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Ottica di genere: dati e prevenzione

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In occasione dell’8 marzo l’INAIL dedica il numero di Dati INAIL di febbraio alle donne lavoratrici e ai rischi specifici per la salute e la sicurezza che caratterizzano il mondo del lavoro femminile.

Di interesse le preliminari osservazioni sui rapporti tra lavoro e gestione famigliare relativamente alla permanenza delle donne nel mondo del lavoro e agli abbandoni. È straordinariamente alto, il 70%, il numero delle donne che

recede dal contratto di lavoro per difficoltà di conciliare lo stesso con la cura della prole,

contro il 7,5% degli uomini. Dato, quello degli abbandoni, che sembra essere in contraddizione con il fatto che “le donne prediligono un lavoro stabile rispetto ai loro colleghi uomini” [1]: la popolazione delle donne lavoratrici è infatti per l’83% dipendente e solo per il 16,2% indipendente. Contraddizione evidentemente tutta interna al vissuto delle donne lavoratrici: desiderio di autonomia e bisogno di sicurezza da una parte, responsabilità e impegno nella cura dall’altra.

A conferma delle precedenti osservazioni consideriamo anche i dati relativi al nesso tra presenza delle donne nel mondo del lavoro e carichi di lavoro domestico e di cura:

nel 2021 il tasso di occupazione delle donne senza figli per la fascia 25-49 anni è del 73,9% e scende al 53,9% se hanno almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni.
…La stessa dinamica non è rilevabile per i maschi per i quali l’aumento del numero di figli non determina sempre una riduzione del tasso di occupazione, tanto che coloro che hanno due figli hanno un tasso di occupazione più alto rispetto a chi ne ha soltanto uno.

Riassumiamo di seguito alcuni dati su infortuni [2] e malattie professionali [3], ribadendo (come abbiamo detto molte altre volte) che tali informazioni, limitandosi ai dati (e non considerando modalità e fattori determinanti prossimi e remoti) non danno un grande contributo ai fini preventivi, ma si limitano a fornirci esclusivamente un quadro descrittivo dei rischi per le lavoratrici.

Se si guarda agli anni precedenti, ad esempio al 2017, abbiamo 34 casi in più rispetto a quell’anno con un incremento del 30%, quasi il doppio rispetto a quello per gli uomini (+17,3%).

Gli infortuni avvenuti alle donne con più di 59 anni sono passati nel quinquennio 2017-2021 dal 7,6% al 9,5%: questa fascia di età è anche quella in cui nel 2021 è accaduto un terzo degli infortuni mortali 49 su 148.

Guardando agli anni precedenti rispetto al 2017 (57.996 casi) il calo delle malattie denunciate in complesso è stato del 4,8%, per effetto di un decremento del 4,3% per gli uomini e del 6,1% per le donne.

Con riferimento alle malattie professionali i rischi per l’apparato muscolo scheletrico continuano ad essere tra i problemi di salute connessi al lavoro più diffusi tra le donne lavoratrici, insieme ai problemi legati allo stress e alla fatica mentale. Con riferimento al più diffuso dei problemi di salute per le donne lavoratrici, secondo l’autrice del capitolo dedicato al tema:

…è ancora raro trovare metodi di valutazione del rischio per l’apparato muscolo scheletrico nei quali vi sia una precisazione di genere.
Le stesse norme tecniche per la valutazione di tale rischio non introducono indicazioni per una specificazione in base al genere. Solo nel caso della movimentazione manuale di carichi le norme prevedono una differenziazione tra uomini e donne nel peso massimo da movimentare anche in relazione all’età. Tuttavia, forniscono indicazioni incomplete non prendendo per esempio in considerazione il peso ed il volume del seno che possono influenzare il carico fisico e le modalità di svolgimento del compito. [4]

Anche per le donne in gravidanza le indicazioni sono poche e insufficienti in quanto prendono in considerazione e introducono divieti solo per il sollevamento di carichi superiori ai 3 kg (nel nostro Paese vi è su questo un esplicito divieto per le lavoratrici in gravidanza e puerperio), mentre non sono disponibili ulteriori strumenti di valutazione del rischio per l’apparato muscoloscheletrico delle lavoratrici gestanti.

