L’utilità della sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti

Fonte: Medico Competente Journal anno 21 num. 1/2016


Come vedremo oltre, la letteratura scientifica, confortata dalla pratica quotidiana, ci insegna che i benefici dell’attività di sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti si possono registrare concretamente, sia per attenuare i disturbi per la vista e gli occhi, sia per prevenire problemi muscolo-scheletrici, ma, indirettamente, anche in altre problematiche, quale per esempio lo stress lavoro-correlato.

A livello europeo viene ribadito che la sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti é considerata un elemento chiave per la tutela della salute oculo-visiva di questi lavoratori: infatti vengono raccomandati aggiornamenti delle linee guida nazionali più datate, realizzate in Gran Bretagna, Francia e Spagna, ed auspicata una linea guida europea per la gestione del lavoratore videoterminalista (1).

In Italia si tratta della mansione probabilmente più diffusa, con almeno 16 milioni di operatori (2). Tuttavia, i dati forniti dai medici competenti all’INAIL nel 2013, ai sensi di art. 40 D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. (3), riferiscono che meno di tre milioni di videoterminalisti sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, evidenziando una mancanza di tutela per larga parte di questa popolazione lavorativa.

Se si considera che lo screening ergoftalmologico viene spesso condotto con modalità inadeguate (4, 5), si evince come una efficace sorveglianza sanitaria, per qualità e quantità, potrebbe risultare decisiva per la salute di questi lavoratori, assumendo una autentica ‘rilevanza sociale’. Purtroppo l’importanza di tale potenziale impatto spesso non viene percepita per almeno tre motivi:

  1. Diversi Consulenti della sicurezza e/o Responsabili/Addetti dei Servizi di Prevenzione e Protezione, portatori di una cultura prevalentemente antinfortunistica e perciò orientati maggiormente sul versante ‘sicurezza’, piuttosto che ‘salute’, percepiscono come poco rilevanti i rischi attribuibili alla figura del videoterminalista.
  2. I documenti di valutazione dei rischi risentono di tale impostazione culturale, poco influenzata dalla ridotta collaborazione (colposa o dolosa) dei medici competenti, e risultano spesso deludenti nella parte dedicata al lavoro in ufficio o comunque alle postazioni dotate di videoterminale, a vantaggio della componente cosiddetta ‘produttiva’ dell’azienda.
  3. I medici competenti non avvertono l’esigenza di una sorveglianza ‘di sostanza’, mirata ed efficace, al di là del rispetto ‘formale’ dell’obbligo di Legge. Inoltre si rivelano spesso poco formati/addestrati ai fini della realizzazione di un corretto screening ergoftalmologico: i tests possono essere effettuati superficialmente e talvolta delegati a personale paramedico non qualificato. In alcuni casi lo screening viene ‘automaticamente’ delegato allo specialista oculista che, al di là della indubbia competenza oftalmologica, non possiede gli elementi per studiare l’organo della vista inserito nello specifico contesto lavorativo, sia ambientale che organizzativo, come richiesto dalla Normativa. Inoltre la valutazione clinico funzionale del rachide e degli arti superiori, spesso attivata in altri contesti produttivi, viene di solito sottovalutata nello studio del lavoratore videoterminalista.

Perciò è curioso notare come in una fase di forte innovazione tecnologica nel mondo del lavoro, caratterizzata dall’introduzione di dispositivi elettronici con schermi di visualizzazione di ogni genere e dimensione, vengano a mancare i presupposti culturali e didattici che dovrebbero invece spingere verso l’applicazione rigorosa del tradizionale percorso, compreso fra la valutazione dei rischi e la formulazione del giudizio di idoneità al lavoro specifico. E in questo percorso la fase culminante dell’azione del medico competente è rappresentata dalla sorveglianza sanitaria. Una sorveglianza attivata poco e, a volte, male nella realtà, a quanto risulta dalla letteratura e dall’esperienza quotidiana in azienda.

SORVEGLIANZA SANITARIA CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI RISCHI PER L’APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO

Nell’ambito dell’apparato muscolo-scheletrico si riscontrano abitualmente patologie correlate all’utilizzo del videoterminale:

  • a livello scientifico internazionale in ampie revisioni della letteratura (6),
  • nella norma tecnica ISO 11228-3, che raccomanda per la valutazione del rischio il metodo OCRA (7)
  • nell’ambito delle Linee Guida nazionali (2, 8, 9, 10)
  • in campo assicurativo nazionale, attraverso la Tabella INAIL delle Malattie Professionali.

