Repertorio Salute

Modelli di Rappresentanza e forme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori

Fonte: Olympus Urbino


CONVEGNO OPRAM
Pesaro, 30 settembre 2016

Questioni aperte in materia di rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza

Relazione di Luciano Angelini

1. Considerazioni introduttive

Nell’accingermi a prendere la parola, dopo aver ringraziato sentitamente l’Opram per aver organizzato questo interessantissimo Convegno, devo confessarvi che la memoria mi riporta ad un altro importante evento che gran parte dei presenti in questa sala ricorderà: il Seminario tenutosi ad Urbino il 4 dicembre del 2012, organizzato nell’ambito del progetto di ricerca curato dal prof. Luca Nogler, dove, come oggi, Chiara Lazzari ed io eravamo stati chiamati a tenere le due relazioni principali, sui modelli di rappresentanza, la mia, sugli OP, la sua.

Quel Seminario ha sicuramente condizionato i nostri successivi percorsi di ricerca, sia a livello individuale sia nell’ambito dell’Osservatorio Olympus, inducendoci a mantenere aperto un vero e proprio focus permanente sui temi della rappresentanza collettiva della sicurezza nel settore artigiano, grazie al quale abbiamo raccolto molti materiali dedicati, redatto saggi, relazioni e pareri, tutti pubblicati sul nostro Sito.

Ho voluto ricordare il Seminario di Urbino e i contenuti delle ricerche che abbiamo in seguito dedicato alla sicurezza nel comparto artigiano, perché è con tutti questi contenuti che la mia relazione di oggi vuole idealmente confrontarsi, concentrando l’attenzione su alcune questioni che, magari già affrontate, continuano tuttavia a richiedere approfondimento e confronto.

Tra le questioni (sicuramente più “vecchie”) da indagare, c’è anche quella sulla sorte delle rappresentanze per la sicurezza di cui all’art. 9 dello Statuto dei lavoratori, costituite ad iniziativa dei lavoratori per controllare l’applicazione delle norme prevenzionistiche e promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione delle misure più idonee a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Non è certo mia intenzione tediarvi proponendovi una ricostruzione esaustiva del complesso dibattito pluridecennale che ha diviso dottrina e giurisprudenza. Tuttavia, la questione dell’abrogazione dell’art. 9 (su cui il prof. Pascucci ha scritto pagine risolutive) ci offre una straordinaria occasione per riflettere su quali fondamenti si regge e come operi l’attuale modello di tutela collettiva della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, radicato com’è nella nostra tradizione sindacale, ma anche altrettanto fortemente condizionato dalla logica partecipativa delineata nella disciplina comunitaria.

Per dirvi subito come la penso, ritengo che la disposizione statutaria, fosse stata già implicitamente abrogata dal D.Lgs. 626/1994. Ogni possibile dubbio è caduto a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 81/2008, che in tal senso dà all’interprete una chiara indicazione operativa: nel rapporto fra disciplina preesistente e il D.Lgs. 81/2008, occorre innanzitutto preservare quest’ultimo; ogni normativa preesistente che si dovesse porre in contraddizione o fosse tale da comprometterne la piena esplicazione, andrebbe per ciò soltanto considerata superata.

A fronte della necessità di preservare l’unicità sistematica e regolativa del D.Lgs. 81/2008, in tema di rappresentanza collettiva occorrerà dunque operare un contemperamento che, valutato il modello statutario, ne verifichi la sopravvivenza operativa e funzionale, rispetto al modello fondato sulle figure dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. L’esito di tale contemperamento non potrà che riconoscere come le nuove norme sui RLS costituiscano una disciplina in sé esaustiva e compiuta, che non concede alcuno spazio alla disciplina statutaria. Una compiutezza ed esaustività cui concorre in modo determinante la forte legittimazione attribuita alla figura dei RLST, a cui è stato affidato il decisivo compito di assicurare la presenza di una rappresentanza che possa esercitare i diritti collettivi di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, in tutti i casi in cui i lavoratori non avessero provveduto ad eleggere e designare i rappresentanti aziendali.

2. RLS/RLST: modelli alternativi o modelli dialoganti di rappresentanza? Sinergie virtuose per migliorare l’efficacia dell’azione rappresentativa

L’indiscutibile valorizzazione della rappresentanza territoriale operata dal legislatore del 2008 non poteva non essere accolta con grande favore nel comparto artigiano, che vi aveva già ampiamente fatto ricorso nella prospettiva residuale e solo facoltativa delineata dal D.Lgs. 626/1994.

Non sorprende pertanto che sia stata proprio la contrattazione del settore edile e dell’artigianato a valorizzare al massimo le potenzialità offerte dalla rappresentanza territoriale, spingendosi fino al limite massimo consentito dalla normativa a giudizio di alcuni, oltrepassando quel limite per altri. La questione, seppur non nuova, è ancora una questione aperta, che merita di essere anche in questa occasione approfondita.

Ai sensi dell’art. 2 dell’Accordo applicativo del D.Lgs. 81/2008 e smi nel settore dell’Artigianato del 2011, il RLS territoriale, operante nell’ambito del sistema della bilateralità artigiana, individua la forma di rappresentanza degli interessi collettivi in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori più adeguata per le aziende del settore. Le parti stipulanti sono impegnate a far sì che tale modello si affermi in modo generalizzato nelle imprese che occupano fino a 15 lavoratori: qualora dovessero risultare costituiti RLS aziendali, gli stessi continueranno ad operare sino alla fine del loro mandato e potranno essere rieletti soltanto se adeguatamente formati e se le parti sociali di riferimento riterranno di proseguire con tale tipologia di rappresentanza.

