Questa la domanda che si sono posti coloro che hanno organizzato, lo scorso 22 ottobre a Milano, il Seminario di studio “Infortuni e malattie professionali: conoscere per prevenire. Perché il sistema informativo stenta a nascere?”.
L’iniziativa, promossa dal Movimento per la difesa e il miglioramento del Servizio sanitario nazionale (tra cui: Vittorio Carreri, Eugenio Ariano, Susanna Cantoni), nasce anche a seguito di una rinnovata attenzione, nel dibattito pubblico e istituzionale degli ultimi mesi, nei confronti dell’aumento degli infortuni sul lavoro. In proposito piena condivisione in merito a quanto affermano gli organizzatori dell’iniziativa nella Locandina di presentazione:
Il rischio è che allarme e indignazione, in sé positivi di fronte a eventi di grande impatto, portino a pesanti distorsioni nella percezione sia dei rischi sia delle responsabilità, con una ricerca prioritaria dei ‘capri espiatori’ e la tendenziale negazione di efficacia di interventi che non siano puramente repressivi e quindi a decisioni semplificatrici improprie, in particolare sul tema della vigilanza e del ruolo della strutture sanitarie territoriali, in assenza di una corretta informazione e di una strategia di prevenzione.
Da queste considerazioni nasce inevitabilmente la riflessione sul Sinp e sulle sue disfunzionalità. “Conoscere per prevenire” è lo slogan con cui è nato, sin dalle prime fasi della sua ideazione e costruzione, il Sistema informativo nazionale per la prevenzione. Per richiamare sinteticamente le funzioni del Sinp ricordiamo che il Sistema sorge dall’esigenza di una più approfondita conoscenza delle modalità di accadimento degli infortuni e delle patologie associate al lavoro, per poter progettare interventi più efficaci di prevenzione, chiamando in causa le competenze di diverse componenti istituzionali, alle quali si impongono livelli adeguati di cooperazione. Uno strumento quindi per pianificare, programmare, scegliere le priorità degli interventi preventivi e valutarne l’efficacia.
Ma Il Sistema informativo nazionale della prevenzione, a dieci anni di distanza dalle previsioni legislative (D.Lgs. 81/2008, art. 8), di fatto non è ancora nato, nonostante nel 2016 sia stato emanato un Decreto Interministeriale (DI n. 183 del 25 maggio 2016) che ne definisce le regole tecniche di funzionamento prevedendo tra l’altro la costituzione di un “Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del Sinp”, che è stato costituito nel febbraio scorso.
Le difficoltà e i ritardi sembrano non essere solo di carattere burocratico ma ciò che emerge sono i limiti delle disposizioni che hanno definito regole e principi per la costituzione del Sinp e che dovevano favorirne il funzionamento: in sostanza una sorta di divario tra obiettivi e contenuti del sistema, tra obiettivi e regole di funzionamento. Il Sinp dicono nel loro intervento i relatori che hanno introdotto la discussione (presentazione della tematica a cura di Eugenio Ariano, Susanna Cantoni) è:
SISTEMA | Non è un sistema Non ci sono indicazioni su come collegare i dati fra loro |
INFORMATIVO | Non aggiunge informazioni sostanziali Le banche dati sono per lo più già conosciute e utilizzate da anni |
NAZIONALE | |
PREVENZIONE | Non ha obiettivi di prevenzione Solo analisi dei dati (art. 2 finalità) |
Parlando dei dati – Alcune riflessioni
Si sottolineano da tempo, ed il problema è stato ribadito nell’ambito dell’iniziativa dello scorso ottobre, i limiti dei dati forniti da Inail – che rappresenta la fonte fondamentale in merito a infortuni e malattie professionali – e che li raccoglie secondo i propri fini assicurativi: tra i dati disponibili come è noto non compaiono, aspetto critico fondamentale, le “ore lavorate”, il che rende molto approssimativo un raffronto, con riferimento agli eventi, nel tempo e tra diversi settori e territori. Da sottolineare che l’Inail può fornire dati solo relativamente agli assicurati, circa 6/7 milioni di lavoratori ne sono esclusi, intere categorie come ad esempio Forze armate, VVf, Polizia, commercianti titolari, pensionati al lavoro, liberi professionisti, partite Iva. Vi è inoltre una diffuso fenomeno di sottonotifica da parte delle micro e piccole imprese in particolare per le malattie professionali.
Molti dati necessari al Sinp per il coordinamento degli interventi di prevenzione tra i diversi enti coinvolti sono:
- negli archivi dell’Inps che è escluso dal Sinp
- nelle strutture del Ssn, centrali e territoriali (es. apertura cantieri, siti contaminati da amianto e non, Sdo (Schede dimissione ospedaliera) da incrociare con le storie lavorative, risultati dei controlli
- Ministero politiche agricole alimentari e forestali (Banca dati Agea)
- Autorità sistema portuale
- Ministero dello sviluppo economico
In sostanza le conoscenze sui danni da lavoro, che pur vanno migliorate e completate, non bastano più: devono essere previste nuove fonti informative, che nel 2008 non erano ritenute utili, in particolare è assolutamente necessario arricchire le banche dati con l’ampio quadro di informazioni sul “lavoro” in possesso dell’ Inps e metterle a sistema nel Sinp:
FONTE | DATI DA METTERE A SISTEMA NEL SINP |
Inps | |
Anagrafe lavoratori | |
Anagrafe aziende | |
Retribuzioni | |
Contratti di lavoro | |
CIG | |
Storia lavorativa di lavoratori affetti da malattie sospette professionali individuate da altri sistemi informativi (Occam) | |
Danni occorsi a lavoratori autonomi (partite Iva) |
In merito di interesse la disponibilità offerta dall’Inps, (anche da parte del Presidente in una successiva intervista) per l’utilizzo del patrimonio informativo dell’Istituto per le finalità illustrate nel seminario.
Risolvere questi ed altri problemi di funzionamento del Sinp permetterebbe di pianificare gli interventi di prevenzione a livello nazionale e territoriale con una maggiore consapevolezza delle reali cause che determinano infortuni e malattie professionali, che non sono sempre da ricercare solo nella singola azienda ma piuttosto nel quadro più generale delle condizioni e dei rapporti di lavoro.
Così come dentro al quadro del miglioramento delle azioni di prevenzione va vista la necessità concreta e irrinunciabile del “potenziamento del sistema pubblico di prevenzione che ha subito in questi anni un forte decremento di risorse di personale” e l’estensione di modalità di intervento per Piani mirati che vedono il coinvolgimento delle parti sociali e la capacità di coniugare azioni di vigilanza e di prevenzione.