Repertorio Salute

Nuovi reati ambientali e societari nel 231: da aggiornare ora i Modelli

di Anna Guardavilla, Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
fonte: Punto Sicuro

Da metà giugno in vigore le modifiche al 231 in materia di reati societari.

A Maggio sono state introdotte massicce e importanti modifiche al decreto legislativo 231/01 a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di due distinte leggi, entrambe recanti modifiche e integrazioni a tale Decreto e in particolare all’elenco dei cosiddetti “reati- presupposto”, cioè dei reati atti a far scattare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

Le due leggi – pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale rispettivamente del 28 e del 30 maggio – che hanno modificato in maniera importante il decreto 231/01 sono:

  1. La Legge 22 maggio 2015 n. 68 [1] recante Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente (G.U. Serie Generale n.122 del 28-5-2015), la quale, oltre ad aver modificato in maniera significativa il D.Lgs.152/2006 (ad esempio integrandovi un’intera sezione dedicata alla Disciplina sanzionatoria), ha introdotto all’interno del codice penale [2] un lungo elenco di reati ambientali (collocati nel nuovo Titolo VI-bis intitolato “Dei delitti contro l’ambiente”), una buona parte dei quali è configurato dalla Legge stessa come reato-presupposto atto a far scattare la responsabilità amministrativa dell’impresa, con conseguente modificazione e integrazione dell’articolo 25-undecies del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231.
    N.B. È da notarsi che questa legge è già entrata in vigore (in data 29 maggio 2015) e che non prevede un regime transitorio; dunque la commissione dei reati contemplati all’interno di tale provvedimento è già possibile ed è già tale da far scattare – nel caso dei reati-presupposto del 231 – un giudizio per la responsabilità amministrativa dell’impresa.
  2. La Legge 27 maggio 2015 n. 69 (G.U. n.124 del 30-5-2015) che – all’articolo 12 – ha introdotto “modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari” e che, a differenza della legge sui reati ambientali che è già efficace, entrerà in vigore il 14 giugno 2015.

È consigliabile dunque che le aziende che hanno implementato il sistema 231, adottando e attuando il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto da tale decreto, nominando l’Organismo di Vigilanza e attuando tutti gli adempimenti che tale regime normativo prevede, valutino attentamente l’opportunità di aggiornare tempestivamente e adeguatamente i propri modelli organizzativi alla luce dei nuovi reati-presupposto introdotti nel 231, che di seguito verranno schematicamente illustrati e che, si ribadisce, quantomeno per la parte ambientale sono già in vigore.

I nuovi reati ambientali introdotti nell’articolo 25-undecies del D.Lgs.231/01

Inquinamento ambientale (art. 452-bis codice penale; art. 25-undecies c.1 lett.a) D.Lgs.231/01)

Commette tale reato (delitto) chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

  1. delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
  2. di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Il reato prevede un’aggravante per la persona fisica nel caso in cui l’inquinamento sia prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

In caso di responsabilità amministrativa della persona giuridica, la sanzione pecuniaria per l’azienda va da 250 a 600 quote.

È prevista espressamente l’applicazione delle sanzioni interdittive elencate nell’art. 9 del D.Lgs.231/01 per l’azienda, per un periodo non superiore ad un anno.

N.B. Val la pena ricordare qui, in termini generali, che in caso di condanna dell’azienda ai sensi del D.Lgs.231/01, la sanzione pecuniaria si applica sempre. Essa viene applicata mediante lo strumento delle “quote” che, per tutti i reati previsti dal decreto 231, sono previste in un numero non inferiore a 100 né superiore a 1000. Il giudice identifica, oltre al numero delle quote, il valore di ogni singola quota sulla base della capacità patrimoniale ed economica dell’azienda.

Disastro ambientale (art. 452-quater del codice penale; art. 25-undecies c.1 lett.b) D.Lgs.231/01)

Commette tale reato (delitto) chiunque, fuori dai casi previsti dall’articolo 434 c.p. [3], abusivamente   cagiona un disastro ambientale.

Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

  1. l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
  2. l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
  3. l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.

La sanzione pecuniaria per l’azienda va da 400 a 800 quote.

È prevista espressamente l’applicazione delle sanzioni interdittive elencate nell’art. 9 del D.Lgs.231/01 per l’azienda.

Delitti colposi contro l’ambiente (art.452-quinquies del codice penale; art. 25-undecies c.1 lett.c) D.Lgs.231/01)

La fattispecie dei delitti colposi contro l’ambiente, che sono reati-presupposto (al pari dei precedenti) per la responsabilità amministrativa dell’ente, prevede che se taluno dei fatti di cui ai reati di “inquinamento ambientale” e “disastro ambientale” (rispettivamente artt.452-bis e 452-quater c.p.) è commesso per colpa, le pene per le persone fisiche sono diminuite.

Se dalla commissione dei fatti indicati sopra deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale, le pene sono ulteriormente diminuite.

In caso di responsabilità amministrativa dell’Ente, la sanzione pecuniaria per l’azienda va da 200 a 500 quote.

Delitti associativi aggravati (art.452-octies del codice penale; art. 25-undecies c.1 lett.d) D.Lgs.231/01)

La sanzione pecuniaria per l’azienda va da 300 a 1000 quote.

Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art.452-sexies del codice penale; art.25-undecies c.1 lett.e) D.Lgs.231/01).

Il reato punisce chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività. La norma prevede alcune fattispecie aggravate.

La sanzione pecuniaria per l’azienda va da 250 a 600 quote.

Cenni agli altri reati ambientali previsti dalla Legge 68/2015

Impossibile qui illustrare nel dettaglio tutti i reati ambientali previsti dalla Legge 68/2015 [4]; per esigenze di brevità si è deciso di illustrare nel dettaglio, uno per uno, solo i nuovi reati-presupposto inseriti dal legislatore nel D.Lgs.231/01.