La residualità in cui l’accordo relega il modello di rappresentanza aziendale non ha mancato di suscitare perplessità 1, per diradare le quali occorre ampliare la prospettiva d’indagine partendo dal riconoscere come il D.Lgs. n. 81/2008 abbia fortemente valorizzato il ruolo della contrattazione collettiva, affidandole il compito di rendere effettiva la disciplina di legge attraverso la sua concreta attuazione e in considerazione delle specifiche caratteristiche dei diversi settori produttivi.
In tal senso, si potrebbe forse ritenere che tra le modalità che la contrattazione è delegata a regolare rientrino anche quelle relative alla scelta se debba esserci un RLS aziendale oppure sia preferibile far operare un RLST. All’autonomia collettiva verrebbe in tal modo riconosciuta una sorta di funzione orientativa nei confronti dell’autonomia individuale, come è avvenuto nell’artigianato, dove l’autonomia collettiva si è chiaramente espressa a favore della maggiore idoneità della rappresentanza territoriale nell’assicurare una più effettiva ed efficace tutela degli interessi collettivi, più capace di garantire adeguate competenze e uniformità di soluzioni e, contestualmente, di esaltare gli aspetti di collaborazione tecnica e consulenziale maggiormente insiti nella figura del RLST.
Ciò appare tanto più vero se si considera il modello di rappresentanza territoriale non disgiuntamente dalla rete degli OP, tra le cui funzioni vi è anche quella di essere la prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti” (art. 51, comma 2), comprese le attribuzioni del RLS come specificate dalla contrattazione collettiva (art. 47, comma 5, d.lgs. n. 81/2008) 2.

È dunque rispetto a questa più ampia cornice che la lettura dell’art. 2 dell’accordo interconfederale va compiuta, considerando attentamente il ruolo dell’autonomia collettiva e le opzioni dalla stessa compiute al fine di realizzare una più efficace rappresentanza per la sicurezza. Tutto ciò, senza ovviamente tacere che, a dato normativo invariato, il diritto dei lavoratori a scegliere un proprio RLS nelle imprese fino a 15 lavoratori è radicato direttamente nella legge (art. 47, commi 2 e 3) 3.

Peraltro, sempre nell’ottica di tutela effettiva che il D.Lgs. 81/2008 persegue, perché possa dirsi soddisfatto il requisito della presenza del RLS aziendale, quest’ultimo deve risultare non solo formalmente individuato, ma anche sostanzialmente posto nelle condizioni di poter esercitare le attribuzioni che gli sono riconosciute, e dunque, innanzitutto, adeguatamente formato.

Si esprime in tal senso con chiarezza il Contratto collettivo provinciale di lavoro Confindustria di Pescara siglato il 1° agosto 2016, che all’art. 9 specifica che per ottenere l’esonero contributivo altrimenti spettante per le attività svolte dai RLST, le imprese devono comunicare alla Cassa edile provinciale la copia della nomina del RLS aziendale, unitamente alla documentazione dell’avvenuta formazione. Non soltanto la formazione iniziale – che è di per sé una “formazione particolare” rispetto a quella prevista per i lavoratori tout court, concernente i rischi specifici esistenti nei luoghi di lavoro di sua competenza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione (art. 37, comma 10) – ma anche il suo periodico aggiornamento, ai sensi dell’art. 37, comma 11, ultimo periodo, D.Lgs. n. 81/2008.

Alla luce di tutte queste considerazioni è forse possibile comprendere più compiutamente la scelta effettuata nell’accordo interconfederale del 2011, di permettere la permanenza del RLS aziendale quando lo vogliano le parti sociali che, presumibilmente, decideranno in tal senso solo se saranno certe che la rappresentanza aziendale possa effettivamente ben operare. In tal senso, i soggetti collettivi eserciterebbero una funzione confermativa dell’autonomia individuale, non distonica rispetto alle opzioni di fondo praticate dal legislatore in materia di rappresentanza.

C’è anche un’altra prospettiva che mi preme richiamare, e che avevo già evocato nella relazione tenuta al Convegno di Urbino del dicembre 2012: ovvero, la possibilità di riconsiderare la condizione di radicale alternatività che formalmente il legislatore sembra delineare fra i due modelli di rappresentanza, l’aziendale e il territoriale, alla luce dell’obiettivo sicuramente prioritario di assicurare la migliore efficacia dell’azione rappresentativa.

Avevo in tal senso citato alcuni esempi ripresi dalla contrattazione dell’edilizia relativi alle lavorazioni in appalto, che tracciavano una sorta di embrionale funzione di supporto e di consulenza svolta dal RLS territoriale o dal RLS di sito produttivo a favore del rappresentante aziendale dell’impresa affidataria o appaltatrice, al quale veniva attribuito il compito del tutto nuovo di “coordinatore” dei RLS delle aziende appaltanti 4.

Avevo altresì richiamato una clausola contenuta nell’art. 7 del contratto (edili ed affini) della provincia di L’Aquila del 23 dicembre 2011 relativo al versamento alla Cassa edile del contributo per il RLS territoriale. Dopo aver ricordato che tale versamento è obbligatorio soltanto per le imprese nelle quali non è stato eletto o designato il rappresentante aziendale, essa prevedeva che le imprese nelle quali fosse stato eletto o designato quest’ultimo, qualora intendessero avvalersi ugualmente del RLS territoriale, avrebbero dovuto continuare ad effettuare il versamento.

Il tenore letterale della clausola non consentiva fraintendimenti sulla possibile “convivenza”, operativa e funzionale, fra rappresentati aziendali e territoriali; l’elezione del rappresentante aziendale non impediva l’accesso al sistema della pariteticità, nel caso in cui l’impresa avesse ritenuto opportuno avvalersene. Un versamento che, tuttavia, non avrebbe potuto comunque far ottenere alcuno “sconto” sulla formazione da assicurare al RLS aziendale 5.