A proposito della Tabella, di cui al DM 9 aprile 2008, la voce n. 78 prevede “malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore per lavorazioni svolte in modo non occasionale che comportano movimenti ripetuti o mantenimento di posture incongrue”. Mentre nell’Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia (art. 139 del Testo Unico approvato con DPR n. 1124/65 e s.m.i.), è presente la “sindrome da sovraccarico biomeccanico polso-mano”, lista I, malattie da agenti fisici con origine lavorativa “di elevata probabilità”, correlata alle “posture incongrue a carico degli arti superiori per attività eseguite con ritmi continui e ripetitivi per almeno la metà del tempo del turno lavorativo”. Inoltre si moltiplicano le segnalazioni, ed a volte i riconoscimenti da parte INAIL, di sindrome del tunnel carpale e di tendinopatie del distretto mano-polso fra i videoterminalisti, mentre ha fatto scuola il caso di una ‘Sindrome pronatoria dell’arto superiore’ per ‘overusing da mouse’ riconosciuta da una Sentenza ad un videoterminalista bancario.

Perciò, al di là della Normativa vigente, la letteratura scientifica e le Norme tecniche, le Linee guida e le Tabelle INAIL, sia delle ‘malattie professionali’ che delle malattie ‘per le quali è obbligatoria la denuncia’, unitamente alla pratica quotidiana sul territorio, richiedono una sorveglianza sanitaria mirata in grado di prevenire il manifestarsi di quadri clinici conclamati, cogliendone i sintomi ed i segni più precoci. Poiché, secondo INAIL,

la posizione seduta mantenuta per tempi prolungati in posizione fissa e l’utilizzo prolungato del ‘mouse’ e della ‘tastiera’ possono determinare un sovraccarico funzionale a carico del rachide e degli arti superiori, la sorveglianza sanitaria dovrà comprendere anche un’accurata valutazione dei distretti interessati che tenga conto anche dei fattori predisponenti personali nonché delle abitudini voluttuarie. (9)

Peraltro anche la letteratura internazionale dimostra un incremento dei disturbi a collo e spalle fra i videoterminalisti (11) ed una associazione fra uso del videoterminale e disturbi muscolo-scheletrici, in particolare dolore o rigidità del collo con prevalenza pari al 59,3 % (12).

Mentre in Italia il Tribunale di Asti, con sentenza del 22/10/10 seppure relativa ad attività ‘produttiva’ (ma si presta perfettamente al lavoro di ufficio), si è spinto molto avanti, citando per la prima volta delle ‘Linee Guida’ (10):

…il medico competente ha il dovere di eseguire controlli periodici, ma anche mirati nei confronti di lavoratori affetti da patologie (malattie muscolo-scheletriche); tali patologie possono essere sia legate al lavoro sia del tutto sconnesse dall’attività lavorativa; ha il compito specifico di valutare le singole postazioni di lavoro in relazione alle specifiche malattie dalle quali è affetto il lavoratore…

Infatti la realtà quotidiana offre sempre più spesso all’attenzione dei medici competenti quadri clinici extraprofessionali, a volte caratterizzati da importanti disabilità, a carico di arti superiori e/o della colonna, che presentano importanti ricadute sull’operatività al videoterminale. Ciò accade perché le disabilità più gravi, provenienti dalla ‘produzione’, vengono spesso avviate negli uffici, per lo svolgimento di mansioni al videoterminale, dopo adeguata riqualificazione.

Tuttavia, anche per attrezzature dotate di un ‘piccolo dispositivo di visualizzazione’ (< 10 pollici), come smartphone (PDA-phone) e ‘tablet’, appare ragionevole procedere ad una valutazione del rischio, ed eventualmente implementare una sorveglianza sanitaria nel caso di un utilizzo superiore alle 20 ore settimana, considerato che, al di là della problematica del sovraccarico biomeccanico, questi ‘devices’ possono sollecitare anche l’apparato visivo in modo superiore ad un VDT/PC di tipo desktop (2).

