Nei giorni dell’epidemia si è tornati a parlare del tema dell’organizzazione sanitaria italiana, e spesso lo si è fatto confrontando il sistema vigente con il resto dell’Europa e con la sanità statunitense. La Sanità italiana, secondo uno studio della Fondazione Gimbe del 2018, pur nelle differenze dei parametri selezionati, risulta sempre prima in Europa, o al massimo seconda dopo la Spagna e comunque ai primi posti al mondo.
Secondo Bloomberg, sempre nel 2018, gli Stati Uniti erano al 54° posto.
Qual è la differenza tra i due sistemi? Il sistema europeo, com’è noto, trova nello Stato sociale, o nel Welfare State, non un elemento di forza tra tanti, ma la sua identità fondativa, sia in termini nazionali che europei. E dedica particolare attenzione ai sistemi di assistenza ai cittadini.
La nascita di questo sistema, come sempre accade, non è stata istantanea, ma è stato il risultato di un processo lungo che, storicamente, si è fondato su tre punti: la povertà e l’assistenza pubblica, l’assistenza alle famiglie dei lavoratori morti sul lavoro, la sanità.
Questi punti ci rendono chiaro il contesto in cui avvenne il processo: la rivoluzione industriale. Stiamo parlando quindi di un periodo che dai primi anni dell’Ottocento si conclude dopo la seconda guerra mondiale. Un processo che avvenne quasi contemporaneamente nei principali Paesi europei dal punto di vista manufatturiero. Nel 1883 il cancelliere Bismarck introdusse in Germania l’assicurazione sociale, il cui scopo era favorire la riduzione della mortalità e degli infortuni nei luoghi di lavoro e per istituire una prima forma di previdenza sociale. Nel 1897 venne introdotta nel Regno Unito, il 17 Marzo del 1898 in Italia. Per arrivare al completamento di questo processo bisogna tornare nel Regno Unito nel 1942, quando viene stilato dall’economista William Beveridge un rapporto che definisce e introduce i concetti di sanità pubblica e pensione sociale per i cittadini. Proposte attuate dal Primo Ministro Clement Attlee nel 1945.
Negli Stati Uniti la situazione è molto diversa. Prendiamo per esempio la povertà.
Il diritto americano – spiega Elisabetta Grande in un libro del 2017 – offre aiuti e sconti ai più ricchi, sotto forma di impressionanti riduzioni fiscali o di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, che sono tanto più consistenti quanto più alto è il valore dell’abitazione. Un sistema giuridico al servizio del più forte, al funzionamento del quale (per via della sostanziale regressività del sistema fiscale) egli contribuisce poco, ma di cui fa ampio uso ai danni del più debole. Chi più ha, infatti, più si rivolge al diritto e alle sue istituzioni per ottenere tutela dei suoi averi, a differenza di chi non ha nulla.
In campo sanitario le politiche sono simili. Ha scritto recentemente Robert Reich, ex ministro del governo Clinton, che negli USA
invece di un sistema sanitario pubblico, abbiamo un sistema privato a scopo di profitto per individui abbastanza fortunati da permetterselo, e uno sgangherato sistema di assicurazione sociale per i fortunati che hanno un lavoro a tempo pieno.
Dunque, al massimo,
entrambi i sistemi rispondono a bisogni individuali anziché a quelli del pubblico nel suo insieme. In America il termine “pubblico” – che si tratti di sanità pubblica, di istruzione pubblica o di welfare pubblico – significa una somma totale di bisogni individuali, non il bene comune.
Prosegue Reich:
quanto questa filosofia sia perniciosa lo dimostra il paragone con il sistema finanziario. La Federal Reserve (la banca centrale Usa) si preoccupa della salute dei mercati finanziari nel loro insieme. Solo la scorsa settimana, ha reso disponibili alle banche 1,5 trilioni di dollari per far fronte alle prime difficoltà negli scambi. Nessuno ha fatto una piega. Quando invece si tratta di salute, i soldi non ci sono. E non ci sono istituzioni analoghe alla Fed, in grado di gestire la sanità e di sganciare un gigantesco assegno istantaneo per prevenire la devastazione umana, invece di quella finanziaria. Col paradosso aberrante che, se anche fosse già disponibile un vaccino antivirus, nessuna istituzione sarebbe in grado di somministrarlo gratuitamente a decine di milioni di americani. L’assistenza sanitaria viene fornita da aziende private che non hanno obblighi di scorte.
Naturalmente in parallelo si può ragionare sul tema della tutela della salute nei luoghi di lavoro. Negli Stati Uniti solo nel 1970 venne pubblicato l’Occupational Safety and Health Act (Osha Act) che rappresenta ancora oggi il riferimento principale cui tutte le leggi federali e/o statali devono uniformarsi come principi fondamentali. A livello generale è l’Agenzia Federale (OSHA – Occupational Safety & Health Administration) a dettare le linee generali mediante dei “regolamenti” che non hanno forza di legge, benché siano in generale rispettati. Il risultato è che gli infortuni, con tutte le difficoltà di confronto di metodi parzialmente diversi, sono più alti negli States di quanto siano Europa, in particolare nei settori industriali maggiormente a rischio. Lo scrivemmo su Repertorio Salute in un articolo di diversi anni fa.