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L’impegno della dirigenza nel migliorare le condizioni di lavoro dà i suoi frutti: il caso della fonderia Fiday Gestion

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articolo di Yann Maurelli


In Alta Saona (Dipartimento francese della regione Borgogna – Franca Contea) vi è un’azienda che sta attraversando una vera e propria rivoluzione dal punto di vista della sicurezza sul lavoro.

La Fiday Gestion, industria a conduzione famigliare produttrice di tamburi e dischi da freno per autocarri e autobus, era infatti rimasta indietro, vista la natura della  produzione, per quanto riguarda un ambiente lavorativo sicuro e salutare ma, nell’ultimo periodo, le cose sono cambiate in poco tempo: l’azienda, nel febbraio 2022, ha avuto l’87% di infortuni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno passato.

Questo miglioramento delle condizioni di lavoro è frutto dell’ impegno del nuovo amministratore delegato Laurent de Lustrac, che ha assunto tale incarico dal maggio 2021. L’azienda ha un assetto che si confà all’industria pesante, in cui si creano spesso situazioni che possono risultare pericolose sia per via dei gas prodotti dalla lavorazione, sia per colpa del materiale incandescente.

Laurent de Lustrac ha dimostrato però che è possibile un’inversione di marcia: per cambiare la cultura dell’azienda punta in particolare sul coinvolgimento di tutti, a cominciare dal management. È stata istituita una “routine” tra l’AD e il suo team Hse (salute, sicurezza, ambiente) e ogni settimana si incontrano per fare il punto sulla prevenzione. Al fine di sensibilizzare il Comitato di gestione aziendale, viene fornito un aggiornamento mensile sullo stato di avanzamento delle azioni preventive. Tutti gli avvisi di sicurezza vengono inviati anche ai suoi undici membri, che effettuano visite settimanali sul campo per non essere disconnessi dalla realtà dell’azienda.

Non vogliamo agire solo in reazione agli incidenti, ma essere parte di un vero approccio di prevenzione identificando e dando priorità ai rischi più gravi fornendo soluzioni,

insiste Laurent de Lustrac.

E in una fonderia i rischi non mancano. Lo dimostrano in particolare i 2.000°C raggiunti dal forno a cupola, un vero e proprio altoforno in miniatura che produce 28 tonnellate di ghisa all’ora. I rottami metallici riciclati, la principale materia prima utilizzata (seguono carbonio, manganese, cromo, rame ed altri…), vengono introdotti nel forno tramite una modalità completamente automatizzata e monitorata da una sala di controllo. All’uscita dalla cupola del forno, il metallo fuso a 1.500°C viene preventivamente raccolto in secchi di acciaio refrattario da 850 kg, agganciati ad una rotaia. Con il rischio di essere ustionati dalle schegge di ghisa, gli operatori dovevano spingerli e poi inclinarli per riempire manualmente gli stampi. Dal 2016 la ghisa è distribuita negli stampi da un forno di colata automatico, a sua volta alimentato da carrelli automatizzati il ​​cui percorso è protetto da barriere fotoelettriche. Sul nastro di raffreddamento, gli stampi riempiti di ghisa viaggiano per 4 ore verso uno scuotitore, una sorta di nastro vibrante i cui sobbalzi separano i pezzi dalla sabbia di formatura.

Appena fuori, le parti incandescenti (sono ancora a 500°C) vengono appese su un trasportatore sospeso, utilizzando un manipolatore  controllato dall’addetto che opera all’interno di una cabina. Nonostante il suo aspetto un po’ goffo, il massiccio braccio articolato che termina con una potente pinza si impadronisce del manufatto con una destrezza sorprendente.

Poiché la forma del prodotto varia a seconda dei pezzi e del cliente, l’automazione di questo compito è un argomento particolarmente complesso,

afferma Christian Meyer, direttore della fonderia,

in attesa di trovare soluzioni adeguate, è stata installata una nuova cabina climatizzata e insonorizzata che può ospitare due persone, il che facilita l’addestramento degli apprendisti che dura sei mesi su come maneggiare l’attrezzatura. Prima, l’allievo e il formatore occupavano la cabina in alternanza, obbligando quello dei due che osservava la manovra a farlo dall’esterno, in un ambiente rumoroso, buio e polveroso.

Dopo l’operazione di sabbiatura, i pezzi vengono pallettizzati da un robot che li posiziona automaticamente sui nuovi pallet e fa scorrere i distanziatori di legno tra ogni strato. Acquisito quattro anni fa, questo automa dipinge anche i numeri di serie, il che ha permesso di eliminare la movimentazione manuale  e i movimenti ripetitivi.

In una fonderia, la statistica secondo cui un lavoratore interinale ha quattro volte più probabilità di avere un infortunio rispetto a un lavoratore a tempo indeterminato è particolarmente preoccupante

ritiene Fabrice Baretti, ispettore della sicurezza di Carsat Bourgogne-Franche-Comté. [1]

Nell’ambito del nostro programma regionale per il lavoro ad interim, sono stati organizzati incontri tra la Fiday Gestion e le Agenzie di lavoro interinale al fine di definire buone pratiche relative a tutoraggio, accoglienza al lavoro, monitoraggio e tracciabilità attraverso il supporto e le relazioni intermedie e di fine missione.

