I 10 imputati, accusati dei reati di concorso in omicidio colposo e lesioni gravissime nel procedimento in corso a Milano per i casi di 28 operai vittime di tumori asbesto-correlati, sono stati membri del cda tra il 1979 e il 1989. In luglio sono stati tutti condannati per un’altra ventina di casi analoghi.
MILANO – Si è chiusa con sette richieste di condanna, comprese tra quattro anni e sei mesi e nove anni di reclusione, e tre richieste di assoluzione la requisitoria del pm Maurizio Ascione nel processo bis a carico di dieci ex dirigenti della Pirelli, imputati a vario titolo dei reati di concorso in omicidio colposo e lesioni gravissime in relazione a 28 casi di operai morti o che si sono ammalati di forme tumorali asbesto-correlate, dopo avere lavorato negli stabilimenti milanesi del colosso degli pneumatici. In luglio gli stessi imputati sono stati tutti condannati in primo grado per gli stessi reati dalla sesta sezione penale del tribunale di Milano, in relazione a un’altra ventina di casi analoghi.
La posizione di uno dei dirigenti stralciata per motivi di salute. I dieci imputati nel processo in corso davanti al giudice monocratico della quinta sezione penale, Anna Maria Gatto, sono stati membri del consiglio di amministrazione della Pirelli tra il 1979 e il 1989. Nel dettaglio, le richieste di condanna riguardano Ludovico Grandi (nove anni), Piero Giorgio Serra (sette anni), Gianfranco Bellingeri (sei anni), Guido Veronesi e Omar Liberati (cinque anni e sei mesi), Gavino Manca e Armando Moroni (quattro anni e sei mesi). Per quanto riguarda le assoluzioni, la richiesta con la motivazione “perché il fatto non costituisce reato” è stata formulata per Gabriele Battaglioli, Roberto Picco e Carlo Pedone. È stata invece stralciata, a causa delle gravi condizioni di salute, la posizione di un altro ex consigliere, Luciano Isola, che nel primo processo concluso in luglio è stato condannato alla pena più alta (sette anni e otto mesi).
Il pm: “Correlazione accertata per la metà dei casi”. Per il pm Ascione gli operai si sono ammalati – e alcuni in seguito sono morti – a causa dell’inalazione delle fibre di amianto presenti negli stabilimenti milanesi della Pirelli tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Le precauzioni, per il magistrato, non erano adeguate, ma l’azienda disponeva di “tutte le strutture tecnologiche e organizzative per far fronte al rischio amianto”. Rispetto ai 28 operai che hanno lavorato negli impianti di produzione e si sono ammalati, secondo Ascione per 14 di loro la correlazione con l’esposizione all’amianto “è accertata”, mentre per l’altra metà “non è chiara”. La prossima udienza è fissata per il 5 ottobre, per sentire gli avvocati di parte civile, mentre la sentenza è prevista prima della fine dell’anno. Nel frattempo sono attese le motivazioni delle condanne del primo processo.
Fonte: Inail