Il modello di rappresentanza attuato nell’azienda restava quello aziendale: esso veniva soltanto “supportato” attraverso una virtuosa sinergia con la rappresentanza territoriale e, soprattutto, con la bilateralità e le sue indiscutibili risorse.

Rispetto a queste prime interessanti aperture ad una utile interazione fra modelli di rappresentanza, possiamo ora sostenere che quella descritta non fosse una scelta sperimentale o (peggio) “stravagante”. Infatti, essa è stata riconfermata dal recentissimo contratto integrativo provinciale dell’Aquila siglato il 29 luglio 2016, che ha disposto un incremento della quota premiale sulla contribuzione obbligatoria prevista per l’accesso alla bilateralità dello 0,10% anche per quelle imprese che, pur avendo al loro interno il RLS, richiederanno nel corso del semestre almeno una volta l’intervento del RLST 6.

Sono dunque ancora più convinto di quanto non lo fossi nel 2012, che le Casse Edili ci abbiano indicato un percorso virtuoso che è sicuramente possibile seguire per cercare di dare maggiore efficacia all’azione rappresentativa a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Si tratta di una prospettiva che anche la contrattazione del settore artigiano potrebbe considerare, definendo ambiti e strumenti grazie ai quali favorire la collaborazione fra RLS aziendali e RLS territoriali 7 soprattutto su alcuni temi come l’informazione, la formazione e l’assistenza di natura più tecnico/operativa.

3. Il RLSPP come esempio di “coordinamento istituzionalizzato” della rappresentanza per la sicurezza

Quello che la contrattazione collettiva dell’edilizia ci propone, cioè di favorire un effettivo sostegno ai RLS da parte dei RLST attraverso forme di più o meno stringenti di coordinamento, non va considerata come un’ipotesi eccezionale, peregrina o distonica rispetto al contesto delineato dal D.Lgs. 81/2008. Il buon coordinamento anche della funzione rappresentativa costituisce uno degli strumenti strategici che il legislatore (e la stessa contrattazione collettiva), hanno indicato per dare maggiore efficacia ed effettività alla rappresentanza collettiva, soprattutto quando questa deve svolgersi in contesti difficili, perché caratterizzati da realtà molto complesse e articolate.

Come sicuramente saprete, una delle più importanti novità che il D.Lgs. 81/2008 ha introdotto in tema di rappresentanza collettiva è stata l’istituzione della figura del RLS di Sito produttivo, chiamata ad operare in grandi contesti produttivi a elevata complessità organizzativa e gestionale, connotati dalla compresenza di più aziende o cantieri, nei quali possono svilupparsi diverse problematiche legate ai processi d’interferenza delle lavorazioni e al rilevante numero di addetti mediamente operanti, tra cui rientrano sicuramente i porti, i centri intermodali di trasporto, gli impianti siderurgici, i grandi cantieri.

Ho già avuto modo di esprimere il mio convincimento in merito alle grandi potenzialità che la figura del RLS di sito produttivo potrebbe realizzare nel caso si riuscisse a prevedere, da un lato, l’obbligatorietà della sua elezione/individuazione, oggi lasciata alla mera iniziativa dei soli RLS designati o eletti nelle aziende operanti nel Sito e, dall’altro lato, di formalizzare l’allargamento dell’ambito di competenza di questa rappresentanza, ora delimitato attorno alla nozione tassativa di “Sito produttivo”, così da ricomprendervi anche altre (ora) comuni forme di “interconnessione organizzativa” fra imprese, con particolare attenzione alla realtà dei gruppi e delle reti, dove è particolarmente importante presidiare le attività “integrative” di cooperazione e di coordinamento della rappresentanza aziendale, specie quando si tratta di controllare e promuovere misure relativamente a appalti o somministrazioni (vedi art. 26 del D.Lgs. 81/2008).

Per quanto concerne la presenza obbligatoria del RLS di sito produttivo, tale scelta risolverebbe soprattutto il problema di dover continuare a “fare affidamento” sui rappresentanti territoriali per le imprese appartenenti al Sito che non abbiano eletto/designato un proprio rappresentante per la sicurezza, evitando non soltanto le gravi conseguenze che potrebbero determinarsi in ragione delle specifiche dinamiche che caratterizzano l’attività produttiva delle imprese in conseguenza della loro particolare collocazione (nel sito), ma anche l’insorgere di altre problematiche connesse alla contemporanea presenza nel Sito (con funzioni di supplenza) di più RLST competenti per materia, presenza che accentuerebbe ulteriormente l’esigenza di dover provvedere anche al loro specifico coordinamento 8.

4. Informazione sul modello di rappresentanza adottato nell’impresa e le procedure di consultazione del RLST in tema di valutazione dei rischi

Al di là delle possibilità, che potrebbero in futuro ancora più ampiamente concordarsi, di collaborazione funzionale, RLS aziendali e RLS territoriali restano due modelli di rappresentanza formalmente e sostanzialmente distinti.

La distinzione dei modelli di rappresentanza impone innanzitutto di sapere con certezza quale sia quello il modello effettivamente operante in una determinata azienda/unità produttiva. Si tratta di una problematica non irrilevante per gli Organismi paritetici, tutt’altro che facile da gestire in concreto, anche perché gli obblighi informativi non sono adeguatamente disciplinati dal legislatore. È dunque opportuno fare anche in questo caso un breve approfondimento.

Ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. aa), D.Lgs. 81/2008, spetta ai datori di lavoro comunicare a INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendale. L’omessa comunicazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, da 50 a 300 euro, prevista dall’art. 55, comma 5, lett. l).