Al di là della sorveglianza sanitaria, l’azione preventiva del medico competente deve essere integrata dagli altri obblighi previsti dall’art.25, comma 1, ma, per il rischio specifico, sembrano particolarmente utili le seguenti attività:

  • ‘formatore’, in merito a diverse problematiche muscolo-scheletriche tra cui spicca senza dubbio la sottovalutata ‘postura incongrua statica e protratta’.
  • ‘collaboratore’ alla valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, per esempio con metodologia OCRA, che favorisce la conseguente realizzazione del corretto ‘lay out’
  • ‘consulente’ nella scelta delle sedute e nella selezione di strumenti e dispositivi più idonei per la specifica attività al videoterminale, con particolare riguardo ai casi di disabilità
  • ‘sentinella’, considerando l’incremento di postazioni dotate di VDT/PC montate su macchinari e linee di produzione industriali, che operano in contesti ambientali assai diversi da quelli cosiddetti “d’ufficio” e con caratteristiche di insufficiente progettazione ergonomica (2).

Perciò, sia riferimenti di letteratura scientifica che sentenze, sia pareri autorevoli che esperienze ‘sul campo’ spingono coerentemente verso una rinnovata attenzione su alterazioni/patologie extra-professionali, o anche soltanto predisposizioni individuali, che in ambito lavorativo possono favorire l’insorgenza, o anche soltanto il peggioramento, di manifestazioni da sovraccarico biomeccanico.

Per fornire una idea della ricaduta che la sorveglianza sanitaria potrebbe riservare alla salute del videoterminalista in ambito muscolo-scheletrico, si può citare una recentissima indagine ANMA, che evidenzia una prevalenza di idoneità con prescrizione di un ausilio e/o di un ‘mouse mirato’, secondo i criteri proposti dalla stessa Associazione (13), in 21 casi su 235 lavoratori videoterminalisti visitati, pari all’8,94 %, se si considerano soltanto le prescrizioni riferite a problematiche a carico di arti superiori e colonna vertebrale (14). Perciò, circa un videoterminalista visitato ogni undici, beneficia di una prescrizione che attenua le conseguenze della propria problematica muscolo-scheletrica e non potrebbe essere attivata senza una attenta sorveglianza sanitaria mirata. Se si proietta il dato sulla popolazione nazionale ‘virtuale’ di videoterminalisti, si tratterebbe di quasi un milione e mezzo di lavoratori potenzialmente coinvolti nella prevenzione di patologie/disfunzioni muscolo-scheletriche, ma probabilmente sono molti di più se si considera che i lavoratori dell’indagine sono in realtà ‘selezionati’, poiché da tempo formati-informati e impegnati in postazioni conformi alle indicazioni dell’allegato XXXIV D.Lgs. 81/2008 e s.m.i..

È stata proprio la diffusione di problematiche legate all’utilizzo dell’arto superiore, soprattutto patologie di origine comune e talvolta in disabili, a promuovere una ampia condivisione fra i soci ANMA mirata alla realizzazione di uno strumento pratico di orientamento per i medici competenti: una ‘griglia’, unica nel suo genere, che propone per diversi quadri clinici la prescrizione di un tipo di mouse e/o di un ausilio, utili alla formulazione di un corretto giudizio di idoneità alla mansione specifica (13).

Ma quale standard, quale riferimento per la valutazione clinico-funzionale del rachide e degli arti superiori?

La letteratura scientifica nazionale è concorde nell’indicare le pubblicazioni dell’Unità di Ricerca EPM (epmresearch.org) e le Linee Guida SIMLII sugli UEWMSD’s (10) come riferimenti per l’efficace gestione delle problematiche distrettuali nella figura del videoterminalista. Ma ritornando, in conclusione, all’esperienza pratica quotidiana, non può non venire in mente l’amara considerazione di uno dei massimi esperti di salute negli uffici, il prof. Bruno Piccoli:

Durante la configurazione di nuovi uffici, raramente si pone l’uomo al centro del percorso progettuale, per non parlare di quelli di vecchia concezione, dove l’uomo è spesso abbandonato ai suoi disagi operativi senza una adeguata tutela a favore della sua salute e del suo rendimento. (BenEssere Milano, 2013)

SORVEGLIANZA SANITARIA CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI RISCHI PER LA VISTA E PER GLI OCCHI

Entrando nel merito dei disturbi a vista ed occhi, proprio in questi ultimi anni sono state prodotte diverse pubblicazioni internazionali (15, 16), dedicate al ruolo di rischi ambientali, ma anche ‘professionali’ come ‘la visione ravvicinata, protratta e statica’, riprese anche dalle più recenti Linee Guida SIMLII (2), con riferimento all’aumento considerevole della prevalenza della miopia nella popolazione.

