo 2021) un caso di caduta correlata alla realtà virtuale con conseguente lesione del midollo spinale, lesione del nervo ipoglosso, dissezione dell’arteria vertebrale e lesione cerebrale traumatica. Esiste anche il rischio potenziale di gravi conseguenze se un individuo dovesse impegnarsi in un’attività come guidare o eseguire compiti in cui è richiesta una precisa coordinazione occhio-mano immediatamente dopo l’immersione in un ambiente virtuale (Gov.Uk 2020). Infine, i segnali sonori forniti in molti ambienti immersivi possono effettivamente escludere la stimolazione audio dal mondo reale, ponendo ulteriori problemi di sicurezza per gli utenti.

I visori AR dovrebbero, con ogni probabilità, presentare  meno rischi per la sicurezza, poiché l’ambiente circostante nel mondo reale rimane parzialmente visibile durante l’uso. Esistono prove, sebbene limitate in misura, che l’AR ha anche un effetto negativo sui tempi di reazione dopo l’uso, sollevando preoccupazioni simili riguardo alla sicurezza delle attività successive che richiedano una precisa coordinazione occhio-mano (Gov.Uk 2020).

Sono necessarie ulteriori ricerche sugli effetti dell’immersione nei confronti dell’equilibrio e della coordinazione occhio-mano, in particolare per quanto riguarda la durata degli effetti e il modo in cui potrebbero influire sull’esecuzione di compiti critici per la sicurezza, come guidare o utilizzare macchinari.

Rischio Biologico

I Visori sottoposti a uso prolungato sono colonizzati da elevati livelli di contaminanti batterici, equivalenti o superiori a quelli riscontrati sulle tastiere dei computer in ambienti simili. A causa del loro design, i visori tendono a raccogliere il sudore che, unito al calore generato dal dispositivo, crea un terreno fertile perfetto per diversi batteri. Uno studio ha isolato ceppi di Staphylococcus aureus, che possiedono alti livelli di resistenza agli antibiotici, dai naselli e dalla fronte dei visori VR utilizzati da diversi individui durante un corso di sviluppo software (Creel et al. 2020). Anche negli individui sani, lo Staphylococcus aureus può causare infezioni gravi, come infezioni del sangue, polmonite o infezioni delle ossa e delle articolazioni. Sono stati rilevati una varietà di altri contaminanti batterici. Sebbene siano noti per far parte della normale flora batterica  della maggior parte degli esseri umani, possono comunque causare infezioni opportunistiche negli utenti immunocompromessi o negli utenti con altri fattori di rischio.

È stato dimostrato che la sterilizzazione con etanolo al 70% è un modo efficace per ridurre il rischio di contaminazione e infezione da visori VR, ma sono necessarie ulteriori ricerche per generalizzare questo metodo ad altri agenti patogeni, come virus. Questi risultati evidenziano l’importanza di osservare le procedure di sanificazione e, di conseguenza, di fornire agli utenti informazioni relative a tali procedure. Poiché alcuni utenti hanno riferito che pulire adeguatamente gli HMD può essere una procedura di prevenzione molto utile (Easa 2021), lo sviluppo di accessori sotto forma di maschere facciali usa e getta per cuffie e imbottiture protettive in gomma si sta rivelando una strada promettente per la prevenzione dei rischi biologici.

Rischi Psicosociali

Prove recenti suggeriscono che la scarsa usabilità dei moderni visori può essere dannosa per la salute mentale. Uno studio ha confrontato l’esperienza di addetti che hanno trascorso una settimana lavorativa di 40 ore in VR e un’altra in un ambiente di ufficio tradizionale (Biener et al. 2022). Utilizzando una configurazione VR standard disponibile oggi sul mercato, lo studio ha mostrato un aumento del 35% del carico di lavoro percepito quando il lavoro veniva svolto in un ambiente immersivo. I partecipanti hanno riferito maggiori sentimenti di frustrazione (42%), ansia (19%) e affaticamento degli occhi (48%), con due di loro che hanno abbandonato dopo il primo giorno a causa di una grave emicrania, nausea e ansia. Un altro risultato significativo è stata la natura cumulativa degli impatti avversi nel corso della settimana, soprattutto in relazione al carico di lavoro e al sintomo della nausea. Questi risultati suggeriscono che le attuali soluzioni VR per i consumatori sono ancora lontane dall’avere i livelli di usabilità richiesti per un uso prolungato negli ambienti di lavoro.