In tema, l’INAIL ha emanato alcune Circolari (n. 11 del 10 febbraio 2014, n. 11 del 12 marzo 2009, 21 maggio 2009) nelle quali si stabilisce che tale comunicazione, ora solo telematica (prima anche via fax), deve avvenire a cadenza annuale (entro il 31 marzo), va effettuata per la singola azienda o unità produttiva in cui opera la rappresentanza, deve riferirsi alla situazione in essere al 31 dicembre dell’anno precedente e riguarda sia il nominativo del RLS aziendale che del RLST competente.

All’anagrafica dei RLST provvedono anche gli OP, ai quali – ai sensi degli artt. 48, comma 6, e 51 commi 8, 8 bis – spetta effettuare la comunicazione dei nominativi dei RLST competenti ai lavoratori, alle aziende, agli organi di vigilanza territorialmente competenti e alla stessa INAIL, congiuntamente all’elencazione delle imprese aderenti al sistema degli OP.

Relativamente alla comunicazione da effettuarsi a aziende e lavoratori, tuttavia, è fondamentale, in quanto ne costituisce il presupposto, che all’OP sia nota l’elezione/designazione del RLS aziendale. Purtroppo, il dettato normativo ha previsto l’obbligo datoriale di trasmettere i nominativi dei rappresentanti aziendali soltanto nei confronti dell’INAIL (art. 18, comma 1, lett. aa) 9.

Ad onor del vero, il legislatore ha anche previsto che l’INAIL invii i dati relativi alla comunicazione datoriale sui RLS/RLST al SINP, il Sistema informativo nazionale per la prevenzione sui luoghi di lavoro (SINP), di cui all’art. 8 del decreto 81/2008. Finalmente, dopo una lunghissima ed estenuante attesa, è stato finalmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre scorso, il decreto ministeriale n. 183 (che porta la data del 25 maggio 2016), nel quale è contenuto il regolamento sulla costituzione e sul funzionamento del SINP.

In attesa dell’effettiva operatività del SINP  che potrebbe risolvere anche questa particolare disfunzionalità informativa, la contrattazione collettiva ha da tempo opportunamente definito alcune specifiche modalità di comunicazione; in Piemonte, per fare un esempio, gli OP dell’artigianato inviano a tutte le imprese del territorio una apposita documentazione contenente il nome del RLST competente, il bollettino per il pagamento della contribuzione e la procedura per comunicare l’eventuale elezione del RLS aziendale. In mancanza di risposta da parte dell’impresa, la rappresentanza territoriale viene automaticamente attribuita e l’azienda immediatamente iscritta nei ruoli dell’OP/EB.

La procedura si presenta senz’altro coerente rispetto all’obbligo informativo posto in capo agli OP dal legislatore. Resta ovviamente la possibilità che si verifichi, specie quando l’impresa, non rispondendo alla comunicazione degli OP, continui a versare la quota contributiva nonostante che nella stessa sia stato eletto o designato un RLS aziendale, l’erronea attribuzione alla stessa della rappresentanza territoriale 10.

4.2. Sulle modalità di consultazione del RLST in tema di valutazione dei rischi

Pur essendo identiche le prerogative di cui godono, RLS aziendali e RLS territoriali eserciteranno in modi inevitabilmente diversi il loro ruolo di rappresentanza. Di ciò ben consapevole, il legislatore ha giustamente chiamato in causa la contrattazione collettiva, affidandole il compito di stabilire modi e forme che potessero rendere più efficaci ed effettive le prerogative indistintamente indicate dall’art. 50 del d.lgs. n. 81/2008, quando esercitate dal RLS aziendale, ma soprattutto quando ad agire sia il RLST.

Nello specifico, Olympus, su richiesta del dott. Giuliano Tagliavento, nella sua veste di Dirigente della PF Prevenzione e Promozione della salute nei luoghi di lavoro della Regione Marche, è stato chiamato a rendere un parere nel quale, visto il contenuto degli accordi stipulati a livello nazionale e regionale dalla bilateralità artigiana (Accordo 2011, punti 2.1.13 – punto 2.1.16) si chiedeva di valutare se quanto previsto dall’art. 50, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 81/2008 – secondo cui il RLS deve essere consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva – può ritenersi assolto da parte del datore di lavoro con l’invio del documento di valutazione dei rischi all’Organismo Paritetico Territoriale (per l’Artigianato) e l’adesione al sistema del RLS Territoriale previsto dall’art. 48 del D.Lgs. 81/2008 11.

La soluzione del quesito chiede innanzitutto di chiarire il concetto di “consultazione”, una forma di partecipazione “debole”, che si traduce nel diritto del consultato di esprimere un parere preventivo, di cui il consultante potrebbe eventualmente non tenere conto 12.

Nello specifico, la consultazione ha ad oggetto una documentazione in progress, non ancora definitiva, riguardante la valutazione dei rischi, intesa sia come valutazione in senso stretto sia come elaborazione del relativo documento, che costituisce una responsabilità ed una prerogativa esclusiva del datore di lavoro. Ciò comporta che la consultazione, che deve comunque essere sempre preventiva e tempestiva, interviene su un’attività svolta dal datore di lavoro (con la collaborazione del RSPP e del Medico competente, ove presente), attraverso la quale egli esprime valutazioni e scelte strategiche proprie, di cui si assume in pieno la responsabilità.

Rispetto a ciò, la contrattazione, non potendo mai porsi contra legem, fa quello che è stata chiamata a fare dal legislatore: dettare le specifiche modalità mediante le quali si possono svolgere le attribuzioni previste dall’art. 50 del D.Lgs. 81/2008 quando queste debbano essere esercitate dal RLST, operando all’interno del sistema della pariteticità.

