Lavoratori stranieri e formazione. Alcune sentenze.

Partiamo dal ricordare il contenuto dell’articolo 37 comma 13 del D.Lgs.81/08, il quale prevede che

il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.

La cassazione ha emanato alcune sentenze interessanti su questo tema molto dibattuto.

La prima che presentiamo è relativa a un lavoratore di nazionalità indiana ed è la sentenza della Cassazione Penale, Sez. IV, 8 aprile 2015 n. 14159 che  ha confermato la condanna del consigliere delegato di una s.r.l. “espressamente delegato per gli aspetti di igiene e sicurezza sul lavoro”, al quale “era stato contestato di avere cagionato per colpa generica e specifica lesioni personali gravi al lavoratore S.B. In particolare il predetto lavoratore, adibito ad una operazione di manutenzione su di una macchina per pressofusione finalizzata a sostituire una boccola che faceva da imbocco al pistone per l’iniezione dell’alluminio fuso all’interno dello stampo della macchina, mentre posizionava la propria mano all’altezza del buco in cui si doveva inserire il pistone per l’iniezione del metallo, a causa della manovra effettuata dal compagno di lavoro A., che aveva azionato il comando del pistone, si procurava le lesioni di cui al capo di imputazione. Il pistone entrava infatti a forza nel buco predisposto attraverso la boccola in fase di smontaggio, tranciando di netto parte del dito pollice del lavoratore S.B.

La Cassazione dà ragione ai giudici della Corte di appello riconoscendo “la sussistenza del nesso causale tra la omessa somministrazione al lavoratore di un’adeguata formazione, in una lingua che egli avrebbe potuto comprendere, (essendo egli di nazionalità indiana) e non già in lingua italiana, circa le modalità con cui procedere all’operazione che stava eseguendo e l’infortunio. Se egli avesse avuto una formazione adeguata, non avrebbe agito con quelle modalità e, in particolare, non avrebbe appoggiato la mano in prossimità del foro nel quale doveva entrare il pistone, mentre il suo compagno di lavoro A. avrebbe evitato di azionare la macchina in quel momento.

La seconda riguarda invece una condanna per mancato accertamento, da parte del DdL, della comprensione di un testo scritto da parte di lavoratori stranieri. Nella sentenza della Cassazione Penale, Sez. IV, 1° ottobre 2013 n. 40605, il datore di lavoro D.P. (quale legale rappresentante di una cooperativa) è stato condannato per aver omesso di “assicurare informazioni sulla sicurezza, osservando in particolare, per quanto interessa in questa sede, che la formazione fornita al lavoratore C.G. (impartite mediante due incontri di quindici minuti ciascuno) non fosse adeguata.

Il lavoratore C.G. era peraltro un lavoratore straniero.

La Corte conferma la decisione del giudice del merito, il quale, “richiamati i principi giurisprudenziali riguardanti i precisi doveri che incombono sul datore di lavoro in tema di formazione sulla sicurezza dei propri dipendenti, ha considerato che in due soli incontri di quindici minuti ciascuno sono insufficienti tenuto conto altresì degli argomenti trattati, sulla scorta di quanto riferito dai lavoratore stesso C.G.: ha rilevato inoltre che sarebbe stato onere del D.P. accertare se le “procedure scritte” di movimentazione consegnate ai lavoratori fossero state comprese e recepite dagli stessi e in particolare da quelli stranieri, come il C.G. a, e a tale questione ha dato risposta negativa.

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