Lavoro, invecchiamento e salute

I dati occupazionali di settembre ci dicono che il tasso di occupazione è al 59%, ma che non è aumentato in maniera omogenea per ogni fascia di età. Ha superato il 60% per gli over 50 e fino a 64 anni, è molto meno per la fascia d’età sotto i 24 anni. Il dato è ancora più clamoroso se si guarda al mercato del lavoro europeo, dove la crescita maggiore l’ha avuta proprio la fascia tra i 55 e i 74 anni!

Come si spiega questo fenomeno? Sicuramente una ragione è da cercarsi nella riforma delle pensioni e nell’innalzamento dell’età pensionabile ma sembra, guardando ai dati, che c’è anche una volontà dei baby-boomers di rimanere attivi. Spesso inoltre si tratta di mestieri non logoranti e di posizioni lavorative interessanti. Infine c’è un dato demografico, che riguarda la sempre maggiore presenza di persone over 50 sul totale della popolazione italiana ed europea.

Sull’insieme di questi argomenti sono decisivi lo stato di salute e l’aumento dell’aspettativa di vita.

Ricordiamo che l’art. 18, comma 1 del Testo Unico D.Lgs. 81/2018 recita:

Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
c) nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

Quindi i compiti e le mansioni da affidare ai lavoratori e alle lavoratrici cambiano nel tempo e accompagnano le mutate capacità e le condizioni fisiche della persona

Come monitorare questi aspetti? Passando da un’idea di “lavoratore standard” a quella di un “lavoratore reale”, come è stato detto nel corso del Convegno Le sfide della sicurezza inclusiva e l’accomodamento ragionevole (Milano, 14.12.2017 – Centro per la Cultura della Prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita, Inail, CIIP e altre organizzazioni lombarde), di cui potete trovare le slides qui.

Prima di tutto si tratta di mettere in atto politiche di prevenzione, che non possono che partire da una reale valutazione dei rischi e quindi dell’organizzazione e delle mansioni e dei ruoli affidati ai singoli. Una valutazione che dovrà tenere conto, come prevede la stessa norma di:

  • Età anagrafica
  • Genere
  • Livello culturale e la formazione svolta
  • Capacità funzionali ( fisiche, psichiche, emotive)
  • Stato di salute generale
  • Caratteristiche del lavoro
  • Ambienti di lavoro
  • Complessità dei compiti

All’interno di questo insieme di valutazioni andrà quindi collocata la persona-lavoratore con tutte le sue specifiche attitudini e capacità e i suoi limiti intervenuti.

Tra le risorse possiamo collocare:

  • L’esperienza
  • La conoscenza
  • La visione d’insieme
  • La capacità decisionale
  • La capacità di razionalizzare e di problem solving
  • La capacità strategica
  • Le competenze di linguaggio
  • Il grado di affidabilità raggiunta
  • L’etica
  • Il grado di responsabilità
  • La capacità di aiuto ai colleghi
  • Lo spirito di iniziativa

Una analisi siffatta, se ben condotta senza pregiudizi da tutti gli attori aziendali ( DdL, RSPP, Medico Competente e Rls), potrà permettere di raggiungere due obiettivi:

  • Generale, migliorando la efficacia della prestazione della persona.
  • Individuale, contribuendo al miglioramento dello stato di salute, sotto ogni punto di vista, del lavoratore o della lavoratrice.

Lascia un commento