Decidendo di incanalare verso l’OP tutta la documentazione aziendale relativa alla valutazione dei rischi (e non solo), le clausole dell’Accordo applicativo mettono in condizione il RLST di essere consultato secondo le modalità più opportune: egli potrà accedere in azienda e svolgere tutte le funzioni spettanti ad un RLS; ma egli potrà anche, ove ritenga ciò sufficiente, esaurire la sua funzione consulenziale in sede di OP. Rientrerà pertanto nella sua valutazione operare a seconda di come giudichi più utile ed opportuno, alla luce della documentazione ricevuta.

In definitiva, le disposizioni legislative e contrattuali prefigurano un processo dinamico che, in linea con l’obiettivo del continuo miglioramento delle condizioni di sicurezza perseguito dal D.Lgs. 81/2008, deve realizzare un costante dialogo e un proficuo confronto tra i vari attori del sistema di prevenzione, in perfetta coerenza con la prospettiva partecipata imposta dalle direttive comunitarie.

Dunque, tornando al quesito, l’obbligo di consultazione potrà dirsi assolto dal datore di lavoro quando, una volta che egli abbia inviato all’OP la documentazione necessaria (punti 2.1.13 e 2.1.16 dell’Accordo applicativo), il RLST, presane visione, sia stato messo effettivamente nelle condizioni di eseguire tutte le verifiche del caso – compresi eventuali accessi in azienda – così da poter esprimere il proprio parere sulle varie attività previste dallo stesso art. 50, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 81/2008.

5. Il ruolo dei RLS nell’implementazione ed efficace attuazione dei modelli organizzativi

Un tema notevolmente sottovalutato riguarda lo specifico ruolo che i RLS devono svolgere affinché l’adozione da parte dell’impresa di un modello di gestione e di organizzazione possa valere come esimente dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001.

In base all’art. 30 del D.Lgs. 81/2008, affinché operi l’esimente, il modello organizzativo deve essere adottato ed efficacemente attuato, comportando anche il rispetto delle regole sulla consultazione dei RLS. Tale riferimento, esplicitamente limitato alla sola consultazione, deve tuttavia più correttamente interpretarsi come un’indicazione meramente esemplificativa, che non preclude l’esercizio anche di tutte le altre prerogative attribuite ai RLS, dalla legge come dalla stessa contrattazione collettiva.

Un’altra questione che attiene sempre al coinvolgimento del RLS nell’attuazione ed efficace implementazione di un modello di organizzazione e gestione riguarda i dubbi, sollevati da autorevole dottrina, sulla piena fungibilità del RLST rispetto al RLS aziendale, in quanto il primo sarebbe inevitabilmente un “soggetto estraneo” rispetto al funzionamento delle specifiche dinamiche organizzative che devono garantire la funzionalità di un dato modello di organizzazione e di gestione13. La conseguenza che deriverebbe per le società di più piccole dimensioni in cui opera la rappresentanza territoriale per l’assenza di un requisito essenziale affinché il modello organizzazione acquisisca la prevista efficacia esimente sarebbe gravissima!

Pur comprendendo le ragioni sulle quali si poggia la tesi dell’infungibilità tra RLS e RLST, credo si debbano altrettanto doverosamente considerare ulteriori aspetti che non soltanto propendono per la loro piena fungibilità, ma piuttosto inducono a riconoscere al RLST un ruolo ancora più efficace per quanto attiene le modalità di controllo collettivo sul funzionamento di un modello di organizzazione e gestione.

Partirei dal fatto che l’azione rappresentativa effettivamente esercitata dal RLST non può essere apprezzata disgiuntamente da quella degli OP, essendo entrambi i “pilastri” su cui si regge il sistema della bilateralità/pariteticità in materia di salute e sicurezza dei lavoratori: un sistema che il legislatore del 2008 ha fortemente valorizzato anche in relazione allo specifico tema dei modelli di organizzazione di gestione, attribuendo agli OP la funzione di asseverarne l’adozione e l’efficace implementazione.

Non posso soffermarmi sull’istituto dell’asseverazione (per ogni approfondimento faccio con piacere agli scritti del prof. Pascucci e di Chiara Lazzari pubblicati sul sito dell’Osservatorio 14), se non per sottolineare che quella dell’asseverazione di un modello di organizzazione e gestione è un’attività complessa che richiede il possesso di capacità e competenze professionali significative, supportate da risorse tecnico-strumentali non irrilevanti 15. Dunque, a fronte di un coinvolgimento così rilevante degli OP, appare per lo meno contraddittorio mettere in dubbio la capacità dei RLST di esercitare adeguate funzioni di controllo sui modelli di gestione adottati nelle imprese in cui siano chiamati a svolgere la loro ordinaria funzione rappresentativa. E ciò anche considerando che, come ben sottolineano tutti gli accordi collettivi che disciplinano la loro nomina/designazione, i RLST devono essere in possesso di specifiche cognizioni tecnico/pratico, aver maturato un’adeguata esperienza e seguito un percorso di formazione del tutto particolare (art. 48, comma 7), non comparabile, per durata e contenuti, con la formazione cui è soggetto un RLS aziendale.

Peraltro, l’adozione dei modelli di gestione nelle società di piccole dimensione, specie se caratterizzate da un’organizzazione minimalista, porta a prefigurare non soltanto una radicale semplificazione degli stessi modelli, e ciò nel rispetto delle indicazioni della Commissione consultiva, ma anche una loro ragionevole standardizzazione, che ne ridurrebbe in modo significativo i costi di adozione e di implementazione, favorendo al contempo le attività di controllo, quelle svolte dai RLS, come quelle attribuite agli OP in sede di Asseverazione.