Le teorie si riferiscono alle cause che, al di là dell’aspetto genetico, starebbero alla base di una ‘miopia evolutiva’, favorita dal lavoro prossimale, denominata anche ‘accomodativa’ o pseudo-miopia, che attraverso un andamento altalenante potrebbe cronicizzarsi, fino a produrre un difetto di rifrazione pari a mezza diottria, al massimo una diottria (17).

Perciò, se un ‘danno permanente’ da miopizzazione è stato smentito dagli studi longitudinali di trent’anni fa, almeno per quanto riguarda l’uso professionale del computer (1819, 20), non sono ancora disponibili studi mirati, che analizzino adulti impegnati in lavori a basso impegno visivo occupazionale, ‘versus’ soggetti esposti a intenso impegno visivo occupazionale, soprattutto tablet e smartphone, che peraltro richiedono attenzione anche sul versante muscolo-scheletrico (2).

Tra le forme di miopia maggiormente correlabili alla ‘visione prossimale’ vi è senz’altro la ‘miopia adulta tardiva’, la forma di miopia meno influenzabile da fattori genetici che compare dopo i 40 anni e non può avere legami con il processo di scolarizzazione. Si tratta perciò della miopia da monitorare, per individuare un eventuale legame con l’intenso impegno visivo occupazionale, che ha evidenziato una prevalenza pari all’1% in una popolazione di videoterminalisti all’interno di una indagine ANMA (21). Perciò, di fronte a nuove ipotesi eziologiche che coinvolgono aspetti ambientali e professionali, appare necessario rilanciare l’azione preventiva del medico competente, incentrando la sorveglianza sanitaria anche sul monitoraggio dei casi di ‘miopia acquisita’ e contribuendo così a comprendere come si sta modificando l’occhio umano, da ‘cacciatore’ a ‘colletto bianco’, a seguito dell’intenso e crescente utilizzo delle nuove tecnologie.

Ma al di là delle teorie fondate su ‘aspetti ambientali o professionali’, rimane al centro della sorveglianza sanitaria del videoterminalista l’obiettivo della diminuzione dei casi di astenopia che la let-teratura nazionale degli anni ‘90 poneva anche al 40-50% di prevalenza ed ora in alcuni studi scende al 20% e anche a percentuali molto più basse (22, 23, 24, 25, 26, 27, 28).

Questo risultato non è casuale e nasce dall’impegno profuso negli ultimi decenni da coloro che intendono andare oltre l’assenza di malattia, puntando al raggiungimento di una condizione di benessere lavorativo per il videoterminalista, uno dei principali obiettivi del medico competente negli uffici, affinché le storiche definizioni dell’OMS (29), evocate regolarmente in ogni consesso scientifico, trovino riscontro anche nella realtà pratica. Infatti non va dimenticato che nelle popolazioni non (o non correttamente) sorvegliate, i principali disturbi/disagi, evidenziati dalla letteratura scientifica sono sempre presenti. Secondo l’INAIL

Mal di testa, rigidità della nuca, bruciore agli occhi, lacrimazione, dolori in corrispondenza di spalle, braccia e mani sono disturbi che più frequentemente interessano gli addetti ai videoterminali.
Negli ultimi anni questi disturbi sembrano essere più frequenti e ciò può essere spiegato da un lato con la maggiore diffusione del videoterminale, dall’altro con ritmi di lavoro più stressanti. (8)

La problematica dell’affaticamento oculo-visivo rimane tuttora di estrema attualità e conseguentemente la sua attenuazione deve costituire ancora oggi il ‘goal’ dell’azione preventiva del medico competente negli uffici con riferimento alle più avanzate definizioni di ‘astenopia occupazionale’ (2).

In campo internazionale l’insieme dei disturbi oculovisivi occupazionali è compreso nella definizione di Computer Vision Syndrome (CVS), la ‘combinazione fra le problematiche oculo-visive e l’utilizzo del computer’, che colpisce fra il 64 % ed il 90 % degli operatori ed è causata principalmente da alterazioni dell’apparato oculomotore o del film lacrimale, il ‘dry eye’, da alterato ammiccamento (30).

Questi ultimi possono arrivare a giustificare oltre il 30% dei casi di astenopia occupazionale (31) e coinvolgono a pieno titolo lo specialista oftalmologo, mentre le alterazioni dell’oculomotricità richiedono una particolare attenzione nel corso dello screening ergoftalmologico del medico com-petente e talvolta il successivo intervento dell’ortottista.

