Una recente sentenza della Suprema Corte (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 18 maggio 2017 n. 12561) ha, ancora una volta, riaffermato il principio secondo cui
se è vero che la effettiva formazione è costituita da una pluralità di momenti e da un insieme di obblighi che si integrano, rappresentando piuttosto un processo formativo; non è vero tuttavia che esista un modello di formazione domestica, fai da te, alternativa a quella prevista dalla legge nella sua scansione dinamica e funzionale.
Questo perché il modello legale di formazione
è un modello di prevenzione ineludibile, che non è rimesso alla discrezionalità del datore; tanto più quando si tratta di formazione all’utilizzo di mezzi pericolosi, come i carriponte; e che non può essere sostituito dall’addestramento con affiancamento sul campo: senz’altro utile ma non alternativo alla informazione o alla formazione; come peraltro riconosciuto, più volte dalla giurisprudenza (Cass.Pen. 20272/2006).
La sentenza riguarda la responsabilità di un committente per l’infortunio occorso ad un dipendente dell’appaltatore il quale, nell’esecuzione del lavoro appaltato, utilizzava i macchinari del committente stesso.
Aggiunge la Corte:
nel caso di specie il committente, il quale aveva appaltato lavori da svolgersi all’interno della propria impresa con utilizzo di proprie macchine pericolose, sottoponeva i lavoratori dell’impresa appaltatrice ad un elevato rischio inerente il proprio processo produttivo; ed era perciò chiamato a rispondere (a prescindere dell’illiceità stessa dell’appalto, che qui non è stata dedotta) dell’omessa informazione e formazione dei medesimi lavoratori adibiti alla mansione (movimentazione di materiali con conduzione di carriponte) ai sensi dell’art. 21 e 22 D.Lgs.626/1994 [ora artt.36 e 37 D.Lgs.81/2008, n.d.r.] (Cass. 21694/2011).”
L’infortunio si era verificato
allorché il lavoratore era adibito all’utilizzo con radiocomando di un carroponte per la movimentazione da un reparto all’altro di pesantissimi grigliati, spostandoli dall’ingresso del capannone al reparto saldatura, ubicato al lato opposto dell’accesso carraio.
L’infortunato,
dopo aver completamente sfilato ganci e catene dava con impeto una spinta alle catene per allontanarle dal grigliato metallico
e
contestualmente, dando le spalle al manufatto metallico, agiva sui pulsanti del radiocomando del carroponte azionando contemporaneamente la risalita del gancio e lo spostamento all’indietro del carroponte con l’intenzione di riporlo nel punto dove lo aveva in precedenza prelevato. In tale circostanza il lavoratore sarebbe stato colpito da un grigliato subendo le lesioni che hanno comportato l’amputazione della gamba sinistra.
Dunque
ancorché fosse provato che i titolari delle due imprese coinvolte fossero i medesimi
e
nonostante il Servizio di Prevenzione [Organo di vigilanza, n.d.r.] avesse ravvisato una responsabilità a carico della F.lli B., per non aver impartito un’adeguata informazione e formazione nell’uso del carroponte, secondo i giudici, nella dinamica del sinistro nessuna responsabilità poteva essere ravvisata a carico della F.lli B. nel grave infortunio occorso al L.S., in quanto questi era un lavoratore esperto per aver lavorato alcuni mesi e per essere stato istruito dai propri colleghi.
La decisione viene ribaltata dalla Corte di Cassazione con la motivazione che ha
inopinatamente assolto il committente in quanto il lavoratore sarebbe stato ugualmente informato ed informato tramite l’addestramento con personale più esperto.
Ma questo
non può perciò bastare che il datore assolva in modo parziale, soltanto ad alcuni dei predetti obblighi, siccome egli è invece obbligato ad osservarli tutti e per intero, e nell’ordine logico e cronologico voluto dalla legge.
I vari momenti formativi possono integrarsi, e non vanno intesi in senso formale, ma non può affermarsi che un obbligo possa essere sostituito da un altro (neppure in senso puramente logico o cronologico); perché ciò indebolisce il sistema che è alla base della norma inderogabile, non favorisce la responsabilizzazione del lavoratore nella conoscenza e nella gestione dei rischi; ed integra anzi un modello di per sé pericoloso perché induce ignoranza e comportamenti di sottovalutazione e superficialità.
Nel caso di specie, secondo la Cassazione,
sono stati confusi in tal modo distinti obblighi prevenzionali incombenti sul soggetto obbligato in materia di informazione, formazione, addestramento (e vigilanza) del lavoratore; e più in generale è stato eluso il principio d’inderogabilità ed indisponibilità degli obblighi e delle misure prevenzionali prescritte dall’ordinamento allo scopo di apprestare un sistema organizzativo idoneo a farsi carico in modo integrale di ogni esigenza di sicurezza, nei termini richiesti dalla legge.
Conclude la Corte che la formazione, l’informazione e l’addestramento sono
momenti diversi; essendo anche logicamente evidente che non possa esservi addestramento all’uso sicuro della mansione senza una preliminare attività di informazione e formazione;
a maggior ragione se si considera che,
nella vicenda che si esamina, il lavoro in questione (movimentare, caricare e scaricare dei pesanti manufatti in grigliato) deve essere ritenuto un lavoro altamente pericoloso (per sé e per gli altri)” e che “proprio per questo la legge imponeva, ed impone, una specifica cura nell’attività di informazione e formazione del lavoratore adibito alla mansione; nei vari momenti in cui essa si articola in base alla legge, nessuno escluso.
E prosegue che
va pertanto riaffermato anzitutto che la formazione […] deve avvenire in occasione dell’adibizione alle attrezzature di lavoro; e deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi; essa deve essere sufficiente ed adeguata e deve avvenire durante l’orario di lavoro, in collaborazione con gli organismi paritetici…