Sono convinto che l’impegno che gli OP stanno già profondendo nell’attività di asseverazione, cui si aggiungerà quello dei RLST operanti nelle aziende in cui verrà adottato e implementato un modello di gestione, permetterà loro di accumulare un bagaglio di competenze e capacità diffuso e consistente, che potrà essere impiegato per supportare le imprese aderenti alla bilateralità già nella fase iniziale di progettazione e di adozione di un modello di gestione. Quello che si può dunque prospettare è la possibile evoluzione del ruolo fino ad ora assunto dai sistemi di bilateralità/paritetica, che potrebbero passare da un coinvolgimento soltanto successivo ed eventuale com’è l’attuale, che si esplica attraverso il controllo dei RLS e l’asseverazione del funzionamento dei modelli, ad una forma di collaborazione ex ante, riguardante cioè la fase di progettazione e adozione del modello, simile al tipo di “assistenza” che gli OP da tempo garantiscono alle imprese in materia di formazione.

6. Considerazioni conclusive. Quali responsabilità per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza?

Tutte le questioni di cui abbiamo discusso, per alcune delle quali ho cercato di proporre alcune possibili chiavi di lettura di ordine interpretativo/applicativo, sono legate da un evidente fil rouge: la valorizzazione del ruolo proattivo della rappresentanza territoriale, correttamente contestualizzata nell’ambito dei sistemi di bilateralità/pariteticità di cui costituisce uno dei pilastri fondativi.

Sono certo che, rispetto al variegato comparto artigiano, il modello di rappresentanza territoriale continuerà a estendersi e consolidarsi.

Una prospettiva espansiva che si accentuerà ulteriormente se la contrattazione collettiva deciderà di attribuire ai RLST anche alcuni compiti di supporto e di coordinamento dei RLS aziendali, alla stregua delle aperture in tal senso sperimentate dalla contrattazione dell’edilizia, oppure se, acclarata la piena fungibilità tra RLS e RLST, l’adozione e l’implementazione dei modelli di gestione dovesse crescere significativamente all’interno del comparto.

Nell’avviarmi a concludere, vorrei affrontare brevemente il tema delle responsabilità che attualmente incombono sui rappresentanti dei lavoratori. Ovviamente, non tratterò delle responsabilità di ordine morale, etico e sociale connesse all’assunzione delle loro funzioni e prerogative, ma cercherò di indagare se sussistano responsabilità giuridiche di tipo penale, amministrativo, civile, non dimenticando di considerare quelle di natura latamente professionale/disciplinare.

Per provare ad approcciare correttamente la questione, partirei dal constatare che nell’ambito della normativa prevenzionale di legge, RLS e RLST non risultano essere quasi mai destinatari di norme imperative che impongano loro determinati obblighi di comportamento, fatta eccezione per il rispetto delle disposizioni sulla privacy e sul c.d. “segreto industriale”, in relazione alle informazioni contenute nel DVR, DUVRI e in ordine ai processi lavoratori di cui siano venuti a conoscenza durante la funzione rappresentativa (art. 50, comma 6)16. Circa la violazione di tali precetti, in mancanza di sanzioni penali e amministrative, in capo ai RLS è astrattamente configurabile una responsabile civile per il risarcimento del danno ingiusto effettivamente cagionato al datore di lavoro per la condotta imprudente eventualmente tenuta. Trattasi di responsabilità di tipo aquiliano, di natura extracontrattuale, riconducibile all’art. 2043 c.c.

La mancata previsione di sanzioni penali e amministrative per i RLS costituisce un dato molto significativo e non certo casuale, soprattutto perché avviene nel contesto di una normativa che prevede obblighi severamente sanzionati, diversi per specie e natura, per quasi tutte le principali figure che caratterizzano il sistema prevenzionale aziendale. Non sfuggono neppure i lavoratori, chiamati dall’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, a prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle loro azioni o omissioni, conformemente alla loro formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

Fatto dunque salvo tutto ciò che implica l’esercizio diretto della funzione rappresentativa, sembrano sussistere fondati profili di responsabilità giuridicamente rilevanti riguardanti i Rappresentanti dei lavoratori relativamente a quella che potremmo definire la loro dimensione “professionale/disciplinare”. Sul punto, molto sommariamente, va distinta la figura del RLS aziendale da quella del RLST.

In merito ai RLST, analizzando i tanti protocolli o accordi collettivi che, nel rispetto delle disposizioni di legge, ne disciplinano nomina, ruolo e compiti, segnalo come spesso si preveda non soltanto la possibilità che il loro mandato possa essere revocato prima della scadenza, ma anche che essi decadano dall’incarico a fronte di violazioni previste dalla legge o negli stessi accordi, tra cui rientrano, per fare qualche esempio, obblighi informativi o di partecipazione a incontri periodici previsti nell’ambito degli OP, nonché il rispetto della programmazione concordata relativa ad accessi, visite e consultazioni. In alcuni accordi si precisa che la decadenza dall’incarico si applicherà in tutti i casi in cui i RLST facciano un uso non strettamente connesso alla loro funzione o in violazione del segreto industriale delle notizie di cui siano venute a conoscenza, oppure svolgano attività di carattere sindacale o abusino della loro posizione per ottenere vantaggi per sé o per altri.