In ogni caso deve essere rafforzato il ruolo consulenziale del medico competente, per esempio in occasione della sorveglianza sanitaria, ma preferibilmente nell’ambito della formazione-informazione dei lavoratori prevista per Legge. L’acquisizione delle tecniche di rilassamento, ormai indispensabili nel minimizzare le conseguenze dell’impegno visivo ‘protratto, statico e ravvicinato’ e l’adozione di una maggiore distanza ‘occhi-schermo’, al fine di attenuare l’attività di accomodazione e convergenza oculare, soprattutto con l’attuale utilizzo di schermi dalle grandi dimensioni, rappresentano al giorno d’oggi le principali priorità (21, 30, 32, 33). Inoltre non va sottovalutato l’apporto del medico competente in merito agli aspetti illuminotecnici, generalmente sottovalutati nonostante le precise indicazioni dell’allegato XXXIV D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., che può produrre ricadute favorevoli nell’obiettivo della riduzione dell’affaticamento oculo-visivo del videoterminalista.

Pertanto il ruolo che può svolgere attualmente il medico competente è maggiormente decisivo, ri-spetto al passato, nell’ambito dell’utilizzo professionale di schermi di grandi, medie o piccole dimensioni, dal computer ‘oled’ da polso (‘smartwatch’) fino al ‘computer-occhiale’ (Eyeglass-embedded computers) o al maxi-schermo (‘videowall’), che sottendono attività lavorative sempre più ‘agili’, tra tecnologia e flessibilità (‘smart working’).

Ma  quale  tipo  di  sorveglianza sanitaria é raccomandabile per il videoterminalista?

È nota da tempo la dubbia affidabilità dei tests di screening ergoftalmologico eseguiti attraverso l’utilizzo di ortoanalizzatori (4, 5). Inoltre è risaputo che alcune aziende ricorrono direttamente alla visita specialistica oculistica come primo accertamento di routine, sottovalutando il fatto che l’oftalmologo tende ‘il più delle volte ad escludere soltanto la presenza di alterazioni patologiche a carico dell’apparato visivo’ (33).

Questa prassi prospetta, al di là della scarsa conoscenza della Normativa, l’esistenza di una carenza formativa da parte di diversi medici competenti, evidentemente non attrezzati a realizzare il corretto approccio verso lo screening ergo-oftalmologico.

È evidente che soltanto la conoscenza delle singole postazioni di lavoro, dell’assetto illuminotecnico e dell’organizzazione del lavoro, arricchita dai rilievi della sorveglianza sanitaria clinico-strumentale, può garantire il migliore risultato in termini di prevenzione di disturbi e malattie lavoro-correlate, oppure di verifica della compatibilità alla mansione nei casi di disabilità, fermo restando la possibilità di un approfondimento diagnostico specialistico in casi selezionati.

In merito alla dubbia affidabilità dei test eseguiti con ortoanalizzatori, proprio questa criticità ha spinto ANMA ad approfondire la problematica fino alla proposta di un modello di screening ergoftalmologico con strumentazione manuale (34).

Il modello non ha ancora ricevuto una validazione statistica definitiva, ma deriva da pubblicazioni fondamentali degli anni ’90 (24, 35), presenta nei primi risultati una incoraggiante attendibilità e trova peraltro riscontro nelle indicazioni delle recentissime Linee Guida SIMLII (2), dove sono proposti test e strumenti analoghi indicati per l’utilizzo da parte del medico competente.

Naturalmente l’acquisizione di una adeguata abilità nell’esecuzione del test di funzione visiva ‘manuale’ passa attraverso un momento di formazione teorico-pratica, oltre che ad una nuova sensibilità verso le problematiche del videoterminalista. A questo proposito è da tempo attivo un modulo specifico all’interno dei corsi di aggiornamento ANMA, a cura di medico competente e ortottista, che nel periodo 2012-2016 ha già coinvolto 230 medici competenti in diverse città italiane.

Per quanto riguarda i criteri di idoneità alla mansione specifica, alla prova ‘del campo’ dimostra inalterata efficacia la proposta operativa ribadita nelle recenti Linee Guida SIMLII 2013.

