Lo smart working e la tutela della salute e sicurezza del lavoro: aspetti giuridici

smart working aspetti giuridici

Riprendiamo e proponiamo ai nostri lettori, da un testo diffuso dal Bollettino Adapt [1] dello scorso 5 ottobre, alcuni elementi utili ad esaminare il fenomeno dello smart working dal punto di vista dell’inquadramento giuridico e dei bisogni formativi dei lavoratori, occupandoci in questo primo articolo specificamente degli aspetti giuridici.

smart working aspetti giuridici

“I punti chiave del paper [2]
  • Lo smart working si caratterizza per l’assenza di precisi vincoli di luogo e orario di lavoro che impone una rilettura della normativa sulla salute e sicurezza del lavoro.
  • Il lavoratore agile ha l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro nell’ottica del passaggio dalla supervisione diretta alla gestione per obiettivi.
  • Lo smart working ha generalmente un impatto positivo sul benessere lavorativo, specie se è frutto di una libera scelta del lavoratore.
  • Esso andrebbe accompagnato da opportuni percorsi sperimentali e formativi, in presenza o a distanza, per ridurre i rischi e promuovere un buon clima organizzativo”.
“Il messaggio [3]

Il lavoratore agile è particolarmente esposto ai rischi derivanti dall’eccesso di lavoro, dall’isolamento sociale e dalla connotazione labile dei confini tra tempi lavorativi e non lavorativi. Per tale motivo il lavoratore ha il diritto alla “disconnessione” dalle strumentazioni tecniche e informatiche per prevenire i rischi connessi allo smart working. La formazione sulla salute e sicurezza del lavoro ha lo scopo di aumentare la “consapevolezza prevenzionistica” dei lavoratori agili in merito ai rischi per la salute derivanti dalla prestazione da remoto.

Per ridurre tali rischi, bisogna promuovere un adattamento reciproco tra le esigenze dell’individuo e quelle del contesto organizzativo. La funzione espressiva della formazione può contribuire a creare un clima più disteso, meno conflittuale e maggiormente collaborativo. A questo scopo, sarebbe importante privilegiare percorsi formativi di tipo blended, con una forte componente esperienziale e interattiva”.

L’ordinamento giuridico italiano ha previsto le modalità di lavoro riconducibili allo smart working mediante la L. 22 maggio 2017, n. 81 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” definendo, al Capo II, la regolamentazione del lavoro agile quale nuova modalità di esecuzione

anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa (Art.18).

Ed è proprio la perdita  dei vincoli spazio temporali – che fino ad oggi hanno caratterizzato i rapporti di lavoro – a porre interrogativi  in merito alla garanzia della  tutela della salute e sicurezza del lavoro (D.Lgs. 81/2008):  tema che il Documento   affronta, in un primo capitolo, con riferimento anche al “nuovo ‘diritto alla disconnessione’ dalle strumentazioni informatiche e tecnologiche, introdotto dall’Art. 19, comma 1, della Legge 81/2017, come strumento idoneo a prevenire i rischi per la salute psicofisica del lavoratore agile derivanti dall’isolamento del lavoratore o da un eccesso di lavoro (overworking, iperconnessione, burn out)”.

L. 81/2017 – Art. 22. Sicurezza sul lavoro
  1. Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
  2. Il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.

Alle difficoltà  oggettive, sopra ricordate,  determinate dalle specifiche modalità con cui si svolge il lavoro agile, si aggiunge un dettato normativo (di cui alla  Legge 81 del 2017) che, come si può dedurre dalla lettura dell’Art. 22,  offre

un impianto normativo sul piano della salute e della sicurezza del lavoratore agile piuttosto minimalistico,

senza  fare alcun riferimento  o un espresso rinvio al D.Lgs. 81/2008. Ciò detto la possibilità di far rientrare il lavoro agile nella fattispecie del “lavoro  a distanza” (Art. 3, comma 10, del Testo Unico) impone  comunque un raccordo con le misure generali previste dal Decreto Legislativo e la piena applicazione del dettato dello stesso articolo 3 in materia di videoterminali:

“A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza mediante collegamento informatico e telematico… si applicano le disposizioni di cui al Titolo VII, indipendentemente dall’ambito  in cui si svolge la prestazione stessa”.
(D.Lgs. 81/2008, Art. 3, Comma 10)

L’eccessiva semplificazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, relative al lavoro agile, può essere corretta inoltre da una lettura delle norme specifiche ad esso riferite  nel quadro delle disposizioni generali, legislative e codicistiche,  in materia di salute e sicurezza.  Con riferimento all’art. 18 comma 2 della L. 81/2017, l’obbligo generale del Datore di lavoro – quale “responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per l’espletamento della propria prestazione in regime di smart working” –  va di fatto riferito, secondo il dettato dell’art. 2087 [4] (nel quadro della tutela complessiva delle condizioni di lavoro)

non solo alle attrezzature e ai macchinari  ed ai servizi che il datore di lavoro fornisce, ma anche all’ambiente di lavoro.