Per quanto riguarda invece il RLS aziendale, pur in assenza di una specifica casistica giurisprudenziale, ritengo sia possibile sostenere che, rispetto a qualunque altro lavoratore, le responsabilità incombenti sul lavoratore che riveste anche la funzione di RLS aziendale assumano profili inevitabilmente più ampi e richiedano livelli di diligenza più elevati. E ciò, sia ai sensi del citato art. 20, comma 1, dove, tra i criteri di valutazione della colpa professionale, si richiama esplicitamente la formazione ricevuta (dal lavoratore), ma anche con riferimento all’art. 20, comma 2, lett. e), secondo cui (qualunque lavoratore) deve segnalare immediatamente le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, segnalare qualsiasi eventuale condizione di pericolo grave e incombente di cui sia venuto direttamente a conoscenza o di cui abbia ricevuto notizie dai colleghi in quanto RLS, dovendosi adoperare anche direttamente, in caso di urgenza, sempre nell’ambito delle proprie competenze e possibilità, alla sua eliminazione o riduzione.


NOTE

1 Ad esempio, sono state stigmatizzate le modalità con le quali i firmatari dell’accordo interconfederale hanno deciso di ribadire la loro opzione a favore dei rappresentanti territoriali, in particolare sottolineando il concetto del “di norma”, che compare per la prima volta, dunque non casualmente, nel testo dell’art. 47 del D.Lgs. 81/2008 in relazione all’elezione/designazione del RLS aziendale. Peraltro, nel contenuto della stessa previsione si rinviene anche l’utilizzo della disgiuntiva “oppure”, che farebbe (al contrario) propendere per una piena fungibilità tra le due figure di rappresentanti (aziendali e territoriali); né andrebbe sottovalutato il rinvio esplicito alle disposizioni dell’art. 48, dedicato interamente al RLS territoriale, le quali non contemplano alcuna distinzione di tipo dimensionale, a fronte dell’obiettivo assolutamente prioritario di garantire l’effettiva rappresentanza degli interessi collettivi, dovendo il RLS territoriale esercitare le sue funzioni con le stesse modalità e procedure in qualunque impresa in cui non sia stato eletto o designato un RLS aziendale.

2 In via del tutto esemplificativa, le controversie in parola potrebbero riguardare eventuali impedimenti frapposti dal datore, all’accesso del RLS ai luoghi di lavoro, oppure, quanto a questioni di merito, possibili difformità di vedute emerse durante la stesura del documento di valutazione dei rischi o in occasione dell’adozione di determinate misure.

3 Art. 47, comma 2: “In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

4 Trattasi di due contratti provinciali per i lavoratori dell’edilizia e affini integrativi del Ccnl del 19 aprile 2010, siglati per le province di Vicenza (18 aprile 2012) e di Venezia (19 marzo 2012) – disponibili nella sezione “Contrattazione collettiva” del sito di Olympus – che nei rispettivi allegati relativi al RLS territoriale tra l’altro precisano che “Nelle opere nelle quali siano coinvolte più imprese, ad eccezione di quelle indicate al comma successivo, il ruolo di coordinatore dei RLS compete al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dell’impresa affidataria o appaltatrice, o viene individuato nell’ambito dei RLS aziendali operanti nel sito produttivo. Nelle suddette opere, il coordinatore dei RLS potrà avvalersi anche della collaborazione del supporto del RLS territoriale e del RLS di sito produttivo”.

5 “Resta inteso che ogni RLS interno dovrà ricevere adeguata formazione ai sensi dell’art. 37, D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.”.

6 Si muove nella stessa direzione anche il Protocollo d’intesa per la partecipazione e la promozione della sicurezza sul lavoro dei lavoratori edili del Lazio siglato il 17 settembre 2015 tra la direzione dell’UOC Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di lavoro ASL RM E e gli RLST che, allo scopo di migliorare l’azione degli RLST, formalizza l’impegno dei sottoscrittori nel coinvolgere quanto più possibile nell’attività di prevenzione e di informazione i rappresentanti dei lavoratori eletti in ambito aziendale. La possibile collaborazione tra RLS aziendali e territoriali viene presa in considerazione dagli stessi rappresentanti, come si evince da alcuni interventi tenutisi durante i lavori dell’Assemblea nazionale RLS/RLST CDIL-CISL-UIL (Napoli, 12 febbraio 2016), dove rispetto ad un auspicato coordinamento degli RLS, chiama direttamente in causa proprio gli RLST, che ritiene possano diventare punto di riferimento e di supporto, ma anche una possibile risposta a RLS aziendali “di comodo”, che possono annidarsi soprattutto nelle piccole e medie imprese.

7 Nel già citato contratto per i lavoratori delle imprese edili e affini di Vicenza del 18 aprile 2012 è presente una dichiarazione a verbale che fa riferimento all’attività di un tavolo congiunto di settore – da presumersi come già in atto – cui spetterà “individuare regole…che consentano alle diverse forme di rappresentanza per la sicurezza, previste nel “Testo Unico” di svolgere efficacemente le proprie funzioni e di realizzare adeguate forme di coordinamento informativo e coordinativo”; peraltro, i contenuti degli accordi che disciplinano i compiti e le funzioni del RLS di sito produttivo potrebbero offrire esempi significativi cui fare riferimento.

8 A ben vedere, la figura del RLS di sito produttivo presenta alcuni profili di criticità per quanto concerne l’efficacia della sua azione, dovendo operare in contesti caratterizzati non soltanto da condizioni di rischio elevato, ma anche assai diversificati quanto a settori d’attività. Il RLS di sito dovrebbe pertanto ben conoscere, oltre alla normativa generale di sicurezza, anche quella specifica di ogni “settore produttivo” presente nel sito, non potendo limitarsi – in vista della seppur eventuale ma comunque obbligatoria funzione di “supplenza” da esercitare nei casi di lavoratori appartenenti a aziende (del sito) che non abbiano eletto o designato propri RLS – alle “sole” attività di coordinamento.