La conclusione del paragrafo dedicato ‘ai rischi per la vista e gli occhi’ non può che produrre una valutazione in chiaroscuro, se si fotografa la situazione attuale. Si intrecciano infatti forti perplessità sul livello di conoscenza delle problematiche specifiche, anche da parte di Addetti ai lavori, che condiziona inevitabilmente la ‘attuale gestione’, con la possibilità di grandi margini di miglioramento e conseguenti traguardi ambiziosi ipotizzabili per la tutela dei lavoratori interessati.

Tuttavia in un contesto piuttosto incerto sulle possibili cause professionali di alcune forme di miopia e sull’attribuzione di importanti compiti professionali nel recepimento della Normativa, sulla efficace valutazione dei rischi negli uffici e sul coinvolgimento nella sorveglianza sanitaria dell’intera popolazione italiana di videoterminalisti, si può affermare che “a monte di tutto c’è una cronica mancanza di cultura visiva che considera l’atto visivo sempre e comunque un atto del tutto istintivo. Da ciò consegue la superficialità nell’affrontare il problema a tutti i livelli…” (33).

AFFATICAMENTO MENTALE E STRESS LAVORO CORRELATO: I FATTORI PSI-COSOCIALI

Nella realtà quotidiana del lavoro al videoterminale, caratterizzata non raramente da riduzione del personale e frequenti ‘straordinari’, picchi di attività stagionale e deficit di comunicazione, tra i principali fattori psicosociali che favoriscono l’insorgenza di stress lavoro-correlato emergono ‘intensità del carico e dei ritmi di lavoro’, ‘scarso controllo dei processi di lavoro e impossibilità di partecipare alle decisioni’, ‘monotonia e scarsezza di contenuti’. E vanno inoltre ricordati il ruolo dei fattori psi-co-sociali nella individuazione di casi di astenopia significativa (2) e le evidenze scientifiche più recenti che intrecciano disturbi muscolo-scheletrici e stress lavorativo (2, 36). Perciò una maggiore accuratezza nella sorveglianza sanitaria del lavoratore ‘videoterminalista’, può tradursi in una maggiore attenzione verso il rischio stress, che ancora oggi non viene valutato in profondità, alla luce dei risultati collocati stabilmente in ‘fascia verde’ nella stragrande maggioranza dei Documenti di valutazione dei rischi sparsi nel territorio nazionale.

La sorveglianza sanitaria del videoterminalista permette allora di raccogliere elementi utili e di attuare un monitoraggio prezioso, che consente al medico competente di riconoscere disturbi e/o malattie lavoro associate riguardanti principalmente i sistemi neuropsichico, cardiocircolatorio, gastrointestinale, immunologico e muscoloscheletrico. In questo modo uno strumento di prevenzione secondaria e terziaria come la sorveglianza sanitaria può fungere da feed-back per una più appropriata prevenzione primaria del rischio stress lavoro-correlato (37).

Ma allargando l’osservazione ad altri dispositivi come tablet e smartphone (PDA-phone) non si può non pensare allo spazio crescente che sta conquistando il ‘tecno-stress’: un disturbo causato dall’uso scorretto ed eccessivo di tecnologie dell’informazione e di apparecchi informatici e digitali. Lo stress origina dalla necessità di adattarsi ai continui e rapidi processi tecnologici che caratterizzano modelli comportamentali indotti da nuovi ed efficienti modelli di organizzazione del lavoro (38).

PROBLEMATICHE AMBIENTALI: DALLA MCS ALLE NANOPARTICELLE PRODOTTE DEI TONER

Non devono essere sottovalutate le possibili ricadute della sorveglianza sanitaria sulla salute dei videoterminalisti in merito ad alcuni aspetti ambientali ancora controversi o comunque non del tutto chiariti nel lavoro di ufficio.

È il caso della MCS (Sindrome della Sensibilità Chimica Multipla), la cui eziologia non è ancora accertata, ma che si può definire come un quadro sintomatologico caratterizzato da reazioni negative dell’organismo ad agenti chimici ed ambientali presenti a concentrazioni generalmente ben tollerate dalla maggior parte dei soggetti (39).

Nella realtà quotidiana i riscontri di questa patologia sono rari od eccezionali, ma a maggior ragione il monitoraggio di questi casi sul territorio potrebbe concorrere a meglio definire i contorni della Sindrome stessa.

Una patologia emergente, correlata al lavoro negli uffici, è la Lipoatrofia Semicircolare, caratterizzata da depressioni orizzontali della cute ‘a banda’, soprattutto sulla superficie anteriore e laterale delle cosce, la cui eziologia non è stata definitivamente chiarita.