Per creare i vuoti nei dischi dei freni, negli stampi vengono inserite anime in resina che pesano fino a 20 kg. Per ridurre  la movimentazione manuale da parte degli operatori che li posizionavano manualmente, nell’estate del 2021 è subentrato un robot la cui alimentazione rimane comunque manuale.

È comunque un grande passo avanti [ …] ora non c’è più bisogno di mantenere posizioni scomode per posizionare delicatamente le anime negli stampi che, costituiti principalmente da sabbia, sono friabili. Questo ha fatto tirare un sospiro di sollievo alla schiena di molti operai,

spiega Olivier Aubry, un addetto al riempimento degli stampi.

Nell’area di produzione delle anime, queste vengono immerse manualmente in serbatoi a strati.

Abbiamo allestito un serbatoio di sfioro che permette di mantenere il lavoro a un’altezza  costante e accessibile. Ma stiamo pensando di effettuare prove con esoscheletri o pinze,

spiega Christian Meyer.

Una pinza sarebbe più efficace visto che gli esoscheletri rischiano di spostare lo stress dalle braccia alle lombari o agli arti inferiori,

precisa Fabrice Baretti.

 

Nell’officina meccanica, nell’ambito del programma nazionale Chemical Risks Pros, viene affrontato il problema legato alle nebbie  oleose emesse da una trentina di macchine utensili.

Stiamo cercando di sostituire i nostri lubrificanti con altri prodotti meno dannosi per la salute,

afferma Laurine Mercier, che presto sostituirà Florianne Frère come responsabile Hse,

e abbiamo migliorato i nostri sistemi di ventilazione. L’atmosfera è molto più respirabile.

Le linee di lavorazione, invece, rimangono annerite dal grasso, fatta eccezione per una delle quattro isole che si occupa della produzione del tamburo da freno che si distingue per i suoi colori vivaci.

Per mancanza di tempo non è possibile pulire tutto a fine turno. Attualmente stiamo testando un’organizzazione che chiede a ciascuna delle squadre, che ruotano in 3×8, di fare 20 minuti di pulizia. E fino adesso ha funzionato

afferma con entusiasmo Olivier Gardiennet, responsabile del metodo di lavorazione.

Questa isola pilota e i suoi  numerosi miglioramenti  vengono pian piano estesi a tutta l’officina: rampe protette da guardrail sostituiscono i gradini, i cavi di alimentazione sono stati deviati e i cavi dell’aria compressa sono stati sospesi a telai muniti di bobine; lo spazio tra le due linee che compongono l’isola è stato ampliato per facilitare gli spostamenti degli operatori, alle macchine utensili sono stati aggiunti soffianti e sistemi di risciacquo in modo che le parti che ne escono non necessitino più di una pulizia manuale.

Ogni mercoledì, alle 14, mi organizzo per incontrare i team sull’isola di prova,

spiega Laurent de Lustrac,

cerchiamo idee per migliorare e discutiamo degli effetti di quelle già implementate per perfezionarle e replicarle. Se una delle proposte non soddisfa le squadre, viene accantonata. Non imponiamo nulla, l’unica legge è la validazione sul campo.

Tra pochi mesi i cambiamenti saranno visibili. È incoraggiante. Possiamo vedere che veniamo ascoltati e che gli sforzi stanno dando i loro frutti,

si rallegra Nicolas Bouclans, un operatore di controllo digitale.

La linea dei dischi per l’alta velocità (LDGV) e il suo robot, affettuosamente soprannominato “Godzilla”, acquisito a maggio del 2021, sono esemplari in termini di automazione poiché le parti grezze che vi entrano escono come prodotti finiti.

Purtroppo non possiamo sostituire tutte le linee contemporaneamente, perché ci costerebbe più di 2 milioni di euro ciascuna e sono un sacco di soldi,

afferma Julien Sabinaud, responsabile dell’officina meccanica

tuttavia, stiamo andando nella direzione dell’automazione con miglioramenti come quelli delle porte automatiche delle linee di lavorazione dei dischi da  freno, che vengono in aiuto degli  operatori che prima dovevano aprirle e chiuderle 200 volte al giorno.

La Fiday è un ottimo esempio di come le macchine possano sostituire e agevolare i lavoratori diminuendo efficacemente i rischi ed il carico di lavoro e rendendo allo stesso tempo l’azienda più competitiva.

Una vera e propria cultura della prevenzione sta emergendo a tutti i livelli aziendali. Una rivoluzione che dovrebbe riportare Fiday Gestion al suo pieno splendore e migliorare i rapporti con la popolazione locale.


NOTE

[1] Carsat è il sistema territoriale francese  delle Casse per l’Assicurazione relativa a infortuni e malattie professionali.

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