9 E non nei confronti anche degli OP, non essendo stata mantenuta, nella versione definitiva del d.lgs. n. 81/2008, la previsione, presente nella bozza approvata dal Consiglio dei Ministri, che imponeva al datore di inviare anche ad essi una copia del verbale di elezione dei RLS aziendali.

10 Su chi debba verificare se l’elezione/designazione del RLS aziendale (anche ai fini dell’esonero contributivo) sia avvenuta legittimamente, e cioè nel rispetto delle procedure di legge e di contrattazione collettiva, mi limito a ricordare che, rispetto a tale verifica, l’accordo interconfederale applicativo del decreto 81/2008 del settore artigiano precisa che gli RLS aziendali potranno essere eletti/rieletti soltanto se adeguatamente formati e se le parti sociali di riferimento riterranno di proseguire con tale forma di rappresentanza. A tale verifica potrebbero forse concorrere anche gli OP, specie per quanto concerne le funzioni di cui all’art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008, che fanno degli OP la prima istanza di riferimento in merito alla soluzione di controversie sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione. A ben riflettere, tuttavia, essendo richiamate esplicitamente tematiche relative al concreto esercizio delle attribuzioni del RLS (art. 47, comma 5, d.lgs. n. 81/2008), è forse azzardato ipotizzare che l’intervento degli OP possa estendersi fino a ricomprendere la scelta del modello di rappresentanza, a meno che non si pensi di limitare un tale intervento all’accertamento del possesso, da parte degli RLS aziendali, dei requisiti formativi, comprensivi dell’aggiornamento periodico, rigorosamente richiesti sia dalla legge sia dalla stessa contrattazione collettiva.

11 Le disposizioni dell’Accordo applicativo del d.lgs. n. 81/2008 del 28/06/2011 da considerare sono contenute nei Punti 2.1.13 («In presenza dei rappresentanti territoriali, gli adempimenti in capo ai datori di lavoro, previsti dalle norme vigenti in tema di informazione e consultazioni (art. 50, comma 1, lett. b), c), d), e) del d.lgs. 81/2008 e smi) del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, vengono assolti di norma nella sede dell’organismo paritetico territoriale, con le modalità previste al successivo punto 2.1.16 («Le informazioni, la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione, nonché quelle inerenti le sostanze ed i preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, all’organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni e alle malattie professionali nonché i risultati finali delle valutazioni del rischio, sono trasmessi per conoscenza presso la sede degli organismi paritetici, secondo schede predisposte dall’Opna in collaborazione con gli Opra, nel rispetto dei contenuti di cui agli art. 28 e 29 del D.Lgs. 81/2008 e smi») per il tramite della Associazione cui l’impresa è iscritta o alla quale conferisce mandato, se del caso affiancata dal servizio di prevenzione e protezione e/o da soggetti qualificati e specificatamente incaricati dal datore di lavoro».

12 Non esiste una definizione legislativa specifica di consultazione; quella contenuta all’art. 2, par. 1, lett. g) della direttiva 2002/14/CE – secondo cui per consultazione si intende lo scambio di opinioni e l’instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro – non è in grado di dare alcun utile contributo di chiarezza circa l’ambito sostanziale della nozione.

13 Al contrario, diversamente dal RLST, si ritiene particolarmente apprezzabile il coinvolgimento del RLS di Sito produttivo, a fronte delle specifiche conoscenze e competenze di cui dispone rispetto alle aziende operanti nell’ambito del sito.

14 Mi limito soltanto a ricordare che l’Asseverazione dei modelli di organizzazione costituisce un utile ausilio di natura organizzativa, di per sé non idoneo a escludere o condizionare l’eventuale indagine giudiziaria, ma soltanto a far sorgere la presunzione (ovviamente relativa) circa l’assolvimento dell’obbligo di vigilanza del delegante sull’operato del delegato ai sensi dell’art. 16, comma 3, secondo periodo. Esclusa in radice ogni rilevanza esimente sul piano delle responsabilità individuali, l’Asseverazione ben può rientrare tra i compiti di tipo promozionale e collaborativo tradizionalmente assegnati agli OP, dovendosi anch’essa connotare per una valenza integrativa, non certamente sostitutiva, rispetto alle forme di vigilanza e controllo istituzionali poste in essere dai servizi ispettivi che vi sono preposti.

15 In quest’ottica, sarebbe stato più che opportuno attribuire alla Commissione consultiva permanente non soltanto il compito, molto importante, di elaborare procedure semplificate per l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione nelle piccole e medie imprese (art. 30, comma 5 bis, d.lgs. n. 81/2008), ma anche quello di indicare criteri univoci, ispirati agli standard internazionali, per lo svolgimento di una corretta attività di asseverazione, evitando il probabile rischio di divergenze fra le valutazioni operate dalle commissioni tecniche istituite nell’ambito dei diversi Organismi paritetici. Una soluzione che ben si sarebbe collocata nel solco di quella collaborazione istituzionale che si è ritenuto in altri casi di formalizzare fra OP e Commissione consultiva – ad esempio, quando gli OP forniscono indicazioni alla Commissione per l’individuazione di settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi – e, più in generale, fra OP e gli organismi pubblici comunque preposti al sistema della prevenzione. Non a caso, l’Accordo interconfederale del 13 settembre 2011 ha attribuito all’OP paritetico nazionale dell’artigianato, in un’ottica di coordinamento, il compito di predisporre, in collaborazione con gli OP regionali, i criteri relativi alle ‘specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti’…nonché sulle procedure e sulle modalità per il rilascio delle attestazioni relative allo svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese.

16 Altre disposizioni prescrittive riguardano ad esempio l’obbligo di consultazione dei Documenti, che può avvenire solo in azienda, ecc. (che può essere letto anche come diritto condizionato).


Per approfondire:

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