Tra le cause sono state ipotizzate l’accavallamento protratto delle gambe e l’utilizzo di sedute rigide dal bordo sottile, la bassa umidità relativa e le cariche elettrostatiche, ma in un recente studio caso-controllo con prevalenza della LS pari all’1,8 %, sono stati individuati, quali fattori di rischio, il genere femminile ed i microtraumi ripetuti della coscia contro il bordo del piano di lavoro (40). Tuttavia, gli stessi autori auspicano ulteriori studi per avere conferma di un quadro clinico certamente sottostimato, se si considera la popolazione lavorativa potenzialmente esposta.

Ancora più complesso risulta lo studio degli effetti sulla salute dovuti all’esposizione alle nano-particelle, un gruppo eterogeneo di particelle dal diametro inferiore a 100 nanometri, che durante l’utilizzo di stampanti passa dai 5.000 circa ‘di fondo’ fino alle 60.000 particelle/cm3. Tale dato può assumere una rilevante importanza, considerando lo studio sperimentale che ha dimostrato l’insorgenza di fibrosi polmonare in cavie esposte ad aerosol di nanoparticelle prodotte da toner di stampanti in funzionamento (41, 42).

Perciò la sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti dovrebbe costituire, soprattutto in questo caso, uno strumento decisivo per monitorare vaste popolazioni potenzialmente esposte al rischio e comprendere nel medio-lungo periodo le conseguenze sulla salute che possono provocare le nuove tecnologie.

CONCLUSIONI

In questo contributo sono state portate diverse argomentazioni di varia estrazione (accademica e istituzionale, professionale e scientifica) a sostegno della necessità di una sorveglianza sanitaria del videoterminalista più consapevole ed efficace rispetto al passato, in una parola, ‘utile’ ad elevare i livelli di salute dei lavoratori interessati.

E di solito, quando si rendono possibili tali obiettivi sono gli stessi datori di lavoro, ed ovviamente anche i lavoratori, ad adoperarsi volentieri in questa direzione, poiché si può concretizzare un vantaggio pratico, un ‘ritorno’, al di la dello stretto adempimento di Legge.

Perciò l’approccio tradizionale, ma più profondo e mirato, verso questa figura professionale, dall’individuazione dei rischi fino alla formulazione dell’idoneità, può produrre numerosi vantaggi, soprattutto attraverso una adeguata sorveglianza sanitaria:

  • prevenzione di patologie comuni, oppure lavoro correlate, e verifica della compatibilità fra disabilità presenti e richieste della mansione, soprattutto sul versante muscolo-scheletrico, a conferma di quel ‘ruolo sociale’, che sempre più spesso viene evocato per la figura del medico competente.
  • approfondimento di quadro clinici a carico di arti superiori e rachide che confliggono con l’operatività del videoterminalista, consentendo di definire specifici criteri di idoneità e di individuare gli ausili più indicati, al fine della corretta gestione delle più diffuse menomazioni, arricchendo una letteratura scientifica del settore ancora troppo povera
  • acquisizione di dati statistico-epidemiologici, utili a chiarire l’eziologia di una alterazione visiva in espansione, quale è la miopia adulta tardiva, sospettata di essere correlata all’impegno visivo protratto, statico e ravvicinato.
  • promozione del benessere oculovisivo del videoterminalista, ormai costantemente ‘connesso’ in un continuo ‘sforzo visivo prossimale’, che si intreccia con l’esposizione spesso extra-lavorativa verso dispositivi di uso quotidiano quali smartphone (PDA-phone) e tablet.
  • individuazione dei casi correlabili con varie problematiche degli ambienti di ufficio non ancora chiarite, dalla MCS, alla Lipodistrofia Circolare, alle patologie correlate alle nano-particelle. L’auspicio conclusivo consiste in una nuova presa di coscienza, prima di tutto di natura culturale. Non possono più essere sottovalutati nel XXI secolo i rischi che propongono le nuove attrezzature dotate di dispositivi di visualizzazione di varie forme e dimensioni e, più in generale, caratterizzano il lavoro in ufficio, che coinvolge diversi milioni di lavoratori in Italia.

La priorità è rappresentata dal rilancio di una sorveglianza sanitaria efficace che, unitamente a tutte le altre azioni preventive previste per Legge, consenta alla nostra disciplina di progredire e non trovarsi più impre-parata di fronte a nuovi rischi ed a crescenti richieste di salute.

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