Iniziamo ricordando che sui Dispositivi di Protezione Individuale (Dpi), oltre alla normativa, intervengono le norme UNI.
E ringraziando Marco Spezia e il Progetto di Medicina Democratica Sicurezza sul lavoro – Conosci i tuoi diritti per un suo prezioso articolo in materia, ci inoltriamo nell’analisi dell’uso di uno dei DPI più comuni: le calzature.
La norma UNI che riguarda più da vicino l’uso delle calzature è la UNI EN ISO 20347 “Dispositivi di protezione individuale – Calzature da lavoro”, che sostituisce integralmente la precedente UNI EN 347, non è più valida dal 2008.
Per quanto riguarda la normativa nazionale il discorso è più articolato. Innanzi tutto è necessario ricordare ciò che è previsto nell’art. 15 “Misure generali” del D.Lgs. 81/2008, comma 2:
Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
L’onere della fornitura di Dpi, in questo caso delle scarpe, è a completo carico del datore di lavoro. Concetto ribadito nel Titolo III “Uso delle attrezzature e dei Dpi” all’articolo 77, comma 3 che aggiunge:
Il datore di lavoro […] fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall’articolo 76.
Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro o del dirigente è sanzionato dall’articolo 87, comma 2 del Decreto con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400.
Può accadere che la conformità del piede del lavoratore o della lavoratrice, il tipo di lavoro che svolge e i rischi che il dispositivo deve fronteggiare non si accordino immediatamente tra di loro. Quindi è obbligo ricercare, per ciascuno, un dispositivo che sia in grado di ottimizzare le diverse esigenze. La più importante delle quali resta ovviamente la salute della persona.
L’art.76 elenca i requisiti che devono possedere i Dpi e in particolare al comma 2 punto c) recita:
I DPI […] devono inoltre tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore.
I DPI da fornire a ogni singolo lavoratore devono tenere conto delle esigenze ergonomiche peculiari di ogni singolo lavoratore, sia che derivino da caratteristiche personali (ad esempio, in questo caso, il numero di scarpa o la forma del piede), sia che derivino da patologie professionali o meno.
Chi controlla che la scelta delle calzature sia adeguata, non solo alle esigenze ergonomiche, ma alla salute del lavoratore?
Trattandosi di salute non può trattarsi che del Medico Competente nell’ambito della sua competenza indicata nell’art.25 c.1 lett b) dove viene detto che la sorveglianza sanitaria deve essere svolta in funzione dei rischi specifici e tra i rischi specifici della mansione rientrano anche quelli aggiuntivi derivanti dall’utilizzo dei DPI. L’indicazione è riportata chiaramente nell’articolo 77, comma 1, lettera b):
Il datore di lavoro, ai fini della scelta dei DPI, individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi […] tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI”. I rischi aggiuntivi derivanti dagli stessi Dpi dovranno apparire all’interno del Documento di valutazione dei Rischi (Dvr) e per questa via portati a conoscenza del Medico Competente.
Inoltre il Medico Competente deve indagare se il lavoratore, per motivi di natura patologica (temporanea o permanente) o di altra natura, abbia la necessità di DPI specifici che siano compatibili alla patologia o alle caratteristiche fisiche accertate dallo stesso medico. E, in quel caso, è tenuto a esprimere un giudizio di idoneità con prescrizioni. Le prescrizioni riguarderanno il tipo più idoneo di DPI da utilizzare, in funzione della patologia o delle caratteristiche accertate.
Il medico competente dovrà comunicare per iscritto al lavoratore e al datore di lavoro tale giudizio di idoneità con le prescrizioni (ma non ovviamente l’eventuale patologia che le hanno definite), ai sensi dell’articolo 41, comma 6-bis del Decreto:
Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.
Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del medico competente è sanzionato dall’articolo 58, comma 1, lettera e) del Decreto con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 4.000 euro.
A sua volta il datore di lavoro o il dirigente dovrà innanzitutto farsi carico, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera bb) di:
vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l’obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
Se il medico competente nel suo giudizio di idoneità non tiene conto dei rischi aggiuntivi per la salute derivante dall’utilizzo dei DPI, oppure se dall’ultima visita di sorveglianza sanitaria subentrano situazioni (cambio del tipo di DPI, insorgenza di patologie) che ne possono modificare l’esito (e quindi il giudizio sulla possibilità o meno di utilizzare i DPI), il lavoratore ha la facoltà di richiedere specifica visita di sorveglianza sanitaria, relativa alla sua incompatibilità fisica con i DPI, ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a) del Decreto.
Ricordiamo infine che l’art. 20 obbliga i lavoratori a utilizzare in modo appropriato i DPI, pena la sanzione dell’arresto o dell’ammenda da 200 a 600 euro.