Quali responsabilità per il Committente in ambito internazionale?

Una domanda che molte aziende e Rls ci rivolgono riguarda l’individuazione delle responsabilità giuridiche per la gestione dei rischi connessi alle attività di lavoro svolte all’estero.

Alcune risposte arrivano da un Convegno riguardante proprio la Gestione dei rischi presso il committente in ambito internazionale, organizzato dall’Associazione Tavolo 81 Imola.

Nell’intervento, per esempio, dell’Ing. Andrea Ognibene (Ordine degli Ingegneri di Bologna – Coordinatore Area Tematica Luoghi di Lavoro – Gruppo di Lavoro Sicurezza) sono state sottolineate alcune parole chiave relative al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) e la necessità di cambiare punto di vista riguardo alla gestione dei rischi connessi ad attività di lavoro svolte presso committenti in ambito internazionale, a partire dallo stesso concetto di rischio.

L’Ingegnere Ognibene ha ricordato due concetti:

  • risk management: attività coordinate per guidare e monitorare un’organizzazione con riferimento al rischio;
  • business continuity: capacità dell’azienda di continuare ad esercitare il proprio business a fronte di eventi avversi che possono colpirla.

Tenendo presenti questi aspetti, un successivo intervento a cura di Roberto Sammarchi è entrato nel merito degli aspetti giuridici. L’intervento si è concentrato su alcuni articoli del codice penale relativi ai reati commessi all’estero (art. 7 Reati commessi all’estero, art. 8 Delitto politico commesso all’estero, Art. 9 Delitto comune del cittadino all’estero, Art. 10 Delitto comune dello straniero all’estero). In particolare sull’articolo 9 c.p.:

Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato.
Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa (…)

E successivamente sull’articolo 6 (Reati commessi nel territorio dello Stato) che recita:

Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.

Quindi l’intervento ha affiancato a questi due altri articolo uno del codice civile ( articolo 2087) e uno del codice penale (articolo 40):

Art. 2087 c.c. L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Art. 40 c.p. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Infine sono state citate due sentenze della Cassazione che fanno riferimento ad alcuni degli articoli citati:

Cass. civ.  sez.  Lav., n. 2626/2014:

seppure è vero che l’art. 2087 c.c. non introduce una responsabilità oggettiva del datore di lavoro, è altrettanto vero che, per la sua natura di norma di chiusura del sistema di sicurezza, esso obbliga il datore di lavoro non solo al rispetto delle particolari misure imposte da leggi e regolamenti in materia anti infortunistica, ma anche all’adozione di tutte le altre misure che risultino, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratore, salvi i casi di comportamenti o atti abnormi ed imprevedibili del lavoratore medesimo, ma non di colpa di quest’ultimo.
In sostanza le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente (…).

Mentre la seconda sentenza riguarda proprio un caso di morte di un lavoratore inviato dal datore di lavoro all’estero:

Cass. pen., n. 43480/2014

è corretta l’affermazione della giurisdizione italiana e l’individuazione del giudice competente per territorio, trattandosi di delitto comune (infortunio sul lavoro) astrattamente ascrivibile a un cittadino italiano, ossia al datore di lavoro, commesso all’estero e come tale punibile, ai sensi dell’art. 9 c.p., comma 2, su istanza della persona offesa, nella specie sussistente essendo stata avanzata querela – denuncia dal prossimo congiunto della vittima.

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