Nonostante le disposizioni legislative, e l’inserimento del tema già nel Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018, non sembra che di strumenti per la valutazione del rischio in ottica di genere ve ne sia, nel complesso, una adeguata disponibilità. Interessanti pubblicazioni su genere e differenti effetti all’esposizione a fattori di rischio occupazionale hanno sicuramente, negli ultimi decenni, dato un contributo alle conoscenze in tema di specificità delle caratteristiche d’esposizione per gli uomini e per le donne. Mentre non sembra siano stati fatti utili passi aventi per fornire supporti, in merito, a datori di lavoro, tecnici della prevenzione, Rls. Lo prova il fatto che se vogliamo fornire alcune indicazioni pratiche dobbiamo fare ancora riferimento a un sempre valido documento della Agenzia europea del 2003 [5]. La Facts Sheet 43 descrive una procedura che riconsidera in ottica di genere i passaggi ormai consolidati, nella letteratura e nella pratica, del processo di valutazione dei rischi, evidenziando l’importanza del contributo dei lavoratori e delle lavoratrici ad una valutazione dei rischi attenta a tutte le specificità/diversità presenti in azienda [6].

Diamo di seguito, della procedura dell’Agenzia, l’articolazione dei punti relativi alla Fase 1 -“Individuazione dei pericoli” e alla Fase 2 – “Valutazione dei rischi”.

Fase 1: Individuazione dei pericoli.

Per esempio, inserire la dimensione del genere nel modo seguente:

  • considerare i pericoli più frequenti nei lavori a prevalenza maschile e in quelli a prevalenza femminile
  • considerare i pericoli per la salute come pure i pericoli per la sicurezza
  • chiedere a ogni lavoratore, donna e uomo, quali problemi incontra nel suo lavoro, in modo strutturato
  • evitare di dare per scontato ciò che può sembrare «evidente»
  • considerare l’intera forza lavoro, ad es. il personale addetto alle pulizie e al ricevimento
  • non dimenticare il personale a orario ridotto, temporaneo o interinale e i dipendenti in congedo malattia al momento della valutazione
  • incoraggiare le donne a segnalare i problemi che, secondo loro, possono influire sulla loro sicurezza e salute sul lavoro come pure i problemi di salute che possono essere correlati all’attività lavorativa
  • esaminare i problemi più vasti di lavoro e di salute e informarsi al riguardo.
Fase 2: Valutazione dei rischi

Per esempio, inserire la dimensione del genere nel modo seguente:

  • esaminare i lavori che vengono svolti realmente e il vero ambiente di lavoro
  • non stabilire nulla a priori sull’esposizione basandosi esclusivamente sulla descrizione o sul titolo del posto di lavoro
  • fare attenzione ad evitare i pregiudizi legati al genere nell’attribuire una priorità alta, media o bassa ai rischi
  • fare partecipare le donne alla valutazione dei rischi. Considerare l’impiego di circoli di salute e di metodi di mappatura dei rischi. L’ergonomia partecipativa e gli interventi sullo stress possono offrire alcuni modelli
  • assicurarsi che gli addetti alla valutazione dispongano di informazioni sufficienti ed abbiano una formazione adeguata in merito alle problematiche legate al genere nel campo della sicurezza e salute sul lavoro (SSL)
  • verificare che gli strumenti ed i dispositivi usati per la valutazione tengano conto dei problemi specifici per le donne e per gli uomini. In caso negativo, adeguarli
  • informare gli eventuali uffici di valutazione esterni che devono adottare un approccio «sensibile al genere» e verificare che siano in grado di farlo
  • non trascurare le problematiche legate al genere quando si esaminano le implicazioni sulla SSL di eventuali cambiamenti in programma sul luogo di lavoro.

In particolare, per lo stress inserire:

  • l’interfaccia casa-lavoro e gli orari di lavoro degli uomini e delle donne
  • l’evoluzione della carriera
  • le molestie
  • i fattori di stress emotivo
  • le interruzioni impreviste e lo svolgimento di più compiti alla volta.

In particolare, per la salute riproduttiva:

  • inserire i rischi riproduttivi tanto per gli uomini quanto per le donne
  • considerare tutti i settori interessati dalla salute riproduttiva, non soltanto la gravidanza.

In particolare, per i disturbi muscoloscheletrici:

  • esaminare con occhio critico il «lavoro leggero». Quanto sforzo muscolare statico comporta? Esige molto tempo in piedi? Quali carichi sono realmente manipolati in pratica e con quale frequenza?


NOTE

[1] Dati INAIL, La donna tra il lavoro e la famiglia, Claudia Tesei.

[2] Dati INAIL, Donne e infortuni sul lavoro, Gina Romualdi.

[3] Dati INAIL, Le malattie professionali in ottica di genere, Francesca Marracino

[4] Dati INAIL, “Donne lavoratrici e rischi per l’apparato muscoloscheletrico”, Eleonora Mastrominico.

[5] Agenzia europea perla sicurezza e la salute sul lavoro, Facts Sheet n.43, Bilbao 2003

[6] La sua validità e attualità viene confermata dal fatto che anche l’INAIL vi fa riferimento nella sua pubblicazione (anche questa ormai non più molto recente) La salute e la sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere, settembre 2011.

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