Per quanto riguarda gli altri reati ambientali di nuova introduzione, ci si limita qui soltanto a citare alcune fattispecie, quali il reato di impedimento del controllo (art.452-septies c.p.), che riguarda anche la materia della sicurezza e salute sul lavoro e che punisce, “salvo che il fatto costituisca più grave  reato, chiunque, negando  l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività  di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del  lavoro,  ovvero  ne compromette gli esiti”.

È prevista inoltre l’aggravante ambientale (art. 452-novies c.p.), che comporta la procedibilità d’ufficio e ricorre “quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal presente titolo [nuovo Titolo VI-bis del codice penale “dei delitti contro l’ambiente”, n.d.r.], dal decreto  legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell’ambiente, ovvero  se  dalla  commissione  del  fatto  deriva  la violazione  di  una  o  più  norme  previste  dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela  l’ambiente”.

Ulteriori fattispecie regolano inoltre il ravvedimento operoso (art. 452-decies c.p.), la confisca (art. 452-undecies c.p.), il ripristino dello stato dei luoghi (art. 452-duodecies c.p.) e puniscono l’omessa bonifica da parte di chi vi sia obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica (art. 452-terdeciesc.p.).

Sono stati inoltre modificati e integrati gli articoli 257 e 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 e, dopo la parte sesta di tale decreto, è stata aggiunta la “Parte sesta-bis” recante “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”, cui si rinvia, che si applica “alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale  previste dal  presente  decreto [D.Lgs.152/2006, n.d.r.] che  non  hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle  risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette” (art. 318-bis).

I nuovi reati societari introdotti nell’art.25-ter del D.Lgs.231/01

Modifiche al reato di false comunicazioni sociali

La Legge 27 maggio 2015 n. 69 che, come già ricordato, sarà in vigore a partire dal 14 giugno 2015, nell’apportare delle modifiche al reato di false comunicazioni sociali e alle norme collegate all’interno del codice civile, ha previsto – all’articolo 12 – anche delle “modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari”.

Il reato di false comunicazioni sociali previsto dall’art. 25-ter c. 1 lett.a) del D.Lgs.231/01 non è più qualificato contravvenzione bensì delitto e rinvia ora al reato-presupposto contenuto nell’attuale articolo 2621 del codice civile così come sostituito dalla legge 69/2015, che ora punisce, “fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o  per  altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle  relazioni  o  nelle  altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico,  previste  dalla legge,  consapevolmente  espongono  fatti  materiali  rilevanti   non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la  cui comunicazione è imposta  dalla  legge  sulla  situazione  economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo  al  quale  la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre  altri  in errore.”

E che punisce allo stesso modo tali soggetti “anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.”

Anche il livello della sanzione pecuniaria a carico dell’azienda è stato elevato rispetto al passato: in caso di condanna della persona giuridica, la sanzione pecuniaria ora va da 200 a 400 quote.

Introduzione del reato di false comunicazioni sociali con fatti di lieve entità

Il nuovo reato-presupposto in questo caso è rappresentato dalla nuova fattispecie contenuta nell’articolo 2621-bis (reato di false comunicazioni sociali commesso con fatti di lieve entità) introdotta dalla stessa legge 69/2015.

La sanzione pecuniaria a carico dell’azienda va da 100 a 200 quote.

Introduzione del reato di false comunicazioni sociali delle società quotate

Il nuovo reato-presupposto in questo caso è rappresentato dalla nuova fattispecie contenuta nell’articolo 2622 (reato di false comunicazioni sociali delle società quotate) introdotto dalla stessa legge 69/2015.

La sanzione pecuniaria a carico dell’azienda va da 400 a 600 quote.

 

NOTE

[1] La Legge è stata approvata il 19 maggio 2015.

[2] Nel libro secondo.

[3] Sul disastro innominato (art. 434 c.p.) si è pronunciata qualche anno fa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 327 del 2008, richiamata dal Tribunale di Torino sul caso Eternit, la quale pronuncia ha chiarito che “l’art. 434 cod. pen., nella parte in cui punisce il disastro innominato, assolve difatti – pacificamente – ad una funzione di ‘chiusura’ del predetto sistema. La norma mira <<a colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme ….. <<concernenti la tutela della pubblica incolumità>>; e ciò anche e soprattutto in correlazione all’incessante progresso tecnologico, che fa continuamente affiorare nuove fonti di rischio e, con esse, ulteriori e non preventivabili modalità di aggressione del bene protetto (in questo senso, la relazione del Ministro guardasigilli al progetto definitivo del codice penale).” Dunque “la Corte Costituzionale, come appare evidente, pur auspicando un intervento del legislatore nella materia presa in esame “…anche nell’ottica dell’accresciuta attenzione alla tutela ambientale ed a quella dell’integrità fisica e della salute, nella cornice di più specifiche figure criminose…”, ha comunque escluso ogni profilo di illegittimità della disposizione in parola”.

 

[4] Riguardo alle modifiche all’art. 25-undecies del D.Lgs.231/01, si segnala inoltre che il reato previsto dall’articolo 727-bis del codice penale, la cui sanzione pecuniaria rimane invariata (fino a 250 quote), è ora previsto dalla lettera f) dell’articolo 25-undecies c.1 D.Lgs.231/01 e il reato previsto dall’articolo 733-bis del codice penale, la cui sanzione pecuniaria resta anch’essa invariata (da 150 a 250 quote), è ora previsto dalla lettera g) dell’articolo 25-undecies c.1 D.Lgs.231/01.

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