Lo sviluppo di ambienti sempre più realistici comporta rischi legati a contatti indesiderati. Il cyberbullismo è stato evidenziato dagli studiosi come una sfida chiave poiché gli ambienti immersivi consentono agli utenti di interagire in modi precedentemente inimmaginabili (Upadhyay et al. 2023). Si sono verificati diversi episodi di bullismo e aggressione sulle piattaforme del metaverso (Dwivedi et al. 2023). Il cyberbullismo può assumere varie forme, come molestie e trolling[5], che possono avere un grave impatto emotivo e psicologico sulle vittime, oppure può assumere una forma più fisica come risultato del continuo sviluppo delle tecnologie di rilevamento. La tecnologia tattile, ad esempio, può creare l’esperienza di “toccare” oggetti in ambienti virtuali e potrebbe essere utilizzata per fornire un senso di contatto virtuale tra due avatar, innescando sensazioni fisiche. In questo contesto, molto probabilmente i fornitori si troveranno ad affrontare un dilemma perché l’introduzione di misure protettive potrebbe ridurre l’immersività dell’esperienza. L’uso di un avatar può avere un’influenza significativa sul comportamento delle persone negli ambienti mediati dal computer. È stato ripetutamente dimostrato che gli utenti adeguano i propri modelli comportamentali per adattarli all’aspetto esterno del proprio avatar (Peña et al. 2022). Ad esempio, gli utenti tendono ad essere più sicuri ed estroversi quando utilizzano avatar considerati alti e attraenti. Conosciuto come effetto Proteus[6], questo fenomeno potrebbe avere un effetto amplificante sul cyberbullismo in ambienti immersivi in cui ogni interazione è mediata da un avatar. In effetti, gli studi hanno dimostrato che le tecnologie legate alla realtà virtuale suscitano un effetto Proteus più forte rispetto a quelle che si basano su schermi 2D standard (Beyea et al. 2022). Esistono anche prove che il comportamento conflittuale manifestato da un personaggio virtuale induce elevati livelli di ansia in ambienti immersivi rispetto a uno schermo piatto, principalmente a causa delle differenze di percezione dello spazio fisico (Dickinson et al. 2021). Un numero limitato di studi ha esaminato l’impatto dell’uso prolungato delle tecnologie XR[7] sulla percezione della realtà. Uno studio ha dimostrato che è possibile indurre temporaneamente una distorsione della percezione della realtà in soggetti sani, senza avere alcun effetto dannoso sulla loro salute e sul benessere percepito (citato in Anses 2021).

Un articolo pubblicato a cura della Facoltà di business [8] dell’Università americana Virginia Darden individua un ulteriore rischio: la  VR e l’uso di avatar può cambiare profondamente anche il rapporto tra superiori e dipendenti per esempio rendendo più facile emotivamente licenziare o usare toni duri con la propria forza lavoro.

La realtà virtuale è ancora in stato embrionale ma è probabile che nel prossimo futuro diventerà sempre più presente nelle nostre vite e nel mondo di lavoro. Il covid ha mostrato a tutti che lo smartworking può essere una scelta sostenibile economicamente ma lo sarà anche per la salute e la sicurezza dei lavoratori? E la tecnologia potrebbe aiutarci a superare i rischi e a facilitare il lavoro o creerà sempre più problemi che minacciano la salute e la sicurezza dei lavoratori?


NOTE

[1] Metaverso indica uno spazio virtuale, in cui si può accedere tramite la realtà virtuale, che permette di incontrare altri e organizzare incontri in remoto. Metaverso (metaverse) è anche il nome scelto da Meta (facebook) per il suo nuovo progetto. L’idea è di creare un nuovo social che permetta di sfruttare la realtà virtuale per connettere le persone. Sul sito ufficiale di Meta c’è questa definizione che, anche se non troppo esplicativa, offre un’idea di cosa sarà il metaverso: “Il metaverso è la prossima evoluzione nella connessione sociale e il successore di Internet mobile.  Come internet, il metaverso ti aiuterà a connetterti con le persone quando non sei fisicamente nello stesso posto e ci avvicinerà ancora di più a quella sensazione di stare insieme di persona.” https://about.meta.com/what-is-the-metaverse/  (sito ufficiale di Meta)

[2] Un Head-mounted display (letteralmente  schermo montato sulla testa), o HMD, è uno schermo montato sulla testa dello spettatore attraverso un casco ad hoc e può essere monoculare o binoculare.

[3] Frequenza di fotogrammi

[4]  Componente di un calcolatore (detta anche processore) che carica le istruzioni dei programmi in memoria, le interpreta e manipola i dati.

[5] Trolling: si tratta di infastidire on line che va dla disturbare una chat a, nei casi più gravi, partecipare a una gogna mediatica.

[6] E’ il fenomeno per cui gli utenti  si conformano a comportamenti  associati all’aspetto dell’avatar  loro assegnato.

[7] La Realtà Estesa (XR, Extended Reality) è un termine che mette insieme  le esperienze di realtà aumentata, realtà virtuale e realtà mista, il che significa che tutte le realtà tecnologicamente avanzate rientrano nel termine generico di XR.

[8] Virginia Darden Business,  https://ideas.darden.virginia.edu/virtual-reality-in-the-workplace

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