Abbiamo pubblicato, la settimana scorsa, i risultati del Safety managemente Trend Report realizzato questo anno da Quantic, in cui si evidenzia che lo stress psicologico e il benessere generale (wellbeing) sono tra le problematiche di tendenza del 2021. Affermazioni condivise da quasi tutti gli intervistati anche alla luce degli eventi dell’ultimo anno, caratterizzato dalla diffusione dello smart working e dall’enorme sviluppo della digitalizzazione.
D’altronde a livello comunitario la terza edizione dell’Indagine europea fra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti, Esener 2019, ben prima della emergenza sanitaria, evidenziava come la valutazione dello stress-lavoro correlato fosse, insieme ai disturbi muscoloscheletrici, tra i problemi maggiormente segnalati dalle aziende in quanto presenta maggiore difficoltà di gestione.
Mentre, secondo l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza:
Circa metà dei lavoratori europei considera lo stress comune nei luoghi di lavoro e ad esso è dovuta quasi la metà di tutte le giornate lavorative perse.
Sempre l’Agenzia, nel 2014, segnalava in una pubblicazione dal titolo Il calcolo dei costi dello stress e dei rischi psicosociali nei luoghi di lavoro [1] che già nel 2002
La Commissione europea calcolava che il costo annuo dello stress lavoro-correlato (nell’UE a 15) ammontava a 20 miliardi di Euro,
la cifra sale poi vertiginosamente secondo una più recente indagine citata nella pubblicazione e realizzata con finanziamenti dell’Unione Europea:
il costo della depressione da attività lavorativa calcolato per l’Europa era (nel 2103) di 617 miliardi di Euro l’anno. La cifra complessiva era costituita dai costi per i datori di lavoro dovuti all’assenteismo e al presentismo (272 miliardi di Euro), dalla perdita di produttività (242 miliardi di Euro), dai costi dell’assistenza sanitaria per un totale di 63 miliardi di Euro e dai costi in termini di prestazioni previdenziali sotto forma di sussidi di inabilità al lavoro (39 miliardi di Euro).
Questi alcuni elementi per inquadrare il problema a livello comunitario e nazionale. D’altronde sono ben note nel nostro Paese le difficoltà da sempre evidenziatesi nell’affrontare, in termini di processo di valutazione e di gestione, i rischi psicosociali e in particolare la valutazione del rischio stress lavoro correlato secondo le disposizioni emanata dalla Commissione consultiva e dalla lettera circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre 2010. Difficoltà tutte inscritti in una diffusa debole cultura aziendale e datoriale (ovvero le Associazioni) che teme ogni possibile intreccio tra gestione dei rischi e aspetti organizzativi e gestionali dell’impresa: tematiche che è davvero difficile tenere fuori da una corretta metodologia di valutazione e gestione dello stress correlato al lavoro.
Uno dei maggiori limiti delle disposizioni emanate, ormai da oltre dieci anni, in merito alla valutazione dello stress correlato al lavoro (della cui applicazione non si è fatto quel monitoraggio, a livello istituzionale, che era invece previsto) è, tra gli altri, l’ostinato rifiuto da parte del legislatore di affrontare il tema delle competenze, ovvero delle professionalità chiamate ad assolvere questo non semplice compito di valutazione e gestione, a livello aziendale, e di controllo a livello istituzionale per quanto riguarda l’organo di vigilanza.
Per superare la situazione attuale ed avviare una stagione di reale attenzione al tema, mediante l’utilizzo di metodologie corrette di valutazione, il supporto dei Servizi di prevenzione delle Asl è fondamentale considerando che, nella dimensione d’impresa prevalente nel nostro Paese, certo le specifiche professionalità richieste possono rappresentare un costo considerato insopportabile mentre, seguendo le indicazioni del Piano di prevenzione nazionale 2020-2025 e attuando interventi del tipo Piani mirati (in cui si coniugano vigilanza e assistenza alle imprese), si potrebbe favorire, anche per i datori delle micro e piccole imprese, l’accesso a professionalità le cui prestazioni sono altrimenti difficilmente utilizzabili.
Alla luce delle riflessioni fin qui proposte risulta quindi particolarmente interessante la posizione espressa dal Consiglio Nazionale dell’ordine degli Psicologi, il cui presidente ha indirizzato una lettera ai Ministeri competenti, alle Regioni e alle Province autonome in cui si richiama
l’attenzione sulla grave penuria e grande necessità di psicologi dedicati alle attività di vigilanza, indirizzo, assistenza e promozione, e talora di polizia giudiziaria, finalizzate a salute e sicurezza del lavoro nell’ambito delle funzioni esercitate dai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali attraverso Servizi con varia denominazione (Psal/Spisal/Spresal, etc.).
Evidenziando inoltre come
lo psicologo è il professionista elettivo, che opera anche con modalità di collaborazione interdisciplinare e interprofessionale, per le attività volte: a riconoscere e affrontare i cosiddetti rischi psicosociali e alla promozione della cultura della salute occupazionale e del rispetto delle regole di salute e sicurezza lavorativa.
Nella nota del Cnop si sottolinea come la valutazione di una carenza di professionisti di questo tipo sia condivisa dallo stesso Coordinamento Interregionale dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro che
ha da tempo manifestato la necessità di una integrazione quantitativa degli psicologi.
Purtroppo iniziative positive non sono state assunte anche se il quadro legislativo che definisce priorità e metodi delle politiche di prevenzione, (individuazione dei Livelli essenziali di assistenza e Piano di prevenzione nazionale) ha manifestato una sensibilità alle tematiche con riferimento specifico allo stress correlato al lavoro e alla promozione della salute.
Piano di prevenzione 2020-2025
Macro Obiettivo 4 “Infortuni e incidenti sul lavoro, malattie professionali”:
- Programma predefinito pp3 “Luoghi di lavoro che promuovono salute”,
- Programma predefinito pp6“Piano mirato di prevenzione”,
- Programma predefinito pp8 “Prevenzione del rischio cancerogeno professionale, delle patologie professionali dell’apparato muscolo-scheletrico e del rischio stress correlato al lavoro”
NOTE
[1] Curata dall’Osservatorio europeo dei rischi.