È però evidente in merito che la specifica modalità lavorativa determina “l’impossibilità per il datore di lavoro di controllare il luogo di adempimento della prestazione sottratto alla sfera della sua disponibilità”, aspetto quest’ultimo che comporta:

  • per  il lavoratore che attui l’obbligo di cooperazione  (Art. 22, comma 2), nell’ambito della sua autonomia  organizzativa, oltre che per  quanto riguarda l’uso corretto degli strumenti tecnologici anche nella scelta del luogo in cui svolgere l’attività lavorativa in modalità agile, all’esterno dei locali aziendali “secondo criteri di  ragionevolezza” [5], avendo magari preventivamente concordato con il datore di lavoro possibili ambiti in cui svolgere la propria attività
  • per il datore di lavoro che  possa esercitare, se  necessario, il potere di accesso di cui all’art. 3 comma 10 del Testo unico, oltre ad  un impegno particolare nel fornire al lavoratore agile tutti gli strumenti di conoscenza (informazione e formazione) utili a favorire comportamenti corretti.

Per quanto riguarda gli obblighi informativi e formativi, come abbiamo letto, l’art. 22 si limita a citare l’obbligo di consegna di una informativa annuale da parte del datore di lavoro.  A tale disposizione in realtà si aggiungono anche quelle relative alla informazione e formazione di cui agli Artt. 36 e 37 del Testo Unico che riguardano tutti i lavoratori, compresi quelli a domicilio e quindi anche il lavoratore agile, (considerando la citata riconducibilità di quest’ultimo  nell’ambito del  lavoro a distanza). Formazione e informazione che vanno ovviamente adeguate alla specificità della prestazione di lavoro e che devono comunque riguardare:

  • i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività dell’impresa in generale
  • i rischi specifici cui il lavoratore è esposto in relazione all’attività svolta
  • le normative di sicurezza
  • le disposizioni aziendali in materia e le attività di protezione e prevenzione adottate.
Il diritto alla disconnessione

L’accordo  che definisce l’introduzione a livello  aziendale del  lavoro agile “individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro” (Art.19 L. 81/2017).

Il diritto alla disconnessione è il  diritto del lavoratore a una distinzione tra vita lavorativa e vita personale, a non essere costretto nei fatti ad essere sempre raggiungibile rispondendo al telefono o alle mail. Diritto che presuppone il relativo obbligo per il datore di lavoro di prevedere un’organizzazione del lavoro “per fasi cicli obiettivi” (Art.18 comma 1) tale da rendere possibile la disconnessione.

L’attuazione di tale diritto rappresenta la principale misura di prevenzione nei confronti dei rischi di carattere psicosociale che sembrano essere i  principali rischi per i lavoratori agili particolarmente esposti

all’intensificazione dei ritmi (iper-connessione, overworking, dipendenza tecnologica, assenza di tempi di recupero), all’isolamento e alla connotazione labile dei confini tra spazi/tempi lavorativi e non lavorativi, variabili in parte compensate dalla soppressione dei tempi di spostamento casa/lavoro e dall’autonomia nella gestione del tempo [6].


NOTE

[1] Il testo – redatto da Debora Gentilini (Collaboratrice tecnica di ricerca-Inapp) e Giovanna Filosa (Tecnologa-Inapp),  dal titolo “La tutela della salute e sicurezza del lavoro nello smart working. Inquadramento giuridico e sfide formative”, Working Paper n. 20 – è stato pubblicato dapprima  nel maggio scorso  e successivamente riproposto dal bollettino Adapt dello scorso 5 ottobre.

[2] Debora Gentilini, Giovanna Filosa, op.cit.

[3] op.cit.

[4] «Il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

[5] Il Documento cita in proposito F. Malzani, Il lavoro agile tra opportunità e nuovi rischi per il lavoratore, in DLM, 2018, n. 1, p. 25.

[6] Il Documento cita in proposito: F. Malzani, op. cit., p. 21.

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